CILE 1999: LE MERAVIGLIE DEL CIELO AUSTRALE
di Massimiliano Di Giuseppe
CILE 1999: Le meraviglie del cielo australe
di Massimiliano Di Giuseppe
Giovedì 8 Aprile 1999, ore 4.40: suona la sveglia, io ed Arianna fatichiamo non poco a riprendere conoscenza, tuttavia ci facciamo coraggio e riordiniamo i numerosi bagagli. Federico, fratello di Arianna, alle 5.15 è pronto per accompagnarci in stazione a Bologna recuperando anche altri componenti della spedizione, Michele Bonadiman, Roberto Bonventi e Olga Gamberini del gruppo Astrofili Columbia di Ferrara. Una fastidiosa pioggerellina ci fa compagnia fino a Bologna in un cielo tetro e plumbeo, quasi il sole non volesse sorgere.
Alle 7.17 partiamo con il treno per Milano e accanto a noi si siede il giovane Alberto Berardi di Bellaria, anche lui un componente del viaggio in Cile organizzato in parte da Arianna e da un’agenzia viaggi di Imperia.
Alle 9.20 siamo a Milano e prendiamo la navetta per Malpensa in cui arriviamo dopo un’ora circa.
In aeroporto, si fanno vivi anche gli altri compagni di viaggio: Bruno Giacomozzi, Maurilio Grassi, Tommaso D’Aleo, Claudio Poggi, Simonetta Fontana, Flavia Corsini, Meko Tomor, Rino Astori ( con moglie, figlio e cugino ), Armando Rossella, Giovanni Cini, Angelo Gabba e Claudio Dalmasso, che ha i biglietti aerei dei partecipanti.
Il lungo viaggio prevede uno scalo a Londra ove arriviamo alle 13.30, ora di Greenwich e lì, complice una sosta di ben 6 ore, decidiamo di visitare la città. Vediamo velocemente le Wenstmister Abbey e Cathedral, il Parlamento con il famoso Big Ben e Buckingam Palace con tanto di cambio della guardia prima del ritorno a Gatwick e di una rapida cena al Mc Donald.
La partenza sul Boeing 747 per la lunga trasvolata è fissata per le 20.30 e fortunatamente l’aereo è semivuoto, consentendo di stenderci per dormire qualche ora.
Durante la notte mi sveglio per osservare dal finestrino lo spettacolare cielo da 10.000m di quota. Mi accorgo di trovarmi all’equatore poichè lo Scorpione sta sorgendo perpendicolare all’orizzonte ed il cielo è diviso a metà da una straordinaria Via Lattea. L’alba poi è meravigliosa, con un cielo nerissimo che sfuma verso l’orizzonte prima in un blu elettrico e poi in un giallo fosforescente. Una piccola sosta a Buenos Aires, poi alle 9.00 ora locale del 5 Aprile, l’ultimo tratto di volo fino a Santiago del Cile.
Sotto di noi un’estesa perturbazione ci fa temere brutto tempo ed osservo e fotografo un interessantissimo fenomeno di diffrazione atmosferica: una gloria tripla. Attorno alla piccola ombra proiettata dall’aereo sulle bianche nubi noto infatti tre cerchi concentrici colorati con le tinte dell’arcobaleno. Poco dopo ecco l’imponente catena delle Ande con un caratteristico colore rossiccio e con le altissime cime innevate.
A Santiago ci aspetta l’impatto con i tempi sudamericani e la laboriosissima procedura per il noleggio delle auto e alle 13.00 saliamo sul nostro Pik up guidato da Roberto, la nostra destinazione è la piccola cittadina di Vicuna, nei pressi di La Serena, che raggiungeremo solo dopo 7 ore di guida ininterrotta.
Durante il tragitto ci appare ogni tanto un assaggio di ciò che ci attenderà più a nord: un paesaggio brullo e desertico, che si affaccia sull’immenso e azzurro Oceano Pacifico. Ma appena fa buio ecco il meraviglioso cielo cileno: uno sguardo dal finestrino rivela infatti un cielo nerissimo e pieno di stelle, cosa sempre più rara dalle nostre parti. Le prime stelle che riesco ad individuare sono Alfa e Beta Centauri e poco più in alto le 4 stelle principali che formano la Croce del sud, inclinata con l’asse maggiore parallelo all’orizzonte.
Qualche minuto perchè faccia più buio ed ecco anche il nerissimo Sacco di Carbone, una nube oscura che si staglia evidente quasi al centro della Croce e poi la Grande e la Piccola Nube di Magellano.
E’ la prima volta che osservo le due galassie satelliti della Via Lattea: è un’emozione veramente grande. La Grande Nube è immensa, quasi sferica; alta in cielo circa 40° e la Piccola è più a sud, quasi all’orizzonte ma ben visibile grazie al cielo particolarmente terso e allo scarsissimo inquinamento luminoso. Io e Michele raccontiamo con urla di meraviglia le nostre osservazioni a Roberto, nel frattempo intento alla guida, visibilmente in fermento per non poter condividere le nostre scoperte. Quando poi gli facciamo notare che nella Grande Nube si staglia chiaramente ad occhio nudo la nebulosa Tarantola, cede ad uno scatto d’ira, imponendoci il silenzio.
Finalmente alle 20.30 siamo a Vicuna, un paesino situato ad una quota di circa 1000m ed il nostro residence dall’orientale nome Yun Kai, ci appare immerso nell’oscurità. La donna della reception ci accoglie a lume di candela ed in spagnolo ci spiega che lì è uso togliere la corrente qualche ora per un migliore risparmio energetico. Abbiamo tuttavia fame e ci dirigiamo alla vicina Hosteria Vicuna dove ci servono dell’ottimo filetto di carne, “papas fritas” e “arroz”.
Il giorno dopo, 10 Aprile, facciamo conoscenza con Francisco, titolare del residence, ex carabineros ai tempi di Pinochet, che si dimostra subito disponibile ad accompagnarci per una visita di Vicuna.
Dopo uno sguardo alla chiesetta, ci fa conoscere alcuni rappresentanti del Gruppo Astrofili locale, “Cerro Mamallucca”, che, molto gentilmente ci aprono la loro sede mostrandoci strumenti e spiegandoci la loro attività di divulgazione, con la promessa di rivederci la sera all’osservatorio sociale.
Il giro turistico prosegue con una visita ad una fabbrica di Pisco, ottimo e potente liquore locale che si ottiene dai numerosissimi vigneti sparsi nel territorio di Vicuna.
Francisco ci conduce poi ad un promontorio panoramico cui si arriva attraverso una strada tortuosa ed il nostro pik up fa il primo di una lunghissima serie di sterrati. Dal promontorio ammiriamo le spettacolari ed aride montagne che fanno da contorno a Vicuna e su due di esse si stagliano chiaramente la bianca cupola dell’osservatorio americano di Cerro Tololo e quella argentata dell’osservatorio El Pachon, a testimonianza di come la zona sia un punto privilegiato per l’osservazione del cosmo. A pranzo assaggiamo dell’ottimo “pescado”ed il morale della truppa è alto.
Nel pomeriggio, mentre alcuni prendono il sole nella piscina del residence, procedo col laborioso montaggio del Dobson e in serata, come promesso, ci rechiamo all’osservatorio Cerro Mamallucca, in cui, nonostante gran parte dell’orizzonte sud-ovest risenta delle luci di Vicuna, osserviamo con soddisfazione, con il loro Dobson da 45 cm, gli oggetti più famosi del cielo australe, alcuni già osservati dal sottoscritto ad Antigua lo scorso anno.
Ad esempio il variopinto “Scrigno dei gioielli”( NGC 4755), un brillante ammasso aperto composto da stelle multicolori, facilmente rintracciabile nei pressi della stella Beta Crucis, e poi lo spettacolare e gigantesco ammasso globulare Omega Centauri, che esplode letteralmente in tutto il campo dell’oculare il suo milione di stelle, di una tonalità azzurro-verdognola.
La nebulosa “Eta Carinae” ( NGC 3372 ), osservata sia con o senza l’utilizzo di filtri nebulari, appositamente portati dall’Italia ( UHC e OIII ), è impressionante per quantità di dettagli e chiaroscuri, che si perdono ben oltre il campo dell’oculare…
La “Nebulosa Tarantola” ( NGC 2070), sembra un vero e proprio ragno, con le zampe che si dipartono dalla zona centrale in cui splende il luminosissimo ammasso aperto 30 Doradus.
La radiogalassia Centaurus A ( NGC 5128 ), mostra evidentissima la banda scura centrale, ciò che resta di un’antica collisione con una galassia a spirale.
Accanto alla Piccola Nube di Magellano, risalta chiaramente ad occhio nudo una stellina, che in realtà è il luminoso ammasso globulare 47 Tucanae ( NGC 104), il secondo in tutto il cielo come luminosità ( mag.4 ) e dimensioni (23′).
Verso mezzanotte cominciamo però a sentire il fuso orario e la stanchezza accumulata in questi intensi giorni per cui salutiamo i nostri colleghi cileni ringraziandoli per la squisita ospitalità e ripromettendoci di rimanere in contatto con loro in futuro.
La domenica 11 ci svegliamo un po’ prima delle 8.00 per non perderci l’indimenticabile giro promessoci da Francisco, in realtà una cosa piuttosto deludente. Si inizia infatti con la visita di un improbabile tempietto Zen, con tanto di incensi e musichetta New Age, per proseguire poi con la meta più ambita: la tomba della poetessa Gabriela Mistral, osannata in continuazione da Francisco.
C’è il tempo per una veloce scarpinata al ruscelletto Pisco Elqui, prima di un pranzo quando sono ormai le 15.00. Giunge quindi il momento di fare sul serio, astronomicamente parlando e alla sera, andiamo alla ricerca di un sito osservativo buio, allontanandoci da Vicuna su una pericolosa strada sterrata, che si arrampica sulle montagne a 4 km in linea d’aria dall’osservatorio di Cerro Tololo.
Mentre si sale di quota ammiriamo lo spettrale paesaggio desertico illuminato dai fari; sopra di noi un cielo mozzafiato. Oltre i componenti del nostro pik up, sono della partita anche Bruno, esperto alpinista di Bolzano, Maurilio, bizzarro e simpatico giudice di Torino, Meko, architetto romano dalla battuta sempre pronta e l’immancabile Alberto.
Scopriamo, dopo numerosi sobbalzi, un luogo che fa al caso nostro, un ampio spiazzo circondato tutt’attorno dalle cime delle Ande, con un orizzonte sufficientemente disponibile.
Mi accorgo immediatamente di quanto sia buio: non riesco a vedermi i piedi!
Il cielo è qualcosa di eccezionale: lo Scorpione sta sorgendo ad est con tutto un intricato sistema di nebulose oscure che sembrano di velluto. La Via Lattea è abbagliante e il “Sacco di Carbone” sembra tridimensionale. Sfodero il Dobson e comincio a familiarizzare con le costellazioni australi.
Poco a sud di Alfa e Beta Centauri si trova il Triangolo Australe, un perfetto triangolo equilatero, formato da stelle abbastanza luminose. Qui individuo NGC 6025, un ammasso aperto di 10′ e mag.6: la forma è alquanto irregolare e fra le stelline di fondo ne risalta una di magnitudine 7.
Mi concedo una scorribanda con il binocolo Zenith 7X50 e nella Via Lattea vengo attratto da una larga chiazza nebulare è l’ammasso aperto NGC 5822 nella costellazione del Lupo. Il Dobson mi mostra il larghissimo oggetto, ben 40′ e mag 6,4, che si estende in tutto il campo dell’oculare.
Roberto intanto, dopo una lunga ed estenuante ricerca di Sigma Octantis, la stella polare del sud, è pronto a scattare la prima foto, ma ecco che accade l’irreparabile: Alberto, gironzolando qua e la’ decide di sbirciare con la testa esattamente davanti al teleobiettivo di Roberto, vanificando una lunga e laboriosa posa. Le urla si perdono tra le Ande!
La costellazione del Compasso è un piccolo asterisma, racchiuso dalle costellazioni del Centauro, Lupo, Norma e Triangolo Australe e qui osservo un altro ammasso aperto: NGC 5823 ( mag.8,6 e diam 9′ ), vi si scorgono alcune decine di stelline a forma di Y.
Sempre nei paraggi, questa volta nella costellazione della Norma osservo l’altro ammasso aperto NGC 5925 piuttosto esteso e luminoso.
Poco a sud est del Triangolo australe, si estende la bellissima costellazione dell’Altare, a forma di grande farfalla, e qui individuo l’ammasso globulare NGC 6362, una chiazza luminosa di mag.8,3 e diam.6,7′.
Ancora più a sud ecco l’Uccello del Paradiso, con il debole globulare NGC 6101. A quel punto decido di sgranocchiare qualcosa, apro la jeep e vedo Michele che se la dorme profondamente, vado quindi a scambiare quattro chiacchiere con Roberto. In quel momento mi fa segno di tacere, ha individuato a poca distanza da noi una grossa ombra che si muove furtiva, che sia una volpe o un puma? Quest’ultima ipotesi non è da escludere, dal momento che ci troviamo in una zona ricca di questi grossi felini. Dopo attimi di comprensibile panico, l’ombra scompare e l’allarme cessa.
Ritorno alle osservazioni e nella vastissima costellazione del Pavone osservo il bellissimo globulare NGC 6752: si colloca al terzo posto per dimensioni dopo Omega Centauri e 47 Tucanae e al settimo posto per luminosità ( mag 7,2 ), al limite della visibilità ad occhio nudo. Ancora un globulare nella piccola costellazione della Mosca, ai piedi della Croce del Sud: si tratta di NGC 4372, di magnitudine 8 e completamente risolto già a bassi ingrandimenti, si estende su un’area di 10′.
Ormai sono le 2.00 e la vistosa nube del cuore galattico nel Sagittario, si staglia alta ad est, è giunto il momento di tornare allo Yun Kai.
Il risveglio del giorno 12 è purtroppo assai brusco e sopratutto prematuro. Mi aspettavo di dormire qualche ora in più, ma alle 7.00 Arianna comincia a sbattere le porte e a parlare a voce alta. Mi dice di alzarmi poichè è in programma una gita alla foresta pietrificata del “Monumento Nacional Pichaska”, una gita da lei fortemente sponsorizzata. Faticosamente riprendo conoscenza e le chiedo cortesemente la colazione che aveva promesso il giorno prima di portarmi in camera per convincermi a partecipare all’escursione. “Ah sì?”mi risponde,”Mi sono dimenticata!”. La cosa comincia a farsi seccante. Vengo praticamente caricato sul pik up e a quel punto chiedo se è possibile mettere qualcosa nello stomaco, che ne so, un panino. La cosa è fattibile e Arianna si reca in una squallida bottega a comprarmi la lussuosa colazione.
Aihmè il panino arriva, ma con sgomento mi appare completamente vuoto. Confuso e inorridito per lo sconvolgente inizio giornata decido di riaddormentarmi tra le risate generali. Mi risveglio dopo pochi minuti, accorgendomi che stiamo facendo la stessa strada della notte scorsa, è veramente suggestiva. Ci stiamo addentrando nelle Ande in un paesaggio desertico pieno di cactus, degno dei migliori documentari. Le fermate si sprecano per foto e riprese e il cammino è piuttosto arduo, tanto che molti si insabbiano e forano le gomme. Facciamo anche alcuni guadi di fiumiciattoli e mi sembra di rivivere le splendide immagini di Overland, la spedizione di camion che ha girato il mondo.
Probabilmente questo tragitto è una delle cose che mi rimarranno più impresse di tutto il viaggio in Cile. Ad un certo punto la strada si allarga ed un esteso altopiano di cactus ci costringe ad una nuova fermata. Alcuni cactus sono addirittura in fiore, un fiore rosso gigantesco che viene prontamente filmato e fotografato ( veramente bello!). La strada è lunga e ci accompagna Francisco, senza il quale ci saremmo persi su queste mulattiere. Attraversiamo la zona più desertica del tragitto con ruderi di un antico pueblo alle cui spalle si erge maestosa in lontananza la bianca cupola di Cerro Tololo.
Riusciamo a pranzare soltanto alle 16.00 a Hurtada, un paesino sperduto tra le montagne in un’orrida locanda. Ma soltanto alle 17.30, quando il sole comincia a calare giungiamo all’ambita meta: la foresta pietrificata! Ma ecco che ci attende uno spettacolo piuttosto desolante formato da due tronchetti di dimensioni microscopiche. I Ranger del Monumento National Pichaska si scusano, ma la colpa è della gente che visita la “foresta” e che ogni tanto ne porta via un pezzetto fino ad arrivare a quella situazione.. Ci mostrano comunque un’interessante grotta scavata dall’acqua in una parete verticale, rifugio migliaia di anni fa dei primitivi abitanti della zona, i quali l’hanno addobbata con svariate pitture rupestri.
E’ ormai buio quando imbocchiamo la lunga strada del ritorno, per stasera niente osservazioni.
Il giorno 13, il gruppo si divide in due: io, Arianna, Roberto, Olga, Giovanni ( esperto barzellettiere), Angelo, Armando e Bruno, ci rechiamo a visitare la città di La Serena, mentre i restanti seguono Michele in un discutibile tentativo di visitare gli osservatori di La Silla a 200 km di distanza, senza aver prenotato.
Il cielo a La Serena è nuvoloso e minaccia addirittura pioggia, l’umidità dell’oceano, fermata dalla catena delle Ande, infatti, si ferma proprio lì. Visitiamo la bella e variopinta cittadina e ci fermiamo a mangiare in un tipico ristorante di pesce in cui ci facciamo consigliare dal cameriere. Soppesata la clientela, come primo costui opta per una “Supa de Moriscos” e poi a seguire, una specialità della casa, il “Safari de moriscos”. La “Supa”è bollente e non ci soddisfa il sapore abbastanza insipido. Ma che dire del”Safari”? Che fossero frutti di mare lo sapevamo, ma certo non potevamo immaginare che venissero serviti ancora vivi e vegeti. Ce ne accorgiamo quando Olga decide di sprizzare un po’ di limone su una voluminosa capasanta aperta. Ecco che improvvisamente, lo sproporzionato mollusco comincia ad agitarsi e a muoversi rapidamente nel piatto.
Inorriditi scopriamo che anche le altre bestie si muovono lentamente e fra noi, solo Bruno avrà il coraggio di mangiarle. Nemmeno i menestrelli con tanto di chitarre e charrango riusciranno ad allietare il pranzo.
Ci rifaremo alla sera all’Hosteria Vicuna, sempre impeccabile. Mentre carico in auto il Dobson per le doverose osservazioni serali, arriva Michele e il resto della compagnia, che come previsto non sono riusciti ad entrare a La Silla. Hanno avuto invece parzialmente accesso al vicino osservatorio di Las Campanas in cui stanno realizzando i due telescopi gemelli Magellan.
Io e Roberto ci dirigiamo quindi alla postazione osservativa di 2 sere fa, accompagnati questa volta da Giovanni, Angelo e dalla famiglia Astori al completo. E’ una serata un po’ storta per Roberto, che prima dimentica sgabellino e contrappesi a Vicuna, poi un imprecisato membro della famiglia suddetta inciampa al buio sul suo cavalletto facendo precipitare la macchina fotografica, fortunatamente senza conseguenze. Io al Dobson invece mi diverto ed entrano a far parte del mio personale bottino numerosi oggetti deep sky. Da segnalare nella Vela, a declinazioni teoricamente al limite alle nostre latitudini, la bella nebulosa planetaria NGC 3132, un dischetto bianco latteo di 85″X50″ e mag.10, chiamata anche “Nebulosa delle 8 esplosioni”, a causa della sua particolare forma.
Un altro bell’oggetto compare poco dopo nel campo del telescopio: è la galassia NGC 2997, una spirale vista di fronte di mag.9,5 e dim 5′. Si trova nella Macchina Pneumatica e appare come un debole ovale da cui si dipartono due esili braccia. A quel punto Angelo comincia a filosofeggiare con Giovanni sul concetto di infinito e osservo da lontano il lumicino rosso della sua sigaretta accesa, perdersi tra le rocce della vallata.C’è il tempo per un’ultima galassia prima del meritato riposo, la galassia spirale barrata NGC 1559 nel Reticolo ( mag.10,5 , dim 3’X1,5′ ), piccola e debole e dall’aspetto irregolare.
Il 14 Aprile ci dedichiamo ad un po’ di riposo e prepariamo i bagagli per il proseguimento dell’avventura in Cile verso il Grande Norte e San Pedro de Atacama, mitico luogo delle notti di osservazioni di Stefano Pesci, astrofilo di Milano che in solitaria anni fa si recò ad osservare in questi luoghi sperduti, riportando resoconti entusiastici. Per concludere in bellezza ci ritroviamo tutti dopo cena al sito osservativo per l’ultima notte a Vicuna, con brindisi finale al cielo cileno, organizzato da Michele. Nonostante l’atmosfera festosa e le continue accensioni di fari delle auto riesco ad osservare qualche nuovo oggetto nella costellazione della Colomba, a sud di Orione che qui sta tramontando ribaltato. Si tratta del globulare NGC 1851 di 5′, ben visibile come un batuffolo luminoso e della 2 galassie NGC 1792 ( mag 10 e dim 3’X3′) e NGC 1808 ( mag 10 e dim 4’X1′), entrambe appaiono come due pallide macchioline.
Ed eccoci pronti, la mattina del 15 per la grande partenza fissata per le 8.30, ma del resto del gruppo solo in 4 ci seguiranno in questa avventura: Meko, Claudio, il subacqueo cineoperatore e le due romane Flavia e Simonetta, ci rincontreremo con gli altri all’aeroporto di Santiago, fra qualche giorno. Il viaggio risulta più lungo del previsto, infatti, nonostante la Ruta 5, la strada Panamericana che percorriamo, sia un immenso rettilineo che collega l’Alaska alla Terra del Fuoco, non è assolutamente possibile superare il limite dei 100 km/h e i carabineros sono severissimi. Decidiamo quindi di dividere il percorso in due tappe con una prima sosta a Tal Tal, caratteristico paesino sul Pacifico a sud di Antofagasta. Durante il viaggio attraversiamo paesaggi desolati e bellissimi e per lunghi tratti la strada costeggia l’oceano.
Poco prima del tramonto del sole ci fermiamo ad osservare il Green Flash o Raggio Verde, un fenomeno atmosferico molto raro, dal momento che è necessaria un’atmosfera estremamente limpida fino all’orizzonte. Per pochi istanti il lembo superiore del sole acquista una colorazione verde smeraldo, a causa di complessi fenomeni di assorbimento e diffusione della luce da parte della nostra atmosfera. All’Hosteria Tal Tal, che raggiungiamo solo alle 8 di sera, l’aria è calda e ricca di umidità al contrario di Vicuna, ma il cielo è sempre bellissimo, ci troviamo ad appena un’ora di macchina dal Cerro Paranal, luogo in cui sorgerà il VLT, quello che diverrà fra qualche anno l’osservatorio più grande del mondo con 4 telescopi da 8m.
Una doccia fredda e una cena a base di Albacora ( una specie di pesce spada ) ci rimettono in sesto. Abbiamo le camere a 2m dalla riva e la splendida visione di Venere che tramonta sul mare ci infonde un senso di pace, che assieme al rumore della risacca preludono ad un sonno ristoratore.
L’indomani 16 Aprile, ci alziamo di buon’ora e partiamo per Antofagasta. Il paesaggio adesso è veramente desertico, da alcune ore non si vede più traccia di vegetazione e improvvisamente ci ritroviamo in una desolata pietraia del tutto simile a Marte. Ma la cosa più sorprendente deve ancora accadere: sulla sinistra, in pieno deserto di Atacama si erge all’improvviso una gigantesca mano di pietra, una scultura solitaria che ci obbliga ad una sosta per le consuete foto.
La luce del sole è abbagliante e do il cambio a Roberto alla guida, davanti a noi, l’auto di Claudio dalla guida a scatti ed imprevedibile ci precede al nostro ingresso ad Antofagasta, una città portuale piuttosto animata. Ci fermiamo a pranzo in un bel ristorante con terrazzo con vista mare e ci abbuffiamo con spaghetti allo scoglio. Con calma, alle 16,40 ripartiamo per San Pedro e dopo alcuni km ci passa a sinistra il gigantesco terrapieno della miniera di rame di Chuchicamata, la miniera a cielo aperto più grande del mondo. Dopo un’oretta, sulla destra invece, alcuni macigni con una lapide ci segnalano l’attraversamento del Tropico del Capricorno: è doverosa una fermata.
Mentre siamo intenti a scalare quel singolare monumento ci passa accanto un interminabile treno carico di acido solforico, necessario per estrarre il minerale di rame dal resto della roccia.
Il viaggio è ancora lungo e solo alle 21.30 siamo in vista di San Pedro de Atacama, situato a 2300m di quota, un paesino caratteristico, con strade sterrate e case con tetti di paglia, l’illuminazione quasi inesistente ci fa pregustare nuove e avvincenti osservazioni astronomiche.
Ci fermiamo all’albergo El Tatio, gestito da Miguel, disponibile e gentile. Le stradine sono affollate di turisti ed escursionisti ( da qui partono i trekking e le scalate di molte cime delle Ande ) e decidiamo di cenare in uno dei numerosi pub con un’apertura centrale del tetto e con un grande fuoco ardente al centro, il fresco si fa sentire.
Il giorno 17, dopo un’abbondante colazione, prendiamo accordi con Miguel per una serie di tour da fare con una sua guida di fiducia e in mattinata visitiamo la chiesetta del paese, dai muri bianchissimi, che spiccano come non mai nel blu cupo del cielo di S.Pedro.
A nord ovest sorge la sagoma violacea del vulcano Licancabur e tutto attorno a noi, la catena delle Ande, con molte cime sopra i 6000 m. Entriamo poi nel bel museo del paese, in cui sono conservate antichissime mummie Incas. Siamo molto vicini al Perù e i lineamenti della popolazione tradiscono l’origine incaica. Alcuni acquisti nell’apposito mercatino, un pranzo con “lomo” e “papas fritas” e alle 15.30 partiamo per la prima escursione con obiettivo la Valle della Luna, una sperduta vallata dall’aspetto lunare condotti da Luis, la nostra guida, che qualche anno fa ha fatto da guida addirittura a Reinhold Messner.
Incomincia la vera avventura, i paesaggi eccezionali fanno impallidire ciò che abbiamo visto finora in Cile. Sostiamo prima nella Valle della Morte, una gola che si apre improvvisamente sullo sconfinato panorama delle Ande innevate. Poi entriamo nella Valle della Luna, un gigantesco cratere in cui le rocce sono modellate in forme bizzarre dagli agenti atmosferici, come ad esempio le 3 Marie, 3 pinnacoli che spuntano dalle sabbie del deserto. Ci arrampichiamo poi su un’altissima duna per avere una visione d’insieme della valle e lo spettacolo diventa mozzafiato. Ci troviamo sulla cresta della duna con il sole ormai prossimo all’orizzonte che crea ombre lunghissime sui pinnacoli al centro di quello che sembra un cratere lunare come quelli di Copernico o Tycho.
La sabbia viene spazzata da un forte vento e la temperatura comincia a calare, quando camminando faticosamente sulla duna, arriviamo ad un costone di roccia gremito di persone: stanno tutti attendendo il tramonto, che tingerà di rosa e viola le cime delle montagne. Quando il cielo diventa più buio, una sottile falce di Luna trova la giusta collocazione in questa valle che porta il suo nome.
Al rientro in paese io e Roberto ceniamo con un ottimo Hot Dog, farcito di senape, pomodori freschi, maionese e paltas ( crema di papaja ), ci aspettano le osservazioni, che effettueremo proprio nelle vicinanze della Valle della Luna, ad una decina di km da San Pedro, accompagnati da Michele, Meko e Claudio. Il cielo ci pare subito ancora meglio che a Vicuna, le stelle e la Via Lattea sono più incise, probabilmente a causa della quota.
Per curiosità, nel Centauro, decido di dare un’occhiata ad una galassia che sui miei appunti è segnalata di grandi dimensioni ( 11,5’X 2′ ) e molto luminosa (mag. 7,8). NGC 4945, questo è il suo nome, viene prontamente inquadrata e nel Dobson mi appare un enorme fuso luminoso, con una marcata banda di polveri equatoriale. Veramente notevolissima, sopratutto mi sorprende il fatto che una sua foto non sia mai stata pubblicata su libri e riviste. Sembra fatto apposta, al mio ritorno, sul numero di Maggio di Coelum apparirà proprio una bellissima foto a colori di questa galassia in copertina. Nello stesso campo compare anche NGC 4976, una galassia ellittica di mag.9,7 e dim. 2’X1,5′, che appare come una piccola macchia circolare.
La domenica 18 è un giorno memorabile, ci aspetta il tour dei Salar e delle Lagune. La sveglia è fissata per le 6.00 e il fedele Luis ci aspetta col suo mini-pulmino per condurci a far colazione a Toconao, un paesino a 2500m, in casa di un anziano cileno, che ci mostra con soddisfazione il recinto con le capre, conigli e un cucciolo di lama. Poco dopo mentre saliamo di quota, incontriamo un gruppo di questi simpatici animali nel nostro percorso di avvicinamento al Salar de Atacama. Ben presto il terreno diventa tutto bianco , con vistose incrostazioni di carbonato di sodio, potassio e magnesio. Seguiamo Luis a piedi fino alla Laguna Chaxa popolata di numerosi e bellissimi fenicotteri rosa e altri piccoli uccelli limicoli.
La seconda tappa è Socaire, un altro paesino a 3300m, con una caratteristica chiesetta in terra del 1700, ormai il terreno aspro e arido lascia il posto ad una vegetazione arbustiva composta da miriadi di piccoli ciuffi gialli, somiglianti ai capelli di un punk. Comincia sicuramente la parte più bella di questo viaggio in Cile, da questo momento sfileranno davanti ai nostri occhi paesaggi veramente indimenticabili. Dopo un’altra mezz’ora di salita ci troviamo all’incredibile quota di 4040m e ci appare la visione mozzafiato della Laguna Miscanti di colore blu di Prussia, quasi nero, con lo sfondo di 3 piccoli coni vulcanici e una piccola laguna adiacente di colore più chiaro. Luis ferma il mezzo, qui sosteremo per il pranzo, costituito da panini, uova sode e banane. Ci troviamo immersi in un paesaggio irreale, ben lontano dagli standard abituali: a quella quota i colori sono straordinariamente vividi e i contorni delle montagne netti fino all’estremo orizzonte.
Il vulcano Minique, ancora fumante, si erge imponente con i suoi 6000 m e tutt’attorno alla cupa laguna si estende una breve spiaggia bianchissima di sale, che si interrompe bruscamente nella sterminata prateria di ciuffi gialli. Flavia e Simonetta cominciano ad avvertire un forte mal di testa dovuto alla quota, Michele sfoggia sorridente un variopinto berrettino peruviano, mentre Claudio si prepara ad un’impresa epica: l’immersione nella Laguna Miscanti. Siamo tutti increduli nel notare la sua determinazione nonostante la non più giovane età e la difficoltà dell’immersione, in un’acqua gelida ad altissima quota. Nonostante tutto, Claudio indossa la muta e si immerge lentamente nella laguna e dopo aver effettuato qualche ripresa con la telecamera subacquea, ritorna a riva descrivendoci un fondale tutto sommato deludente con qualche ciuffo di alghe rosse.
Poco dopo la marcia riprende e ci avventuriamo su un immenso altopiano ricco di fauna. Prima di tutto facciamo conoscenza con una coraggiosa volpe, che arriva vicinissima a noi, tanto da afferrare un panino appositamente preparato su una roccia, poi avvistiamo un branco di Vigogne e addirittura qualche Nandù, una specie di struzzo che zompettando si allontana all’orizzonte. A quel punto la strada si inerpica e giungiamo sul ciglio di un burrone da cui è possibile ammirare la splendida Laguna de l’Aguas Calientes, dal colore azzurro tenue, le fanno da sfondo tre bizzarre e bellissime nubi lenticolari!
E’ poi la volta della Laguna Tuiaito dal colore verde azzurro ineguagliabile, ma comincio a soffrire anch’io di mal di montagna e me ne starò per tutto il viaggio di ritorno sdraiato sul sedile fra mal di testa e nausea. Alla nostra locanda mi sento rapidamente meglio e decido comunque di coricarmi presto visto che l’indomani è prevista una levataccia micidiale alle 3,30, per la fantastica escursione ai geyser della caldera del vulcano El Tatio a 4300 m di altitudine. La partenza antelucana è giustificata da Luis, che ci spiega che i geyser si formano solo al mattino presto, visto che successivamente si alza un forte vento che disperde i vapori. Il cielo come di consueto è buio e ricco di stelle e durante il tragitto, arrivati sui 4000 m, alle 5 del mattino, ad est mi appare abbagliante la sagoma della luce zodiacale.
E’ la prima volta che posso dire di aver individuato con chiarezza questo fenomeno, che si manifesta come un triangolo luminoso sospeso sopra l’orizzonte, un’ora e mezza prima del sorgere o una e mezza dopo il tramonto del sole, che rende luminose le particelle e i detriti interplanetari di cui è composta. Addirittura a testimonianza delle eccezionali condizioni di cielo, osservo anche dalla parte opposta, il Gegenshein, la contro-luce zodiacale, molto più debole e di natura analoga.
Arriviamo sull’immensa caldera del Tatio attorno alle 6.00 e da lontano cominciamo a vedere una gran quantità di sottili fumi azzurrini: ci siamo, ecco i geyser!
Avvicinandoci sembra di penetrare nell’inferno Dantesco: colonne di vapore si innalzano da spaccature nella roccia, in cui l’acqua ribolle rumorosamente, ma la cosa più sorprendente è quella di trovarsi in un ambiente in cui l’acqua coesiste nei suoi tre stati: solido, liquido e gassoso.
All’esterno la temperatura è infatti di ben -9°C e alcuni piccoli coni vulcanici sono incrostati di ghiaccio. Quando il sole sorge, lo spettacolo diventa indimenticabile: il contrasto dei fumi bianchi sullo sfondo blu tersissimo del cielo è eccezionale e gli zampilli dei vulcanelli, traggono addirittura dei riflessi rossi e arancioni in controluce. Luis ci prepara la colazione scaldandoci il latte nientemeno che dentro un piccolo geyser. Ci sembra di essere su un altro pianeta!
Ci allontaniamo quindi da quel ribollente e incredibile paesaggio e notiamo poco più in là una grande pozza in cui alcuni francesi stanno facendo il bagno; sono terme ci spiega Luis.
La nostra guida non fa in tempo a finire la frase che Michele si fionda direttamente in acqua sedendosi inavvertitamente proprio su un geyser e lanciando quindi adeguati improperi.
Poco dopo lo imitano anche Flavia, Olga e Claudio e la piscina naturale diventa ben presto affollata.
Sulla strada del ritorno raggiungiamo la massima altezza di questo viaggio in Cile, 4500m, in uno splendido scenario di vulcani innevati. Qui si trova nascosto in un anfratto, un gigantesco muschio verde, di 500 anni e prontamente scendiamo a fotografarlo. Alle 12.30 siamo di ritorno a S.Pedro e dopo il pranzo e una doverosa siesta, mi preparo per l’ultima notte osservativa in questo paradiso degli astrofili.
Ceno col solito hot dog e assieme a Roberto mi reco al consueto luogo osservativo presso la Valle della Luna. La serata è ottima e le stelle brillano luminosissime. Decido prima di tutto di provare a rintracciare ad occhio nudo la debole Sigma Octantis, la stella polare del sud prolungando una linea ideale che parte dall’asse maggiore della Croce del Sud e che attraversando il piccolo quadrilatero della Mosca arriva più in basso al debole trapezio allungato che forma il Camaleonte. Ecco finalmente ancora più a sud l’esiguo Ottante e la ancora più esigua Sigma, una vera impresa!
Prendo poi il binocolo e a testimonianza della limpidezza del cielo individuo facilmente nello Scorpione, tra la coda e l’aculeo, le nebulose diffuse “Impronte di gatto”, note anche come NGC 6357 visibili come chiazze chiare in uno sfavillio di stelle e sempre nella stessa costellazione il complesso di nebulose chiare e oscure che si estende tra Antares e Rho Ophiuchi chiamato IC 4605-6.
Fra i numerosi oggetti rintracciati al Dobson questa sera voglio ricordare IC 4406, una planetaria nella costellazione del Lupo che si presenta allungata ( 100″ X 35″ ) con due “baffi” laterali di colore azzurrino, è abbastanza luminosa, magnitudine 10,6. Degno di nota anche il globulare NGC 6584 nella costellazione del Telescopio, una delle tante curiose ed esotiche costellazioni australi. E’ piccolo e denso e vi si proiettano diverse stelline di campo, la sua mag è 8,5 e il diam 2′,5.
Roberto termina in quel momento di fare foto, piuttosto soddisfatto dello stazionamento del telescopio che non l’ha costretto ad un continuo controllo della stella guida.
Il giorno dopo, 20 Aprile, abbandoniamo S.Pedro e ci avviamo decisi ad Antofagasta, che raggiungiamo attorno alle 13.00 e qui dopo un gustoso pranzo a base di Albacora troviamo l’albergo che fa al caso nostro, l’Hotel San Martino. La nostra intenzione è quella di provare a raggiungere nel pomeriggio il mitico VLT che dovrebbe distare 2 ore e mezzo dalla città, ma in seguito a tutta una serie di ritardi e contrattempi, giungiamo sulla lunghissima strada sterrata che conduce al Cerro Paranal soltanto al tramonto del sole.
Al buio si fatica ad individuare la deviazione giusta per il VLT anche perchè non troviamo nessuna indicazione che ci aiuti. Siamo quindi costretti, quando la benzina comincia a scarseggiare ad interrompere la ricerca ed a fermarci per fare comunque qualche osservazione.
Ci rendiamo subito conto che quello è probabilmente il luogo migliore fra quelli finora sperimentati, non a caso è stato scelto come sito per costruirvi il più grande complesso di telescopi del mondo. Il seeing è eccezionale e le stelle sono immobili come in un planetario ed è possibile scorgerle luminosissime fin sulla linea dell’orizzonte.
Ad occhio nudo risalta nettissima al confine tra Ofiuco e Scorpione la nebulosa oscura Pipe Nebula, nonchè la vicina Snake, nota anche come B 72 e quindi ci concediamo un ultimo ripasso degli oggetti più belli visti in questi giorni col fedele Dobson, visto che questa è purtroppo l’ultima sera osservativa e tutti si accalcano al telescopio.
Il 21 ne approfittiamo al mattino per visitare la costa e la famosa Portada, un arco di roccia sul Pacifico particolarmente suggestivo. Il paesaggio è aspro, di un’aridità assoluta e un vento tagliente spinge le onde che si frantumano contro le alte falesie. Probabilmente le coste della Terra erano tutte così 3 miliardi di anni fa, prima che la vita sorgesse dal mare. Seguiamo Claudio che si immerge ancora una volta in un vicino tratto di costa e dopo una lunga siesta pomeridiana ceniamo tutti assieme al Bavaria, un ottimo ristorante, con un brindisi finale a questo indimenticabile viaggio.
Il 22 alle 5.30 di mattino inizia infatti il lungo ritorno che prevede questa volta l’aereo da Antofagasta a Santiago e qui rivediamo il resto della truppa che ci tributa grandi festeggiamenti.
Ci raccontano di aver visitato l’osservatorio di Cerro Tololo e di essere rimasti in panne su un motoscafo al largo, senza benzina durante la gita per vedere i pinguini di Humboldt, ma ammutoliscono di fronte ai racconti dei panorami spettacolari del Grande Norte. E così, dopo un tramonto sul Mato Grosso, scende la notte sul nostro aereo diretto a Londra, il sonno si mescola ai ricordi e alle immagini di questa indimenticabile esperienza in Cile, e affiora la nostalgia, che ci fa sperare di tornare al più presto in questo splendido paese, tra le meraviglie del cielo australe
Le foto astronomiche sono di Roberto Bonventi. Le altre foto sono di
Massimiliano di Giuseppe.