di Massimiliano Di Giuseppe
Chi si appresta ad organizzare un viaggio astronomico, deve tenere sicuramente conto dell’inquinamento luminoso dei luoghi da visitare e per questo motivo spesso vengono presi in esame posti sperduti, meglio ancora se desertici e lontani il più possibile da fonti di luce artificiale. Volendo poi arricchire il viaggio con bellezze archeologiche, storico artistiche e paesaggistiche e nello stesso tempo non esagerare con i costi, ecco che la regione dell’Est Anatolia, nella Turchia orientale, sembra un ottimo compromesso. Il viaggio raccoglie in breve una ventina di interessati, tutti ansiosi di visitare questa regione non ancora intaccata dal turismo di massa.
Tuttavia non abbiamo fatto i conti con la recente ascesa dei fondamentalisti dell’Isis, che proprio a Settembre, mese prescelto per la partenza, si stanno pericolosamente avvicinando al confine turco, nei pressi del lago Van, una delle mete principali del viaggio…Pure una nota della Farnesina sconsiglia di partire per quelle zone e naturalmente iniziano le prime disdette. Che fare? La palla passa all’agenzia Robintur, con cui da anni collaboriamo nell’organizzazione dei viaggi astro-turistici, che ci propone un’alternativa altrettanto affascinante, un tour classico della Turchia, con possibilità di osservazioni astronomiche in Cappadocia e nella zona di Pamukkale, rimanendo sempre lontano dalle aree a rischio.
Accettiamo e alla partenza da Bologna il 17 Settembre mi ritrovo in compagnia di alcune vecchie conoscenze: Esther Dembitzer, Marica Draghetti, Barbara Scura e di due facce nuove, Mirca Gabbi e Dante Nava. Il volo per Istanbul è comodo e veloce all’aeroporto ci incontriamo con la storica coppia romana Giorgio Bernaschi e Gabriella Mungai, accompagnata dalle cugine Maria e Mirella Poggi, per la prima volta con noi e con Cem, l’eccezionale guida che ci accompagnerà in tutto il lungo tour di 12 giorni. Saliamo sul pullman che inizia a districarsi nel traffico caotico di Istanbul, la vecchia Costantinopoli, prima ancora nota come Bisanzio. Una città che ho conosciuto per la prima volta una ventina d’anni fa, nel ’93, in occasione di un’Inter-rail nei paesi dell’est e che oggi dai finestrini del pullman mi appare più affollata, con selve di grattacieli moderni e con enormi navi da crociera attraccate sul Bosforo, pronte a riversare tra i suoi millenari vicoli orde di turisti…
Speriamo che tutto ciò non abbia intaccato il fascino ed il mistero di questa città unica al mondo, un vero e proprio ponte tra Oriente e Occidente, anche se ho qualche dubbio. Arriviamo in hotel, lo splendido Sheraton Maslak e qui mentre gli altri si riposano prima della cena prendo un tè con Cem e con lui faccio il punto della situazione. Gli racconto del programma originario del nostro viaggio e subito il viso allegro e rotondo si incupisce, mi si avvicina e parlando sottovoce mi dice che abbiamo fatto la scelta giusta. In quelle zone la sicurezza non è garantita, sopratutto la sera e sono sempre più frequenti gli scontri tra le milizie curde del PKK e quelle dell’Isis. Il mio telescopio Dobson poi non passerebbe inosservato e peggiorerebbe solo la situazione…
Bene, con un misto di sollievo e preoccupazione, mi riaggrego agli altri per la cena e sotto spifferi glaciali di aria condizionata iniziamo a prendere confidenza con la cucina turca, come ad esempio zuppa di lenticchie rosse ( mercimek corbasi) e carne di montone e agnello.
Il mattino del 18 Settembre, si presenta grigio e piovigginoso e nel consueto traffico, dovuto ai quasi 14 milioni di abitanti di questa città, ci avviciniamo alla nostra prima meta, la basilica di S.Salvatore in Chora, attraversando il Ponte di Galata sul Corno d’Oro, il sottile braccio di mare lungo circa 7 km che si collega al Bosforo. Costruita nel V secolo al di fuori delle mura di Costantinopoli ( in Chora significa letteralmente in campagna), è una delle massime espressioni dell’arte bizantina, ci dice Cem, mentre ci accompagna all’interno ad ammirare gli splendidi affreschi e mosaici.
Trasformata in moschea durante il periodo ottomano, i mosaici furono ricoperti da calce, ma fortunatamente non distrutti. E’ una chiesa piuttosto piccola, oggi trasformata in museo, con 6 cupole e un minareto, ma l’interno è molto suggestivo, con mosaici dorati sulle volte e affreschi sulle pareti tra cui gli splendidi ”Giudizio Universale” e la “Risurrezione”. Già da questa prima visita ci appare evidente la grande preparazione e competenza della nostra guida, che ci fa notare anche come all’epoca dei primi cristiani i santi abbiano preso il posto delle divinità pagane e lo stesso Apollo sia diventato Gesù.
Abbandoniamo questo quartiere per dirigerci verso la penisola di Sultanhamet, cuore storico di Istanbul e cominciamo le visite assieme ad una moltitudine di turisti entrando nella suggestiva Cisterna Basilica, un serbatoio d’acqua sotterraneo di epoca bizantina, voluto nel 532 dall’imperatore Giustiniano per l’approvvigionamento idrico. E’veramente particolare scendere nella penombra di questo enorme antro in cui decine e decine di colonne disposte su lunghe file, sostengono coi loro capitelli altrettante arcate e volte, emergendo da un’acqua immobile e cristallina in cui nuotano gigantesche carpe. Percorriamo le lunghe passerelle in legno cercando di non perderci tra la folla, seguendo Cem che ci indica alla base di due colonne in fondo alla sala, le teste rovesciate di Medusa.
Non posso fare a meno di andare con i ricordi al film “007 dalla Russia con amore”, in cui Sean Connery, si aggirava proprio tra le colonne della Cisterna, immaginata come sotterraneo dell’ambasciata russa ad Istanbul. I cori dei muezzin che si sovrappongono tra loro, quasi in gara a chi canta più forte e con più virtuosismi, ci scortano al Gran Bazar, il più grande mercato coperto al mondo e poco prima della porta principale di accesso, io Barbara, Marica ed Esther, ci fermiamo a mangiare qualcosa in un caratteristico ristoro, frequentato solo da gente del luogo. Il pasto, a base di pollo, riso e Pide, la tipica pizza turca, ci soddisfa e ci prepara alla visita del bazar.
Rispetto a come lo ricordavo, mi pare decisamente tirato a lucido e particolarmente curato, sicuramente meno autentico e più turistico di allora. La merce fa bella mostra di sé davanti alle botteghe di artigianato, di tappeti, di cianfrusaglie, abbigliamento, gioielli ecc, in un luccichio variopinto che stordisce. Cem ci avverte di non perderci nella confusione e di prendere sempre punti di riferimento nel dedalo di stradine, in cui oggi ai negozi tipici e alle fontane della tradizione musulmana si mescolano addirittura banche e ristoranti.
Prendiamo un tè in una parte del bazar un po’ meno caotica, preparandoci alla successiva visita della moschea di Sultanhamet ( 1609) con ben 6 minareti, meglio nota come Moschea Blu, nome dovuto alle splendide maioliche turchesi e blu inserite nelle pareti e nella cupola, illuminate dalla luce che filtra da 260 finestre della sala delle preghiere, che percorriamo a piedi scalzi su giganteschi tappeti.
E’ il momento di tornare in albergo, mentre la pioggia aumenta d’intensità e dopo cena decidiamo di salire all’ultimo piano dell’hotel al club privè, da cui si gode di una splendida vista su Istanbul by night, mentre sorseggiamo un raki, un’acquavite di vinacce aromatizzata con semi di anice, servito con ghiaccio e diluito con una buona dose d’acqua per diminuirne la forte gradazione alcolica.
Il mattino dopo, 19 Settembre si presenta limpido e radioso e ripercorrendo il Ponte di Galata, apprezziamo meglio il traffico di imbarcazioni sul Bosforo, la Torre di Galata in lontananza, la gigantesca Moschea di Solimano e le antiche mura diroccate della città. Torniamo a Sultanhamet per terminare le visite del giorno prima, cominciando con il grande Ippodromo bizantino. Qui ci racconta Cem, ai tempi dell’impero romano d’oriente, venivano decise le sorti dell’imperatore attraverso corse con le bighe da parte delle due opposte fazioni politiche, i verdi e i blu, che spesso sfociavano in tumulti. Delle numerose opere presenti all’ippodromo, oggi rimangono dopo le crociate, l’obelisco di Teodosio, prelevato a sua volta dall’imperatore all’Egitto, la Colonna di Costantino, la Colonna Serpentina di bronzo ciò che resta del Tripode di Platea e la Fontana dell’Imperatore Guglielmo, donata nel 1901 dal sovrano tedesco, come gesto riparatore, dopo che lo stesso aveva prelevato l’altare di Apollo a Pergamo in una precedente visita…
Arriva quindi il momento della Basilica di Santa Sofia, che nella bellissima piazza con parco e fontane si trova proprio di fronte alla Moschea Blu. La Basilica è imponente, con contrafforti di colore rosato, risultato del rifacimento e ristrutturazione di ben 3 basiliche a partire dal 325 d.C, che ne hanno fatto una delle opere più importanti di Istanbul. Nei secoli è stata chiesa ortodossa e moschea mentre oggi è adibita a museo.
I lavori di restauro sono in corso tuttora, tanto che, ci indica Cem, quelli più recenti hanno riportato alla luce mosaici e affreschi come i 4 “serafini” alla base della cupola, che erano nascosti sotto 5 strati di calce. Passeggiamo a lungo fra le lucide colonne di porfido, ammirando in alto le lampade sospese tra le gigantesche arcate e salendo da una rampa alla galleria superiore, notiamo importanti mosaici come la “ Deisis”. Prima di uscire, il nostro gruppo non può esimersi dal compiere un rito propiziatorio, che, come vuole la tradizione, prevede di inserire il pollice in un foro praticato nella “colonna sudante di S.Gregorio”. Chi riuscirà a far compiere alla mano un giro completo in senso antiorario senza togliere il pollice, vedrà avverarsi un desiderio…
Su consiglio di Cem andiamo a pranzare in un tipico ristorante, a base di kofte, le gustose polpette turche, seguite da dolce con yogurt. Nel pomeriggio è la volta del gigantesco complesso del Palazzo di Topkapi, immersi purtroppo in una folla oceanica che rende difficoltosa la visita.
E’ stato costruito nel 1453, in seguito alla presa di Costantinopoli da parte di Maometto II, sulla collina del Serraglio, ma qui vi abitarono anche 26 dei 36 sultani dell’impero ottomano. Superata la magnifica Porta Imperiale, ci troviamo di fronte ad un edificio immenso con un insieme eterogeneo di chioschi, harem, cortili, corridoi e terrazzi, a causa delle continue modifiche ed ampliamenti introdotti dai vari sultani. La prima Corte che si incontra è quella dei Giannizzeri, il terribile Corpo di Guardia del Sultano, addestrati ad uccidere i nemici anche a mani nude con colpi tra capo e collo. Qui si trova la “fontana del boia”in cui egli ripuliva la spada dopo ogni esecuzione e la chiesa di S.Irene, oggi sconsacrata e dedicata a concerti di musica classica.
Dalla Porta del Saluto, da cui poteva passare solo il sovrano a cavallo si accede alla seconda Corte, detta delle Cerimonie, con l’Harem e le impressionanti cucine, con tetto a cupola e curiosi camini, in cui lavoravano più di 1000 persone. E poi la terza Corte in cui si affacciano svariati importanti palazzi, tra cui quello della biblioteca, delle miniature, delle reliquie dei Santi, ma soprattutto le 4 stanze del Tesoro, in cui sono conservati un enorme quantità di oggetti preziosi tra cui spicca il Diamante del Mercante di Cucchiai di ben 86 carati, circondato da 49 brillanti!
Ma la calca è veramente troppa e ci rifugiamo nella Quarta Corte, chiamata anche Giardino dei Tulipani, con magnifica vista sul Corno d’Oro, sul Bosforo e sul Mar di Marmara dove un tè con dolcetti in un esclusivo punto di ristoro ci ritempra dalla giornata impegnativa.
20 Settembre, facciamo conoscenza col nuovo autista, Apo, che rimarrà con noi per il resto del tour e che ci conduce come prima tappa della giornata al Bazar delle Spezie, un grande mercato coperto in cui ci lasciamo trasportare dal profumo delle spezie e degli oli aromatici, fino all’esterno al vivace mercato ortofrutticolo e del pesce del quartiere di Tahtakale. Ci attende quindi la gita in battello riservato ( solo per il nostro gruppo!) sul Bosforo, che prendiamo all’imbarcadero di Eminonu, vicino alla Moschea Nuova.
E’una bella esperienza, che ci fa ammirare Istanbul da un altro punto di vista, con il Topkapi, la Moschea Blu e Santa Sofia, che emergono dalle sponde di questo stretto braccio di mare che divide due continenti, l’Europa e l’Asia. Mentre sorseggiamo un fresco succo d’arancia servito dal solerte personale di bordo, ammiriamo anche la barocca moschea di Nusretiye, le Yali, eleganti case in legno di epoca ottomana, la grande fortezza di Rumeli e il dirimpettaio castello di Yoros, sulla sponda asiatica, visitato nel mio precedente viaggio a Istanbul. Ricordo che salendo in cima si poteva ammirare l’incontro tra le acque del Bosforo e quelle del Mar Nero, una vera emozione! Approdiamo alla splendida località di Anadolu, proprio sotto il castello di Yoros, famosa per il pesce freschissimo, che naturalmente non ci lasciamo sfuggire durante il pranzo in un ottimo ristorantino.
E’ quindi il momento di affrontare il lungo trasferimento verso Ankara, capitale della Turchia e di entrare ufficialmente in Asia Minore. Dopo aver costeggiato a lungo il Mar di Marmara, mentre il sole tramonta su un paesaggio via via più brullo e desertico io, Giorgio ed Esther intratteniamo la platea parlando di astronomia e del tipo di osservazioni che faremo le prossime sere. Ha luogo anche un dibattito sulla possibilità di vita nell’universo al di fuori della Terra e neanche a farlo apposta Esther fotografa fuori dal finestrino uno strano oggetto del tutto simile ad un disco volante. L’immagine in controluce e sfocata avrà senz’altro un’origine terrestre, tuttavia ricorda gli Ufo di George Adamsky…
Quando ormai è buio entriamo ad Ankara, al centro dell’altopiano Anatolico, a circa 900m di quota, una città che mi era stata presentata come qualcosa di anonimo e bruttino, ma che in realtà trovo ordinata e pulita, quasi svizzera, con traffico scorrevole nell’ampio viale principale in cui si alternano fontane illuminate e begli edifici. Anche l’Hotel è ottimo, l’Hiltonsa Hotel, situato in un quartiere moderno, in cui ceniamo poco dopo.
Il giorno dopo, 21 Settembre, un giorno ancora una volta sereno ci apprestiamo alla visita del Museo Ittita delle civiltà anatoliche, un museo modernissimo ed interattivo che ci viene spiegato nei minimi dettagli dall’inesauribile Cem. Sono raccolti reperti dall’8000 a.C. ( Paleolitico ), passando per il Neolitico e via via fino alle più importanti civiltà che hanno vissuto qui, Hatti, Ittiti, Frigi, Lidi, Urartu e Greco-Romani. Fra i reperti più importanti una statuetta neolitica della dea madre partoriente seduta di fianco a due leopardi, un’opera in bronzo degli Hatti raffigurante un cervo e due tori all’interno di un simbolo solare, la statua di Cibele di epoca frigia e un teschio che si dice appartenga addirittura a Re Mida. Cem ci fa notare l’usanza da parte dei nobili di fasciare stretto il cranio per allungarlo e proprio a Re Mida, secondo la mitologia si deve il nome di Ankara, ovvero l’”ancora” dell’Arca di Noè, trovata proprio qui dallo stesso sovrano.
Al termine della visita ci dirigiamo ad una tappa a cui Cem tiene molto, il Mausoleo di Mustafa Kemal Ataturk, il padre della patria, colui che qui viene considerato eroe nazionale a lui si deve infatti la repubblica turca, uno stato moderno e laico che dagli anni 30 ha preso il posto di un retroterra politico e culturale arretrato.
Dopo alcuni controlli di sicurezza ci appare un edificio squadrato e imponente, preceduto da una gigantesca piazza, che attraversiamo proprio mentre ha luogo il cambio della guardia. Saliamo i gradini ed entriamo nell’edificio principale in cui una folla in piedi in rispettoso silenzio rende omaggio alla salma nel sarcofago di pietra. All’improvviso una voce inizia ad intonare l’inno nazionale, seguita subito da altre ed altre ancora che ben presto diventano un coro all’unisono, fortissimo e toccante. Uscendo dalla sala, Cem è visibilmente emozionato e ci rivela con preoccupazione il momento complicato del suo paese, che si sta sempre più allontanando dalla visione laica di Ataturk per avviarsi in maniera decisa verso uno stato di tipo islamico.
Dopo pranzo nuovo spostamento in pullman per arrivare a Nevsehir in Cappadocia, a 1300m, con sosta al lago salato di Tuz Golu, un Salar di Uyuni in miniatura, pieno di turisti cinesi che si fotografano nelle pose più assurde, ma comunque un luogo caratteristico che vale la pena vedere. Il cielo limpidissimo, che ci accompagna da alcuni giorni, crea un bel contrasto con la distesa bianca di sale e pure il nostro gruppo si fa immortalare volentieri. Cammin facendo il territorio diventa sempre più desertico, con montagne colorate da minerali rossi, bruni e verdastri ed inizia a comparire sullo sfondo la sagoma del vulcano Hasan. Fanno capolino anche i primi “camini delle fate”, le curiose formazioni coniche di tufo, segno inequivocabile che stiamo entrando nella mitica Cappadocia!
Ci sporgiamo per fotografare avidamente dal finestrino ma Cem ci rassicura, avremo tutto il tempo nei prossimi giorni di ammirare e fotografare comodamente queste particolari formazioni geologiche, le cui forme insolite si devono all’erosione nei millenni da parte degli agenti atmosferici, che hanno scolpito le valli e la tenera roccia di questa regione, che anche l’uomo ha usato come dimora, scavandovi case e rifugi sotterranei.
Ora cena e a letto presto, domattina ci aspetta la levataccia alle 4 per l’imperdibile volo in mongolfiera sui camini delle fate!
22 Settembre, un manipolo di facce assonnate sui divanetti della hall sta consumando la frugale colazione offerta dall’addetto di Kapadokia Balloons, l’agenzia che gestisce le gite in mongolfiera, in attesa della partenza col pulmino. Giorgio è perplesso “ ie’ a famo o nun ie’ a famo?” si domanda, pensando all’intrinseca pericolosità del volo. “ Stai tranquillo Giò”, interviene la moglie Gabriella, “ Sarà bellissimo, guarda, si sono persino convinte Maria e Mirella a partecipare!” Marica non sta nella pelle e pure Esther, che in quanto a coraggio batte tutti noi.
Barbara si alza in piedi, “ Ecco ragazzi è arrivato il pulmino!” . Il gruppo sale a bordo e iniziamo a muoverci seguiti da altri pulmini che si uniscono a quelli di tutti gli alberghi della zona. Sobbalzando su una stradina polverosa la lunga colonna confluisce in un pianoro buio in cui si notano strane sagome scure adagiate al suolo. Sono le mongolfiere sgonfie, ne contiamo una decina, ma abbiamo il sospetto che il buio ne nasconda molte di più. Capiamo qual è la nostra e scendiamo in attesa di ordini quando una fiammata illumina il pallone che rivela il suo colore giallo e lentamente lo gonfia spostandolo in verticale. Tutto intorno sta accadendo la stessa cosa. Mirca e Dante osservano attentamente il nostro capitano che ci da tutte le istruzioni per salire all’interno del grande cestello ( ci stanno una ventina di persone ) e come rimanere in equilibrio in caso di atterraggio brusco.
Il decollo è assolutamente silenzioso e immobile, ci accorgiamo di essere partiti solo guardando in basso il nostro autista che ci saluta e diventa sempre più piccolo. “ Guarda che robba!”Giorgio sta scattando a raffica col suo tele e mi rendo conto che le mongolfiere saranno almeno un centinaio, si stanno alzando tutto attorno, sembrano tante lanterne cinesi…magnifico! Il paesaggio comincia a corrugarsi e a diventare lunare, di colore grigio chiaro nel cielo metallico dell’alba, ci scambiamo sguardi increduli ed entusiasti. Un sonoro crepitio della fiamma che alimenta la mongolfiera rompe l’incanto e solleva il nostro mezzo ancora più in alto mostrandoci il sole che sorge dietro un gruppo di nubi rosso rubino, alcuni palloni si sollevano accanto e sotto di noi, vicinissimi, altri quelli più distanti, sono gocce nere in controluce che si proiettano su una sottile falce di Luna calante. Ci dimentichiamo del freddo.
Ora voliamo a bassa quota, stiamo entrando in una valle piena di pinnacoli che quasi sfioriamo, grazie all’abilità del pilota, spesso in comunicazione via radio coi suoi colleghi in volo. Marica vede una volpe sul terreno che ci guarda perplessa e poi scappa furtiva. Il sorvolo dei camini si ripete alcune volte, con sapienti manovre e misurati dosaggi dell’aria calda che ci cullano tra il tufo levigato e alberelli da frutto.
Un’ultima rapida ascesa sulla Valle delle Rose ora illuminata magnificamente dal sole e poi la nostra mongolfiera si adagia dolcemente sul carrello collegato al nostro pulmino che ci ha seguito per tutta la trasvolata, un atterraggio perfetto! Usciti dal cesto di vimini aiutati dal personale, ci attende un brindisi con spumante e torta offerti dall’organizzazione e l’attestato per ciascuno di noi dell’avvenuto volo in mongolfiera. “Ammazza che spettacolo!”è il commento finale di Giorgio. Già, è stata proprio un’esperienza unica, magica, che vale assolutamente la pena fare.
Torniamo quindi soddisfatti al nostro Ramada Hotel Cappadocia per una seconda e più abbondante colazione e rivediamo Cem, che ci accompagna al museo all’aperto di Goreme, un eccezionale complesso monastico di chiese e cappelle rupestri scavate nel tufo nella valle omonima, risalenti ad un periodo tra il X e il XIII secolo. Nella consueta calca di turisti visitiamo le chiese di S.Basilio, del Melo, di S.Barbara, del Serpente e la chiesa Oscura, ognuna col suo patrimonio di decorazioni e affreschi, nonché sito dell’Unesco.
Poi è la volta di Kaymakli, la più grande delle 36 città sotterranee presenti in Cappadocia .
Cem ci chiede diverse volte se abbiamo veramente intenzione di scendere fino a 43 m di profondità lungo stretti e scivolosi cunicoli vista l’età di alcuni dei partecipanti, ma il nostro è un gruppo tosto, che non si lascia spaventare per così poco! In effetti il primo corridoio è piuttosto difficoltoso con momenti in cui si è costretti a camminare in ginocchio a 4 zampe e l’oscurità potrebbe generare un senso claustrofobico, ma tutti simulano indifferenza, dietro di me Dante, perfino ride e canticchia.
Finalmente possiamo alzarci in piedi in uno spazio più ampio, Cem si asciuga il sudore sulla fronte ed inizia a raccontarci che questa città fu scavata in un periodo che va dal VI al X secolo attorno ad un camino d’aerazione che consente una buona ventilazione. Ci sono stanze, cappelle, silos, celle e ci mostra grosse pietre rotonde simili a ruote, con cui venivano chiusi gli ingressi principali durante gli attacchi nemici, per resistere anche 6 mesi all’assedio grazie alla quantità di viveri qui nascosti.
Risaliamo ed andiamo a mangiare in un caratteristico ristorante, scavato nel tufo accanto ad alcuni camini delle fate, presso la valle di Avcilar in cui ci soddisfano in particolare i dolci: il Baklava, un dolce tipico a base di miele e frutta secca e il Balli Yogurt, la torta soffice allo yogurt.
Ci spostiamo poi alla Valle dei Piccioni, per la felicità di Dante, allevatore di piccioni viaggiatori e qui nelle rocce di un grande canyon fiancheggiato da profondi calanchi, si possono notare una gran quantità di fori scavati nella roccia per attirare questi uccelli. Anche oggi si contano tantissimi piccioni. Secondo la leggenda un umano si innamorò di una fata che viveva qui, ma essendo un amore proibito, furono condannati a morte. La regina delle fate impietosita li perdonò, ma trasformò tutte le fate in colombe, in modo che non si ripetesse più un fatto del genere.
Ci fermiamo presso un negozietto di souvenir che ha addobbato un alberello con tantissimi ciondoli blu portafortuna, i cosiddetti “ occhi di Allah”. In lontananza notiamo lo sperone di roccia su cui si arrampica il paesino di Uchisar e proprio lì andiamo a prenderci un tè su un terrazzo all’aperto, con lo sfondo della Fortezza, scavata nella roccia vulcanica disseminata di gallerie e finestre. Una sosta anche in una boutique di gemme preziose tra cui spiccano il turchese e la sultanite, poi in questa giornata infinita, ci attende un altro importante appuntamento, quello con i Dervisci Rotanti!
I Dervisci sono seguaci del Sufismo, una interpretazione dell’Islam e del Corano, basata sull’amore, la tolleranza, l’auto disciplina e la responsabilità. In particolare parteciperemo ad una cerimonia religiosa chiamata Sema, presso una loro sede, un’ampia sala con soffitto basso e posti a sedere tutto attorno. Nella penombra arrivano i Dervisci, preceduti dal monaco superiore, perfettamente somigliante al nostro vecchio compagno di viaggi Maurilio.
Alcuni si siedono con tamburi ed altri strumenti musicali ed accompagnano le prime litanie con elogi al Profeta poi iniziano le rapide e continue rotazioni dei Dervisci su se stessi che li hanno resi così famosi e che si dice li conducano in una sorta di trance mistica. Questa cerimonia vuole infatti rappresentare un viaggio soprannaturale, l’ascesa spirituale dell’uomo che ha raggiunto un livello più alto di perfezione e nella rotazione trova la sua giusta collocazione nell’universo, in cui tutto ruota, dalla più piccola particella, ai pianeti, alle galassie… Capisco come mai questi mistici siano così cari al cantante Franco Battiato, tuttavia, vuoi la lunghezza della cerimonia, vuoi la giornata impegnativa, vuoi la semioscurità, alcuni sprofondano in un deciso sonno.
Al termine di questa esperienza interessante, ci rechiamo in visita ad una bottega di ceramiche, bellissime e raffinatissime, poi, un ultimo importante appuntamento, le osservazioni astronomiche serali, dopo cena. Cem ha trovato un luogo adatto ad una mezz’ora dal nostro hotel, su uno spiazzo sterrato accanto ad una strada secondaria, con ampia visibilità del cielo. Purtroppo, l’inquinamento luminoso verso l’orizzonte si fa sentire, tuttavia si può tentare qualcosa, la Via Lattea allo zenit è ben visibile. Dopo un doveroso ripasso delle costellazioni estive con il laser verde, invito la platea ad osservare col fedele Dobson da 25 cm la galassia di Andromeda, molto bella e luminosa e l’ammasso doppio del Perseo, che entusiasmano Cem. Pure Giorgio con il suo binocolo stabilizzato si dà un gran da fare.
Un’occhiata all’azzurra Vega e alla gialla Arturo, poi un insolito andirivieni di auto, con fari che disturbano le osservazioni, induce la nostra guida a cercare un altro posto meno trafficato, si risale a bordo e poco dopo ci accorgiamo di trovarci sulla stradina sterrata che conduce alla partenza delle mongolfiere, la spianata però ora è deserta, ci fermiamo accanto ad un piccolo punto di ristoro a cui facciamo spegnere le poche luci accese. Dove eravamo rimasti? Sì, la nebulosa della Lira, la famosa M57 era quello il prossimo obiettivo, che viene prontamente inquadrato e osservato con curiosità dal nostro gruppo in fila all’oculare.
Quel piccolo anello di fumo, anche se osservato centinaia di volte, è sempre affascinante, così come l’oggetto successivo, la nebulosa planetaria M 27, nella Volpetta. Proprio in quel momento si palesa un cane vicino al telescopio, quasi volesse anche lui osservare. Cem divertito, lo battezza M27!
A questo punto, anche se la stanchezza è veramente tanta, provo a puntare la piccola cometa Jacques, che dovrebbe essere visibile di decima magnitudine tra la Volpetta e l’Aquila.
La cosa è piuttosto difficoltosa, la magnitudine ed il fondo cielo un po’ chiaro non aiutano, tuttavia ad un certo punto mi pare di vedere qualcosa con l’oculare da 40mm, un piccolo batuffolo sfumato azzurrino, provo ad aumentare l’ingrandimento ma mi si sposta il telescopio e ripuntarla diventa un’impresa. Decido di gettare la spugna e tentare la conferma definitiva dell’oggetto la prossima serata utile. Ora tutti quanti chiedono un meritato riposo, soddisfatti per quest’ultima chicca di una giornata indimenticabile.
23 Settembre, un’altra splendida giornata di sole ci conforta nella discesa alla Valle di Ihlara, detta anche Peristrema, molto verde, che si estende per 14 Km seguendo il corso del fiume Melendiz Suyu, fortunatamente e per la prima volta senza turisti. Scendiamo la lunga scalinata tra alberi di pistacchio, fino alla base in cui si trova la chiesa rupestre “Sotto l’albero”, dedicata a S.Daniele. Percorrendo un sentiero sulle rive del fiume, Cem ci fa notare i due villaggi trogloditi di Selime e Belisirma, scavati nelle vertiginose pareti del canyon e anche qui si scorgono colombaie, col fitto reticolo di cellette per l’allevamento dei piccioni.
Visitiamo poi un’altra chiesa, quella del Serpente, con begli affreschi fra cui spicca quello del Giudizio Universale e la successiva dei Giacinti. Una breve sosta per un succo di melograno distesi sui cuscini di una bassa palafitta sul fiume e completiamo il percorso tra alti alberi di pioppo e olivastro fino all’arrivo al ristorante, anch’esso su palafitte, in cui gustiamo la salatasi, una crema a base di melanzane accompagnata da carne.
Dopo una sosta ad un negozio di tappeti in cui un curioso personaggio cerca di venderci le sue migliori opere purtroppo inutilmente, Cem ci riserva le ultime due spettacolari valli della Cappadocia, quella di Dervent e di Pasabagi detta anche dei Monaci. Migliaia di anni fa, in seguito alle eruzioni dei vulcani Erciyes e Hasan, questa regione fu ricoperta da cenere, che compattatasi diede origine al tufo, modellato e sagomato in forme particolari dall’erosione. Il nome camini delle fate si deve alla leggenda che considerava i camini, le abitazioni di esseri fatati che vivevano nel sottosuolo. I più caratteristici, sono quelli sormontati da blocchi di roccia più dura e scura a forma di cappello, che troviamo proprio in queste due valli.
Nella prima notiamo anche altre bizzarre sculture naturali, come “il cammello”ed altri animali, nella seconda file e file di alti camini, delle più varie dimensioni, in gruppi da 3 , 4 o più, ci si offrono stupendamente al tramonto, prima da un punto panoramico, poi da vicino, passeggiando proprio in mezzo ad essi.
Di ritorno all’hotel ci fermiamo un attimo al paesino di Goreme, quasi un presepe, nella luce violacea e particolarissima del tramonto avanzato.
Il giorno successivo 24 Settembre, ci svegliamo sotto un cielo grigio, dobbiamo fare diversi km in pullman per arrivare alla prossima meta, la città di Konya, con la tappa intermedia del Caravanserraglio di Sultanhani, lungo l’antica Via della Seta, un punto di sosta delle carovane che transitavano in queste zone tra il 1200 e il 1300. Molto ben conservato, è costituito da un cortile centrale e portici con diverse sale buie con al centro una piccola moschea a due piani, in fondo si trova un’immensa sala che era destinata agli animali.Pranziamo poco dopo in un antico edificio adibito a ristorante e qui ritrovo il succo di ciliegia provato per l’ultima volta in Bulgaria 20 anni fa.
Nel primo pomeriggio siamo a Konya, città santa dell’Anatolia e meta di pellegrinaggio. Qui visse il poeta mistico persiano Gialal ad-Din Rumi, detto Mevlana, che proprio qui fondò l’ordine dei Dervisci rotanti, ma Konya fu anche capitale del Sultanato Selgiuchide di Rum. Il sole torna ad illuminare il paesaggio quando entriamo al mausoleo di Mevlana, dominato da cupole verdi e turchesi ed ospitante un interessante museo di arte islamica, una moschea ed un ampio cortile interno in cui si affacciano le celle dei monaci oggi trasformate in museo etnografico.
25 Settembre, siamo di nuovo in partenza abbandonando il bellissimo Anemon Hotel di Konya in cui abbiamo pernottato, con destinazione Pamukkale. Viaggiamo tutta la mattina con una breve sosta in un autogrill in cui ci viene fatto assaggiare un cucchiaio di yogurt con miele e semi di papavero, corroborante ed energetico. Qui assistiamo per l’ennesima volta alla bella usanza turca del lavaggio dei vetri del pullman da parte di un addetto con tanto di pompa e spazzolone. Dopo il pranzo in cui gustiamo per la prima volta in questo viaggio il famosissimo kebab, arriviamo nel pomeriggio all’altrettanto famosa località di Pamukkale, letteralmente il “castello di cotone”, una serie di spettacolari formazioni calcaree cristallizzate in cascate di calcio all’interno di un grande anfiteatro naturale.
Pamukkale è anche la più importante stazione termale della Turchia, che attrae una quantità inverosimile di turisti. Al nostro ingresso infatti nugoli di russi in costume da bagno si affollano sul sentierino che costeggia le rovine dell’antica Hierapolis, costruita proprio in questo incredibile luogo da Eumene II re di Pergamo, semidistrutta da diversi disastrosi terremoti e mai più ricostruita. Qui, ci dice Cem, fu martirizzato anche l’apostolo Filippo e poco più avanti sorgono le rovine di uno splendido teatro. A quel punto la nostra guida ci lascia tempo libero per gustarci in tranquillità un bagno alle terme, oppure per passeggiare scalzi nell’acqua bassa e calda di queste piscine calcaree.
Viste da vicino sono veramente notevoli, di un bianco abbacinante complice il cielo blu limpidissimo: un gioco di terrazze sovrapposte con vasche tra loro comunicanti, in cui l’acqua che sgorga da sorgenti a 35°e ricchissima di calcio, ha depositato quest’ultimo in bianche scogliere, cascate di acqua pietrificata che sembrano panna montata e stalattiti di travertino. Anche questo è un altro luogo che meritava assolutamente di essere visto. E pensare che fino agli anni ‘90 l’acqua di queste sorgenti veniva catturata dalle piscine termali degli hotel , che avevano finito per svuotare queste particolari vasche e solo dopo l’inserimento del luogo nel patrimonio dell’Unesco, alcuni hotel sono stati demoliti e le vasche si sono tornate a riempire.
Passeggiamo a lungo coi piedi a mollo sul fondo scivoloso, nell’aria tiepida del tardo pomeriggio, accompagnati dalle note di qualche lontano Muezzin, mentre lo sguardo si perde in lontananza lungo le valli e le montagne all’orizzonte. Raggiungiamo Esther, Mirca e Dante che si sono concessi qualche bagno alle terme, con fondali unici da cui spuntano le antiche colonne di Hierapolis, poi scendiamo in pullman alla base dell’anfiteatro di calcare per vederlo diventare rosa alla luce del tramonto. Infine giungiamo al nostro Doga Thermal Hotel, il più spettacolare e moderno hotel di tutto il tour, che ci ha visto collezionare una serie di sistemazioni veramente al di sopra delle aspettative.
Per concludere degnamente un’altra giornata storica Cem ci ha organizzato le osservazioni serali, accompagnandoci nel luogo più buio possibile della zona, compatibilmente con l’alta concentrazione di hotel e luci. Siamo vicini ad un cimitero, quindi sicuramente un luogo tranquillo e poco frequentato di sera, predisponiamo la strumentazione accanto al pullman e col Dobson punto le Pleiadi, che stanno sorgendo dietro al “castello di cotone”di Pamukkale e successivamente Albireo, la stella doppia che entusiasma Cem per la vistosa differenza di colore delle due componenti, una gialla e l’altra azzurra. Poi il globulare M15 in Pegaso, luminoso e concentratissimo e quindi un nuovo assalto alla cometa Jacques.
Dopo svariati tentativi rivedo e confermo il batuffolo della sera precedente, per cui invito tutti all’oculare per questa importante anche se difficile osservazione. A quel punto tento anche un oggetto mai visto, la galassia ellittica nana NGC 147, che si trova in Cassiopea, ma che fisicamente orbita attorno alla galassia di Andromeda. La magnitudine è di 9,5 e le dimensioni 15’X 9’, ma è comunque un oggetto molto debole e sfumato che pochi riescono ad intravedere. Dante si impegna tuttavia non ce la fa. “ Questa volta è troppo difficile!”ammette. Terminiamo le osservazioni con Capella bassa ad est, poi torniamo soddisfatti in hotel.
Il mattino del 26 Settembre abbandoniamo la zona di Pamukkale passando per il paesino di Sarayloy, in cui notiamo diverse bottiglie sui tetti delle case, un’usanza ci dice Cem, con cui le famiglie segnalano che in quella casa c’è una ragazza da sposare. Ci attende quindi un importante appuntamento archeologico, la visita del sito di Aphrodisia. All’arrivo il nostro gruppo viene fatto salire su un carretto trainato da un trattore che ci deposita all’ingresso del sito, immerso nel verde e pieno di gatti, con cui Mirca familiarizza subito. Dopo una breve passeggiata ci troviamo di fronte al tempio di Afrodite, bellissimo e solitario, in una delle più suggestive cornici naturali dell’entroterra Egeo. L’atmosfera è resa ancora più magica dall’assenza di turisti, è mattino presto, una bella giornata di sole.
Col supporto prezioso di Cem visitiamo l’intera area archeologica, dalle Terme di Adriano , al Teatro, all’Agorà, fino al gigantesco Stadio, sempre fra scorci bellissimi con alberi e montagne in lontananza, capaci di rievocare il fascino e gli splendori di un tempo. Visitiamo anche il museo che ospita importanti reperti greci, romani e bizantini poi ci fermiamo a pranzo in un ristorante nelle vicinanze del sito, allietati da un menestrello locale.
Completiamo la full immersion archeologica nel pomeriggio con la visita di Efeso, uno dei centri più importanti del Mediterraneo in epoca greco-romana, in cui purtroppo ritroviamo ad attenderci il turismo di massa. E’ senz’altro un luogo molto bello e ben conservato, con monumenti unici come il Teatro e la Biblioteca di Celso, collegati dalla Via di Marmo, in cui passeggiamo sul far del tramonto.
Cem è inesauribile e ci racconta nei minimi dettagli quasi ogni pietra che troviamo sul nostro percorso, per esempio su alcune sono incisi simboli e scritte che rappresentavano codici segreti con cui si incontravano e scambiavano informazioni i primi cristiani. E’ un vero peccato, continua Cem, che oggi non si possa ammirare il grandioso Tempio di Artemide, quella che fu una delle 7 meraviglie del mondo antico, di cui oggi rimane un’ultima colonna, vicino alla basilica di S.Giovanni, dopo che nei secoli questo andò in rovina e fu utilizzato come cava di pietra.
Terminiamo le visite con la Chiesa della Vergine, sulla Via Arcadiana, che conduceva al porto ( un tempo il mare era più vicino), ricavata da un preesistente edificio romano del II secolo e quindi raggiungiamo il nostro Le Bleu Hotel a Kusadasi sul Mar Egeo, il tempo sta volgendo al brutto e di notte vento forte e temporali alzeranno decisamente il moto ondoso.
27 Settembre, è il nostro ultimo giorno di permanenza in Turchia, che inizia con un cielo piovigginoso e con la visita della “Casa della Madonna”, sulla collina degli Usignoli, un Santuario costruito su quella che si ritiene fosse la casa in cui visse gli ultimi anni la Vergine Maria prima di ascendere al cielo. Questo luogo fu trovato sulla base delle descrizioni della mistica tedesca Anna Katharina Emmerick e nel 1898 alcuni ricercatori austriaci scoprirono qui un edificio rettangolare in pietra le cui fondamenta risalivano effettivamente al I secolo. E’ un luogo meta di pellegrinaggio e come tale pieno di negozietti di souvenirs religiosi ed anche di una quantità incredibile di ex-voto, foglietti bianchi con preghiere che riempiono letteralmente un lungo muro. Entriamo nella “casa” ed un silenzio raccolto e commosso ci accompagna.
Abbandoniamo questo luogo particolare, miracolosamente risparmiato da un incendio che nel 2006 ha devastato i boschi circostanti e ci dirigiamo ad un altro luogo altrettanto particolare, il villaggio di Sirince, uno dei pochi luoghi destinati a salvarsi il 21 Dicembre 2012, il giorno della “fine del Mondo” delle profezie Maya, che ha attirato in quel periodo ben 60.000 persone, per la felicità degli albergatori e ristoratori…
Questa sua particolarità si deve secondo gli esperti, all’energia positiva sprigionata dalla casa della Madonna che si trova a breve distanza e che genera una benefica protezione sul villaggio. Tuttavia, nel corso della visita, la cosa che risalta di più sarà la gran quantità di osterie e taverne, per cui, su consiglio di Cem, non ci lasciamo sfuggire un aperitivo in un tipico localino, in cui ci vengono fatti assaggiare almeno una decina di liquori, di cui i più buoni si rivelano quello alle more e alle ciliegie.
Un po’ di relax in albergo,un’ ultima cena con lettura astrologica dei Tarocchi da parte di Barbara ed il giorno dopo si conclude anche questo viaggio, che ci ha fatto conoscere le mille sfaccettature di questo paese e ci invita a tornare per concludere il tour nella sua parte orientale, più misteriosa e astronomicamente interessante, sperando che la situazione politica torni tranquilla e di avere con noi ancora Cem, una guida semplicemente perfetta!
LE FOTO SONO DI: Massimiliano Di Giuseppe, Esther Dembitzer e Marica Draghetti
Al prossimo viaggio VOGLIO andaeci con voi…in partenza per la Turchia avrei avuto piacere di condividere questa esperienza con voi!
Il prossimo viaggio in Turchia lo faremo dal 25 Settembre al 6 Ottobre, altrimenti ad Abu Dhabi e Dubai per la prossima eclisse anulare di sole, ti aspettiamo!