di Massimiliano Di Giuseppe
E’ dal 27 Settembre 2017, giorno della sua apertura, che ero tentato di partecipare ad una interessantissima mostra dedicata alle imprese spaziali a Lambrate (MI) presso lo spazio eventi Ventura. Si chiama NASA – A Human Adventure, ed è prodotta dalla John Nurminen Events in collaborazione con AVATAR ed ha già affascinato nel suo tour mondiale iniziato nel 2011, milioni di visitatori perché concepita per adulti e bambini. La mostra è un viaggio di conquiste e di scoperte che si estende per 1500 metri quadri, tra razzi, Space Shuttle, Lunar Rover, Simulatore di centrifuga spaziale, in un percorso didattico ed emozionante, scientifico e immersivo, che va dal primo lancio nello spazio ai giorni nostri e che presenta circa 300 manufatti originali provenienti dai programmi spaziali NASA, la maggior parte di essi in prestito dal Cosmosphere International Science Education Center e dal Kansas Space Museum e dal U.S. Space Rocket Center, molti dei quali sono stati nello spazio.
Gli impegni tuttavia si susseguono e si accavallano e decido solo a fine anno di provare ad organizzare una visita assieme a Robintur per raccogliere quanti fossero interessati all’evento. Alla fine solo mia moglie e la compagna di viaggi astronomici Elisabetta Stepanoff si mostrano interessate per cui decidiamo di prenotare in autonomia il 3 Marzo. Uno dei curatori della mostra è l’esperto di missioni Apollo Luigi Pizzimenti, con cui da tempo ci sentiamo per collaborazioni su eventi scientifici e lo contatto per avere lui come guida. Mi risponde affermativamente e ci diamo appuntamento direttamente alla mostra.
Di buon mattino, il 3 Marzo, in una giornata fredda e umida ( è da qualche giorno che le temperature sono sotto lo zero e nel nord Italia , Ferrara compresa, è comparsa la neve), in compagnia della moglie Arianna Ruzza ci dirigiamo a Lambrate. Parcheggiata l’auto proprio di fronte alla’entrata della mostra andiamo a far colazione in un vicino bar in attesa dell’apertura. Siamo i primi e ci incontriamo quasi subito con Elisabetta, che abitando a Milano non poteva perdersi l’evento. Ci salutiamo e una volta fatti i biglietti attendiamo Luigi assieme ad un gruppetto di una quindicina di persone.
Dopo qualche minuto Luigi fa il suo ingresso e ci si saluta pronti per iniziare la visita. “ Ero al telefono poco fa con Emanuele Cambiotti! “ mi dice ricordando il comune amico e compagno di viaggi astronomici. Iniziamo così la visita delle 6 sezioni che compongono la mostra, venendo catapultati in una delle storie più affascinanti e ambiziose dell’uomo: la scoperta dello spazio! Qui si può constatare da vicino fino a dove è in grado di spingersi l’uomo e quanto riesce a evolversi nell’arco di solo 60 anni…
Nella prima sezione è presente una passerella in metallo, la”Gantry Entrance”, una sorta di corridoio, replica del ponte mobile che collegava a circa 100 metri di altezza il razzo lunare Saturn V con la mitica rampa di lancio di Cape Canaveral, il famosissimo centro della NASA in Florida, visitato dal sottoscritto nell’Aprile 2011. E’ attraverso questo ponte mobile che gli astronauti sono saliti a bordo del Modulo di Comando del Saturn V e hanno iniziato il loro viaggio per la Luna. La passerella, ci rivela Luigi, era utilizzata anche per rifornire la navicella spaziale del carburante e di tutto il necessario alla vita nello spazio.
Attraverso la passerella gli astronauti passavano dall’atmosfera esterna alla white room ad atmosfera controllata, una delle ultime preparazioni prima di attaccarsi al sistema che c’è a bordo di ogni navicella. Questo corridoio ci porta nella “Sala dei Sognatori”, la seconda sezione, perché in fondo qualsiasi missione inizia da qui: da chi sognava di andare nello spazio!
In questa sezione si racconta come per migliaia di anni il cielo notturno sia stato il “propulsore” dei sogni e si dà conto del lavoro di scrittori e artisti che hanno anticipato con la loro immaginazione la visione dello spazio e la sua conquista ed hanno contribuito con le loro opere a rendere i viaggi spaziali una realtà. La luna e le stelle son state fonte di ispirazione per la mitologia, la creazione di divinità e di misteri di ogni sorta, raccontati da scrittori e artisti. Già Luciano di Samosata nel secondo secolo a.C., si era immaginato un viaggio sulla Luna e l’incontro con forme di vita extra terrestri. Ma solo dopo la metà del XVI secolo, con le scoperte di Copernico e Galileo, gli scrittori son stati in grado di coniugare la fantasia con la scienza. Nel XIX secolo il francese Jules Verne non solo si è immaginato viaggi spaziali ma ha perfino anticipato metodi e tecnologie del tutto simili a quelli usati più di un secolo dopo. Un altro scrittore dell’800, l’inglese H.G. Wells ha immaginato i viaggi spaziali nel racconto “The First Men in the Moon”.
Accanto agli scrittori, parecchi artisti si sono cimentati su come potessero apparire gli altri pianeti. Come i disegnatori francesi Jules Férat e Édouard Riou che illustrarono le opera di Verne.
Nel ventesimo secolo poi, l’americano Chesley Bonestell ha cerato immagini stilizzate dello spazio che sono state di supporto al programma spaziale americano. E l’artista americano Robert McCall ha lavorato per più di 30 anni sul tema spaziale creando opera di grande impatto. Queste persone hanno contribuito con le loro opere a rendere i viaggi spaziali una realtà. Lo stesso astronauta italiano Maurizio Cheli è stato molto ispirato da Jules Verne, ma anche dal fumetto “Tintin sulla Luna”.
In questa sezione, poi, è possibile vedere tutte le scoperte che sono state fatte durante la seconda Guerra Mondiale ad esempio scoperte sensazionali in ambito di tecnologia aeronautica, dai motori dei jet a quelli spaziali e come dagli anni ‘50 in poi il sogno dello spazio abbia cominciato a tramutarsi in realtà. Alzando lo sguardo al soffitto ammiriamo la ricostruzione fedele dello Sputnik, che, lanciato il 4 ottobre 1957, trasmise segnali alla Terra per 21 giorni fino a che le sue batterie non andarono in avaria, finendo con il disintegrasi il 4 gennaio dell’anno dopo.
Il lancio dello Sputnik fu un evento di enorme portata mondiale e generò la sfida per il primato nei voli spaziali che divenne uno dei capitoli della Guerra Fredda e si protrasse per quasi due decenni.
Lo Sputnik ha dato inizio alla cosiddetta “Corsa allo spazio” (che è il titolo di questa sezione della mostra) , fu un pioniere nel senso stretto del termine, rappresentando il primo anello di una catena di eventi che prolungarono la nostra idea del mondo oltre i confini della Terra. Nessuno degli straordinari sviluppi e progressi si sarebbe concretizzato senza questo primo, storico veicolo spaziale.
Si passa quindi alla sezione “Pionieri”, dove vediamo le immagini e le creazioni dei progenitori della moderna tecnologia spaziale, quali il russo Konstantin Tsiolkovsky, un matematico che pubblicò il primo testo sui viaggi spaziali nel 1903 e trattò anche temi quali il design e la propulsione per i quali è considerato a tutti gli effetti il “padre” dei voli spaziali, o il fisico tedesco Hermann Oberth che nel 1923 pubblicò la sua tesi di dottorato nella quale anticipava il corso delle ricerche spaziali e prese parte alla creazione del V-2, il primo missile balistico a lungo raggio
Mentre continua la spiegazione, Luigi ci indica i frammenti originali di un missile V-2 lanciato, sviluppato all’inizio della seconda guerra mondiale, la propaganda nazista lo presentò come un’arma di rappresaglia concepita per reagire all’intensificarsi dei bombardamenti degli Alleati sulla Germania. Venne principalmente utilizzato contro bersagli situati a Londra e ad Anversa. Tra settembre 1944 e marzo 1945, i tedeschi lanciarono circa 3000 V-2 che, secondo le stime, uccisero 7.200 persone tra militari e civili. Un aspetto tragico della storia dei V-2 è che un numero ancor maggiore di persone nei campi di concentramento tedeschi perse la vita lavorando alla produzione di queste armi. Il missile V-2 è il progenitore di tutti i razzi moderni. Oberth si trasferì poi negli Stai Uniti lavorando alla Nasa.
Luigi ci parla anche dell’ingegnere sovietico Korolev, l’analogo di Von Braun per la Nasa e di come la sua morte prematura sia stata probabilmente la vera causa del superamento dei russi da parte degli americani nella “corsa allo spazio”.
Sempre in questa sezione, adagiato in orizzontale è esposto (in scala 1 a 10) uno splendido modello del Saturno V, costruito dall’associazione ADAA di Luigi, un veicolo di lancio a tre stadi alimentato a propellente liquido, sviluppato nel quadro del programma di esplorazione lunare del Progetto Apollo, l’unico veicolo di lancio capace di trasportare esseri umani al di là dell’orbita terrestre bassa.
Dopo le fantastiche missioni lunari che hanno incollato alla TV 900 milioni di persone , il Saturno V successivamente è stato usato per il lancio dello Skylab, la prima stazione spaziale americana. La NASA ha impiegato attivamente il Saturno V tra il 1966 e il 1975, portando a termine 13 lanci riusciti dal Kennedy Space Center di Cape Canaveral, Florida, senza alcuna perdita di vite o di carico utile. Il Saturno V resta a tutt’oggi il razzo più lungo, pesante e potente mai impiegato attivamente. Le sue dimensioni e la sua capacità di carico utile lasciano ampiamente indietro qualsiasi altro razzo impiegato con successo in un programma spaziale.
Continua a detenere il record del massimo carico utile mai lanciato e della massima capacità di carico utile che sia riuscita a entrare in orbita terrestre bassa, con 120 tonnellate. Toccava i 110,6 metri di altezza con in cima il Modulo di Comando e Servizio (CSM) e il razzo del LES (Launch Escape System), una soluzione d’emergenza per il salvataggio degli astronauti in caso di lancio fallito, e misurava 10,1 metri di diametro, esclusi gli alettoni. A pieno carico di carburante, il Saturno V pesava 2.950 tonnellate.
Il razzo ha lanciato in tutto 24 astronauti verso la Luna (tre dei quali hanno compiuto due viaggi) nei quattro anni che vanno da dicembre 1968 a dicembre 1972. Dodici di loro hanno camminato sulla Luna. Lo sviluppo e i lanci del razzi Saturno V furono enormemente costosi: dal 1964 al 1973, la NASA investì in totale 6,5 miliardi di dollari (circa 47,25 miliardi di dollari di oggi) nel progetto. Per ragioni di bilancio, una volta raggiunto l’obiettivo, addirittura dopo Apollo 13, furono cancellate le missioni Apollo 18, 19 e 20, inizialmente in programma e con equipaggi già decisi, ci rivela Luigi…
Sempre in questa sezione ammiriamo anche le imprese del primo cosmonauta russo, Yuri Gagarin, che portò a termine per primo la sua missione nello spazio nel 1961 e del primo americano Alan Shepard autore di un volo suborbitale. Come ricorda Luigi: “In quegli anni, gli astronauti avevano il 50% delle possibilità di non rientrare più sulla Terra, cosa che oggi sarebbe impensabile”.
L’esplorazione dello spazio è una storia che ha a che vedere anche con l’enorme preparazione fisica e psicologica degli astronauti. Nella successiva sezione “Resistenza”, si può capire come sia cambiato il modo di vivere e lavorare nello spazio. Osserviamo infatti gli oggetti più disparati, dal cibo liofilizzato ai kit personali, ma anche i veicoli e gli strumenti usati dagli astronauti, dalle tute spaziali, i caschi, i guanti ( era difficilissimo piegare le dita ci dice Luigi) ai rover lunari, come il Rover lunare (LRV), presente in mostra a grandezza reale, che è stato un automezzo a quattro ruote ad alimentazione elettrica impiegato nelle tre ultime missioni del Programma Apollo (Apollo 15, 16 e 17) nel 1971 e 1972.
Il Rover lunare veniva portato sulla Luna a bordo del Modulo lunare Apollo e, una volta reso operativo sulla superficie, era in grado di trasportare due astronauti, il loro equipaggiamento e campioni di suolo lunare. Gli LRV ampliarono moltissimo il raggio d’azione degli esploratori lunari. Le precedenti squadre di astronauti erano state confinate in prossimità del punto di allunaggio a causa della difficoltà di spostarsi a piedi con l’ingombro della tuta spaziale e dell’equipaggiamento di supporto vitale necessario nell’ambiente lunare. Il raggio operativo rimase comunque ridotto, per permettere agli astronauti di tornare al Modulo lunare a piedi in caso di avaria del Rover. Senza gli LRV, le principali scoperte scientifiche delle missioni Apollo 15, 16 e 17 non sarebbero avvenute e noi sapremmo molto meno di quel che sappiamo dell’evoluzione della Luna.
Fra le cose notevoli qui esposte non si possono dimenticare anche Il rover lunare sovietico Lunockod 2 del 1973, La copertina di LIFE, dedicata allo “space walk”, il casco delle missioni Gemini e Il kit di sopravvivenza degli astronauti dell’Apollo…
Le esplorazioni spaziali sono una realtà grazie alla tecnologia e prima di essa, alle idee e soluzioni che hanno reso possibile l’impossibile. In questa sezione, “Innovazione”, un ampio e spettacolare salone, rimaniamo a bocca aperta ammirando una serie di incredibili navicelle spaziali, inclusa una replica a grandezza naturale della capsula Mercury, il modulo di comando dell’Apollo, che portò per la prima volta gli esseri umani sulla luna, il leggendario Space Shuttle e il telescopio spaziale Hubble.
Il Progetto Mercury fu il primo programma di volo spaziale umano degli Stati Uniti e fu diretto dalla recentemente costituita National Aeronautics and Space Administration (NASA). Durò dal 1959 al 1963 con l’obiettivo di portare un essere umano in orbita attorno alla Terra, e di farlo prima dell’Unione Sovietica, nel quadro della prima fase della Corsa allo Spazio.
I sette astronauti scelti per il Progetto Mercury divennero noti collettivamente come i “Mercury Seven”. La capsula per la missione Mercury venne prodotta dalla McDonnell Aircraft Corporation. Era conica e poteva accogliere nella sua cabina pressurizzata una sola persona con scorte di acqua, cibo e ossigeno per circa un giorno. Il Progetto Mercury preparò il terreno al Progetto Gemini e al progetto di sbarco lunare Apollo, che vennero annunciati dopo poche settimane dal primo volo spaziale con un uomo a bordo. Secondo le stime, il Progetto Mercury ebbe un costo complessivo di 392,6 milioni di dollari (1,73 miliardi di dollari di oggi) e vi lavorarono 2 milioni di persone.
L’interno del modulo di comando Apollo in mostra è un simulatore per addestramento utilizzato nel Programma Apollo. Contiene i principali pannelli di controllo, ripostigli per le attrezzature, comandi, display, impianti di guida e navigazione e altri impianti del veicolo spaziale e i sedili degli astronauti, oltre a comparti per il cibo e gli equipaggiamenti e un impianto per la gestione e il trattamento dei rifiuti. “Gli astronauti dovevano stare seduti sul sedile per 16 giorni e questo sicuramente non era molto facile”, prosegue Luigi.
Lo Space Shuttle (in mostra con una riproduzione del muso frontale in grandezza reale in scala 1:1) è stato il primo veicolo spaziale orbitante concepito per essere riutilizzato. Ha portato in orbita carichi commerciali, provveduto all’avvicendamento di equipaggi spaziali e al trasporto di forniture per la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) ed eseguito operazioni di manutenzione e riparazione di satelliti. L’orbiter dello Space Shuttle era anche in grado di imbarcare satelliti e altro carico utile in orbita e di riportarli sulla Terra.
Tutti gli orbiter Shuttle vennero progettati per avere una vita utile di 100 lanci o di 10 anni di attività operativa; in seguito, questi parametri vennero sensibilmente migliorati e la loro flotta condusse complessivamente 135 missioni. Lo Shuttle Discovery fu quello che rimase in servizio più a lungo, per oltre 26 anni, con un record di 29 lanci e 364 giornate di servizio effettivo. Altre curiosità che ci racconta Luigi sugli Shuttle sono il fatto che venissero completamente smontati ad ogni missione e che il Canadarm, il braccio meccanico di produzione canadese era molto difficile da manovrare.
Salendo una scaletta apposita abbiamo la possibilità di vedere da vicino il ponte di volo e il ponte di mezzo dove gli astronauti mangiano, dormono e lavorano sugli esperimenti.
Il telescopio Hubble, in mostra in questa sezione, è celebre per le sue notevoli scoperte scientifiche. Si può dire che abbia avviato con sorprendente facilità un boom di relazioni pubbliche nel campo dell’astronomia; è stato costruito dalla NASA con contributi dell’Agenzia Spaziale europea (ESA) ed è controllato dal Goddard Space Flight Center di Greenbelt, Maryland. Prende il nome dall’astronomo statunitense Edwin Hubble. Negli anni ’20 del secolo scorso, Hubble trovò galassie al di là della Via Lattea e scoprì che l’Universo si va espandendo uniformemente. Ha trasmesso centinaia di migliaia di immagini alla Terra, facendo luce su molti dei grandi misteri dell’astronomia. Sono stati pubblicati oltre 10.000 articoli scientifici sulla base di dati forniti da Hubble. Il telescopio è tutt’ora in funzione e ci si attende che rimanga operativo almeno fino al 2020. Il lancio del suo successore, il Telescopio spaziale James Webb JWST, è previsto per il 2021.
Ma non è finita, abbiamo anche la possibilità di osservare un’autentica roccia lunare e di sperimentare una simulazione di volo a “bordo” del Mercury Liberty Bell 7 dove si trovava l’astronauta Gus Grissom. In mostra è infatti presente anche il simulatore “G-Force – Astronaut Trainer” che permette al pubblico di sperimentare una sorta di grande salto adrenalinico, proprio grazie alla forza di gravità generata simulando il training che gli astronauti fanno nello spazio.
Ma la coda di gente a questi ultimi due exhibit ci induce a proseguire oltre. A proposito dell’astronauta Grissom Luigi ci ricorda che venne accusato di aver volutamente o erroneamente azionato il congegno di apertura dell’oblo’ che causò l’affondamento della capsula una volta ammarata, ma egli insistette a negare tali accuse. Solo recentemente è stato stabilito da una commissione, una volta recuperata la capsula dal fondo dell’oceano, che Grissom diceva il vero e che il meccanismo non è stato azionato dall’interno.
Si conclude così questa bella visita di una mostra che, ci ricorda Luigi: “è anche un modo per far conoscere il mondo dello spazio alle nuove generazioni, un mondo che avrà in futuro sempre più richiesta di personale qualificato: non solo piloti e ingegneri, ma anche tecnici, biologi e botanici”.
Lo spazio è la nostra ultima frontiera dove si mettono a punto ritrovati scientifici-tecnologici da impiegare sulla Terra. Lo spazio è quindi il luogo per eccellenza in cui avventura umana e avventura scientifica si fondono in un tutt’uno e l’ambito in cui a ogni missione si sposta sempre più in avanti il limite della conoscenza umana. La mostra coglie perfettamente lo spirito dell’avventura spaziale: trarre dalla storia delle missioni passate nuovi stimoli per quelle future.
Ad una mia domanda sul futuro dell’uomo nello spazio, l’inesauribile Luigi risponde che grazie alle imprese private come Space X di Elon Musk, Blue Origin di Jeff Bezos , la Boeing e Virgin Galactic di Richard Branson si vedrà nei prossimi anni una nuova corsa allo spazio e che se tutto andrà bene dovrebbe portare in tempi brevi l’uomo di nuovo sulla Luna col programma Artemis e si spera in futuro su Marte.
L’avventura continua…