ANTIGUA 1998: All’inseguimento dell’eclisse!
di Massimiliano Di Giuseppe
Dopo un volo di circa dieci ore, il Boeing 737 della Lufthansa si posa sulla pista di St.John’s, capitale dell’isola caraibica di Antigua situata nelle Piccole Antille.
E’ venerdì 20 Febbraio 1998.
Un’aria bollente ci investe appena usciti dall’aereo: è un vero e proprio shock per il nostro fisico, abituato ancora al freddo umido della pianura padana. Anche se carichi di valigie e strumenti e grondanti di sudore, la soddisfazione è grande: è la prima volta che il Gruppo Astrofili Columbia di Ferrara organizza un viaggio per osservare un’eclisse totale di Sole dopo qualche timido tentativo per quelle del 1995 in Thailandia e del 1997 in Mongolia.
Tale viaggio è stato organizzato con la rivista Coelum Astronomia e l’agenzia di viaggi C.T.V. di Ferrara ed i componenti della spedizione, oltre all’autore di questo articolo sono 5: Arianna Ruzza, Michele Bonadiman, Barbara Zappaterra, Alberto Palazzi e Marco Rinaldi.
Dopo un’ora di formalità doganali, un pulmino dell’Hotelplan (il nostro tour operator), ci conduce al Club Antigua, splendido villaggio turistico nella parte centro occidentale dell’isola in cui abbiamo trattamento di all-inclusive. Durante il tragitto attraversiamo la periferia della capitale formata da casette in legno appoggiate su pietre, spesso in precario equilibrio.
I nostri polmoni si caricano di un’aria densa di spezie e profumi dolciastri, mentre le casupole si fanno più rade e lasciano il posto a una vegetazione lussureggiante di felci e palme. Dal balcone delle nostre camere restiamo incantati dal Sole che tramonta nel Mar dei Caraibi, in uno sfavillio di colori dorati e poco dopo ( il buio arriva molto velocemente, siamo infatti ad una latitudine di +17°), la prima stella che vediamo è Canopo, alta sull’orizzonte Sud e di colore bianco verde. Più in alto il diamante splendente di Sirio e quasi allo zenit il gigante Orione con tutta la costellazione dell’Eridano che si snoda dai suoi piedi fino ad Achernar quasi all’orizzonte.
Già questa prima osservazione ci fa passare buona parte della stanchezza dovuta al viaggio e al fuso orario ( 5 ore in meno rispetto all’Italia ): il cielo è nero e pieno di stelle nonostante le svariate luci del villaggio. Il giorno dopo, il 21, il mattino presto veniamo svegliati da un caratteristico cinguettio di uccellini, che dalle 5 iniziano un’assordante e ripetitiva cantilena: “PI, PO, PE!!”. Dopo un’abbondante colazione ci avviciniamo alla spiaggia e lì, ci appare il paradiso terrestre: una sabbia bianca finissima precede un mare azzurro pastello dalle tonalità sorprendenti e al posto degli ombrelloni della riviera romagnola ci sono le palme da cocco e qualche gazebo di paglia. Dopo una giornata all’insegna del completo relax, sul fare del tramonto posiziono telecamera e macchina fotografica per riprendere un eventuale green flash del sole, che tuttavia non avviene.
Dopo cena, con un clima caldo e gradevole, familiarizziamo con le costellazioni australi come Poppa, Carena e Vela e molto evidente ci appare l’asterisma della Falsa Croce del Sud, esattamente a sud alle 21.00, formata da due stelle della costellazione della Carena ( iota ed epsilon Carinae ) e due della Vela ( kappa e delta Velorum ). Sono con noi anche i due astrofili bolognesi Alberto e Marco con cui iniziamo a fare conoscenza.
La domenica 22 è il giorno della gita alla Baia di Nelson, nel sud dell’isola in cui arriviamo, portati da uno spericolato taxista. Ci arrampichiamo fino al promontorio di Shirley Eights da cui si può ammirare una splendida vista della baia, nonchè antiche vestigia spagnole di roccaforti fra cactus e arbusti. In quel momento avviene un dramma, cade dalla scogliera a picco sul mare un obiettivo fotografico di Barbara e lo osserviamo mentre sbatte e si infrange tristemente contro le rocce.
Cerchiamo di consolarla con la musica di una vicina Steel band, un complesso musicale indigeno suonante bussolotti e bidoni perfettamente intonati. Il giorno 23 noleggiamo un van per 6 persone e la guida viene affidata ad Alberto, che ha già sperimentato in passato la guida inglese. Ci fermiamo sovente ogni volta che notiamo una spiaggia degna di essere fotografata e attraversiamo la foresta pluviale all’interno dell’isola estremamente fitta ed intricata con tanto di liane. Arriviamo così alla “Half Moon Bay”, la spiaggia della mezza luna, chiamata così per la perfetta forma a semicerchio.
E’ un posto bellissimo, con una pace e una tranquillità assoluta: siamo praticamente gli unici a parte un cane che procede in una decisa siesta e qualche lontano bagnante.
Su consiglio di Simonetta, la nostra referente di Hotelplan, ci rechiamo a quella che secondo lei è la più bella spiaggia dell’isola. Basta percorrere gli scogli accanto alla half moon bay per una mezz’ora e si arriva alla splendida spiaggia di Rockefeller, che ricorda le Maldive. Qui Alberto diventa ufficialmente il faraone “Albertofi”, sfoggiando un invidiabile turbante e un pareo variopinto.
La giornata, fino ad allora splendida, si rannuvola e facciamo appena in tempo a tornare indietro che comincia a piovere. Decidiamo così di spostarci verso nord ovest al cosiddetto ” Devil’s Bridge”, il ponte del diavolo, una formazione rocciosa a forma di ponte presso una scogliera sul mare.
Il tempo cupo ed il paesaggio ci fanno credere di essere in Irlanda piuttosto che ai Caraibi. Sono ormai le 5 del pomeriggio e decidiamo quindi di tornare al villaggio, fermandoci tuttavia prima a fotografare una strana palude con enormi ciclamini ed altri strani fiori, in una conca simile ad un cratere meteoritico. Dopo la consueta abbondante cena facciamo i preparativi per la nottata osservativa. Carichiamo la strumentazione sul van e abbandoniamo le ragazze, cercando un posto sufficientemente lontano dalle luci del villaggio e dalla capitale con l’orizzonte sud sgombro.
Troviamo una spiaggetta estremamente suggestiva: verso sud est si erge una bassa collina sulla cui sommità si arrocca una specie di nuraghe sardo ( antiche fornaci di cui è disseminata l’isola ).
Ad occhio nudo individuiamo subito due luminosi ammassi aperti nell’asterisma della Falsa Croce: IC 2391 poco ad nord est di delta Velorum, di magnitudine 2,5 e dimensioni 30′ e NGC 2516 di magnitudine 3,3 e dimensioni 60′, che si trova a sud della stella epsilon della Carena. Li ammiriamo poi anche al binocolo 10X50 e successivamente al Dobson da 25 cm autocostruito. Ecco che mentre Canopo tramonta dietro al nuraghe, da est si alzano alcune vistose condensazioni della Via Lattea, una meravigliosa plaga celeste, in cui spicca una nebulosità. Basta una rapida occhiata alle mappe per fugare ogni dubbio: si tratta della celeberrima nebulosa diffusa Eta Carinae contornata da stupendi ammassi aperti; la nebulosa , nota anche come NGC 3372, viene subito presa di mira con il Dobson e già ad ‘una prima occhiata appare enorme, il doppio di M42, occorre cercare i suoi confini muovendo lo strumento e le nubi oscure che la dividono in due parti sono davvero impressionanti.
Utilizzando il filtro nebulare UHC emerge proprio nel suo centro, il ” Buco della Serratura”, un’altra nube oscura dalla caratteristica forma. Le dimensioni di questa eccezionale nebulosa sono 80’X85′ e la magnitudine è 4,5. Bellissimo anche poco ad est l’ammasso aperto NGC 3532 ( dim 60’X30′ e mag.3,4 ), una macchia rettangolare ad occhio nudo che esplode al telescopio in una miriade di stelline, più o meno della stessa luminosità. Il più bello fra gli ammassi aperti visti ad Antigua è sicuramente IC 2581 ( dim 5’ e mag.4,3), visibile con lo splendido binocolo Canon 10X50 prestatomi da Giangi del Columbia come un piccolo batuffolo di luce poco a nord di Etra Carinae, che diventa al telescopio un vero e proprio gioiello con una densità altissima di stelle luminose e di diverso colore.
Per completare il quadretto ecco altri 2 ammassi aperti a est e a sud della nebulosa: il primo è NGC 3114 dim 30′ e mag. 4,5 e poi l’enorme IC 2602 ( dim 70′ e mag 3.0 ), che porta il nome di Pleiadi del Sud a causa della disposizione delle stelle piuttosto simile ad M45. Una rapida occhiata al cielo e mi rendo conto che è veramente nero e pieno di stelle. Si alza il vento e nella tetra atmosfera del luogo in cui ci troviamo, fra le le sagome nere e scheletriche di alberelli bruciati dal sole ecco aggirarsi un personaggio da oltretomba. E’ Albertofi, che per proteggersi dal vento utilizza un mantello bianco che lo fa assomigliare ad un vero e proprio fantasma. Si avvicina all’oculare e ci racconta che quando viveva in Iran, spesso di notte le strade brulicavano di enormi e velenose tarantole…
Prima di scomparire nelle tenebre da’ un’occhiata compiaciuto agli splendidi oggetti celesti, mentre io e Marco scrutiamo il terreno vicino ai nostri piedi, non si sa mai…
A quel punto domando a Michele come mai non fa fotografie e mi risponde che il vento è eccessivo e farebbe traballare la montatura e lo vedo scomparire dentro il van.
Entrano quindi nel campo del telescopio l’impressionante ammasso globulare Omega Centauri, visto la prima volta all’isola di Gran Canaria nel 1992, in occasione della prima spedizione all’estero del Columbia e la radiogalassia Centaurus A o NGC 5128, vista invece bassissima al limite dell’orizzonte nel Marzo dello scorso anno in una spedizione sul Pordoi a 2900 m, organizzata in occasione dell’apparizione della splendida cometa Hale Bopp.
Di lì a qualche minuto Albertofi si precipita verso di me atterrito, asserisce di aver udito un cinghiale rantolare vicino al van. Ci avviciniamo con cautela e scopriamo in realtà Michele che russa sonoramente, steso dentro al veicolo. E’ circa l’una di notte quando da est sorgono la Croce del Sud e la giallissima alfa Centauri, che segnano la conclusione della serata osservativa.
Il giorno dopo 24 Febbraio è all’insegna del più completo relax ed il cielo è di una limpidezza eccezionale. Sdraiati tra le palme osserviamo la sagoma terrificante del vulcano dell’isola di Montserrat che emerge fumando dal mare azzurrissimo. In un primo momento Michele aveva proposto di noleggiare un elicottero per recarci sull’isola ad osservare l’eclisse, ma la cosa si è rivelata improponibile , a causa della pericolosità, dei permessi e del poco tempo a disposizione.
Alla sera ci posizioniamo in spiaggia, proprio davanti al nostro bungalow, con il Dobson e l’attrezzatura fotografica ed è l’occasione per mostrare anche alle ragazze le bellezze del cielo australe. Il giorno successivo ci dividiamo in due gruppi: Michele, Barbara e Marco visitano la capitale mentre io e Arianna ci dedichiamo una gita in catamarano alla vicina barriera corallina.
Purtroppo il tempo è nuvoloso e piovoso e il nome del capitano, Normandia, ben si adatta a questa giornata che non agevola certo il nostro snorkeling. Ritorniamo al tramonto, a dir poco spettacolare, seguiti da guizzanti pesci volanti e ammiriamo assieme al resto del gruppo la sagoma viola del vulcano Montserrat che si staglia all’orizzonte nel cielo rosso.
Arriviamo quindi al giorno fatidico, giovedì 26 Febbraio 1998: il giorno dell’eclisse. Ci svegliamo sotto un cielo variabile che rapidamente volge al peggio, per tutta la mattinata una pioggia insistente e preoccupante ci insinua i primi dubbi su un possibile fiasco della spedizione. Gli acquazzoni si susseguono tra una pausa e l’altra ( un tempo davvero anomalo per questa stagione ), costringendoci a rapide corse per trovare ripari. Ci raccogliamo fradici sotto una capanna ed esaminiamo l’orologio, è quasi mezzogiorno e tra un’ora e 15 minuti inizierà l’eclisse, le nostre facce si fanno tristi e desolate. Mangiamo una pizza all’aperto mentre montiamo la nostra attrezzatura e a sorpresa smette di piovere e il Sole fa capolino fra le nuvole infondendoci nuovo e inaspettato ottimismo. In rapidità monto il fedele Tansutzu 114/1000 con filtro in Mylar e indossiamo gli immancabili occhialini in vendita ormai da giorni nel villaggio. Michele per l’occasione sfoggia anche una carnevalesca maschera di Arlecchino!
Alle 13,20 l’eclisse ha inizio e con una puntualità straordinaria le nubi coprono nuovamente il Sole.
Il breve momento di euforia lascia il posto alla più completa rassegnazione: da Nord est giungono nubi nere e il cielo è ormai quasi tutto coperto. Siamo quasi sul punto di smontare l’attrezzatura, quando Michele prende una delle più importanti ed azzeccate decisioni della sua vita. Avendo notato che verso sud una sottile striscia di cielo sereno era rimasta pressochè invariata ormai da due ore e che sopra di noi le nuvole vorticavano e stazionavano irremovibili, Michele decide che se vogliamo avere una minima speranza di vedere la totalità, dobbiamo tentare il tutto per tutto: prendere un taxi e farci portare a distanza di qualche km in direzione del cielo sereno.
Quando arriva il taxi sono le 13.45 e due turisti scozzesi che hanno avuto la stessa idea si uniscono a noi. Il conducente ci chiede dove ci deve portare e Michele sbotta: “Segui il sole!”
Incredibilmente in 5 minuti ci lasciamo alle spalle le nuvole e un cielo limpidissimo circonda la nostra stella più splendente che mai. Su consiglio dei due scozzesi ci facciamo depositare su una magnifica spiaggia, Turner Beach, in cui altri turisti stanno già scattando foto con i più svariati strumenti e tutte le radio stanno trasmettendo The Final Countdown, il conto alla rovescia al momento della totalità, con in sottofondo la vecchia canzone degli Europe. Sono momenti frenetici, alle 14,10 siamo tutti pronti, le nuvole sono sufficientemente lontane e il Tansutzu ci mostra un Sole ormai coperto per l’80%, una falce che diventa di minuto in minuto sempre più sottile emana gli ultimi bagliori infuocati.
Ci guardiamo attorno sbigottiti mentre si odono in tutta la baia i click delle macchine fotografiche, la luce sta cambiando e tutto il paesaggio assume colorazioni irreali, dal violaceo al verde, è un crepuscolo innaturale e …accidenti il Sole sembra piccolo e lontano, quasi fossimo su un altro pianeta! Regna un silenzio carico di tensione, davanti a noi l’oceano su cui troneggia il vulcano fumante di Montserrat. Si ode solo il rumore delle onde quando lungo tutto l’orizzonte comincia a rendersi visibile una striscia rosa che diventa rapidamente sempre più accesa, smetto di fare foto per dare un’occhiata al Sole: ecco, ci siamo. Si comincia ad udire qualche grido. Il Sole è piccolissimo.
Bastano pochi attimi e tutta la baia esplode in un fragoroso applauso. Sono le 14.36: è la totalità.
Uno spettacolo difficilmente descrivibile, anche noi non riusciamo a trattenere urla di gioia nel vedere il disco nero del Sole circondato da una luminosissima corona a due lobi. Corro al Tansutzu e lo spettacolo si accentua con la visione stupefacente di rosse protuberanze. In quel momento la voce di Arianna rompe l’incanto:” Non so se sto riprendendo…” Ahia! Non so se controllare la telecamera affidata alla consorte o continuare nella contemplazione del fenomeno e propendo per quest’ultimo. Si vedono Venere e Mercurio rispettivamente ad Est e ad Ovest del Sole, immersi nel buio di una notte irreale durata esattamente 2′ 07″, poi fotografo al Tansutzu l’uscita del Sole preceduta da luminosissimi grani di Baily. Alla fine dell’eclisse, alle 15.45 il morale è altissimo, guardiamo con sarcastica soddisfazione le nuvole che hanno continuato a stazionare sopra al villaggio, in cui sapremo, non hanno visto nulla.
E’ il momento di dare un’occhiata alle riprese. In effetti il buio c’è stato, ma l’immagine completamente nera che mi restituisce il mirino è quantomeno sospetta. Arianna fa finta di niente e parla con Barbara. Controllo e ricontrollo…nulla. Alla fine scopro che oltre al tasto di registrazione Arianna ha premuto anche quello della dissolvenza in chiusura…no comment!
Cerco di prenderla con filosofia e mi rilasso il pomeriggio nella splendida baia ricca di grosse conchiglie a ricordare coi compagni di viaggio quegli istanti brevissimi, troppo brevi che rimarranno per sempre scolpiti nella nostra memoria. Si parla perfino della prossima eclisse, quella del ’99 che tra l’altro non passerà troppo lontano dal nostro paese, mentre due pellicani si tuffano davanti a noi nello splendido Mar dei Caraibi.
articolo in formato PDF: Antigua_1998