ARMENIA 2011: Orionidi dall’Ararat
di Massimiliano Di Giuseppe
Evidentemente lo sciame delle meteore Orionidi è legato per uno strano scherzo del destino ai monti Biblici. La sua osservazione è infatti coincisa nell’Ottobre 2008 con la salita della spedizione di Coelum sul Monte Sinai in Egitto e 3 anni dopo con un viaggio in Armenia, per osservare queste meteore nei pressi del Monte Ararat, il famoso monte su cui si dice riposino i resti della mitica Arca di Noè!
L’organizzazione del viaggio vede tra gli artefici come di consueto la rivista Coelum, l’agenzia viaggi CTM Robintur, Coop Camelot e Lunar Society Italia , lo scopo, oltre le Orionidi è quello di osservare il cielo da un luogo buio e incontaminato e di effettuare un tour dei monasteri armeni, situati in ambienti naturali straordinari.
Questa volta però le previsioni meteo, controllate qualche giorno prima della partenza non sono affatto buone. E’ quindi con un misto di apprensione e curiosità, che ci prepariamo a visitare questo misterioso paese aperto solo di recente al turismo e con una storia alquanto travagliata alle spalle, approdando all’alba del 22 Ottobre nella capitale Yerevan, dopo uno scalo a Praga.
Oltre al sottoscritto e al collega Ferruccio Zanotti, fanno parte del gruppo i veterani Claudio Balella, Feliciana Cenerini, Vanna Civolani, Maurilio Grassi, Bruno Giacomozzi, Carlo Muccini, Franca Baldecchi e i nuovi adepti Antonio Benuzzi, Maria Luisa Bianchi detta Isa e Sergio Masciadri.
Veniamo accolti all’aeroporto dalla nostra guida armena, una gentile e graziosa ragazza di nome Karine, che subito ci sorprende per il suo perfetto italiano e per la sua competenza. Veniamo condotti all’Ani Plaza Hotel in cui riposiamo qualche ora prima di ritrovarci sul pulmino guidato dal cortese Seyran per il nostro primo appuntamento, il Metadaran ovvero il museo dei manoscritti antichi.
Atraversiamo Yerevan ( 900 m s.l.m), una città moderna che si è scrollata rapidamente di dosso l’eredità sovietica dopo il crollo dell’URSS del 1991, diventando molto simile ad altre più famose capitali europee. Il Metadaran è dominato nella facciata dalle statue di Mesrop Mashtots, inventore dell’alfabeto armeno, Mosè di Corene padre della storiografia armena e Gregorio di Tatev.
Percorrendo una breve salita che ci conduce all’ingresso del museo abbiamo il primo impatto con la Montagna Sacra,l’Ararat, le cui due cime innevate ( il Grande e il Piccolo Ararat) si ergono maestose sopra gli edifici della capitale. Uno spettacolo bellissimo nel cielo limpido del mattino, che ci induce a sperare in un meteo più favorevole del previsto..
All’interno del museo compiamo una visita guidata che ci fa ammirare alcuni dei 17.000 manoscritti qui conservati, sopravvissuti ad incendi e distruzioni nel corso della storia, codici e miniature frutto del paziente lavoro dei monaci, che rappresentano importantissime testimonianze della cultura armena.
Dopo il pranzo ci attende la visita del Museo del genocidio e qui Karine ci racconta attraverso foto e testimonianze le terribili crudeltà subite dal suo popolo ad opera del governo turco tra il 1915 e il 1922. All’esterno, una stele appuntita di 44 m di altezza ricorda e commemora il milione e mezzo di armeni morti in quegli anni.
Veniamo quindi condotti prima a vedere la gigantesca statua alta 23 m della Madre Armenia che domina la città e che sostituì quella di Stalin, poi la monumentale Cascata situata nel centro di Yerevan e percorribile a piedi attraverso 800 gradini o più comodamente con scale mobili. Dalla sua cima non può mancare una foto di gruppo con lo sfondo dell’Ararat al tramonto.
Dopo una cena a base di “dolma” ( involtino con foglia di vite), patè di ceci, “Kachapuri” ( una sorta di pizza con formaggio fuso) e “pakhlava”,un dolce orientale, ci consultiamo rapidamente prendendo la decisione di farci accompagnare da Karine e Seyran fuori città per non lasciarci sfuggire quella che potrebbe essere l’unica serata osservativa dell’intero viaggio.
Dopo una mezz’ora arriviamo alla periferia di Yerevan e purtroppo il cielo non è eccezionale, la luce della capitale incombe verso nord ovest in cui ci sono anche diverse incursioni di velature. Verso est nella parte più buia del cielo è invece visibile la Via Lattea autunnale, sia pur debolmente. Decidiamo di fermarci per monitorare qualche ora le Orionidi, le meteore originate dai residui lasciati nella sua orbita dalla famosa cometa di Halley e che proprio in queste notti raggiungono il picco di frequenza, pensando di rimandare le osservazioni col Dobson quando saremo in luoghi più sperduti.
Carlo in ogni caso sfodera il suo Astro-Physics Traveler 105 mentre Claudio e Ferruccio si cimentano in qualche foto. Mostriamo a Karine le principali costellazioni e oggetti del periodo, poi insieme a Vanna cominciamo un conteggio delle Orionidi. L’Ararat è lì, un’ombra oscura nascosta dalla foschia e dalle velature e quando compare la prima orionide, viene salutata da un urlo festoso.
Stiamo compiendo un’osservazione astronomica in Armenia, non è da tutti…Quando è l’una e abbiamo totalizzato una quindicina di orionidi in due ore di osservazione, la stanchezza comicia a farsi sentire e terminiamo la serata con un bel Giove pieno di dettagli al telescopio di Carlo, che mostriamo anche ad un curioso e infreddolito Seyran.
Il mattino del 23 Ottobre il cielo è parzialmente velato ma decidiamo comunque di tornare sulla cima del monumento della Cascata per ammirare l’Ararat all’alba prima della nostra partenza per Etchmiadzin, il Vaticano armeno, situato a 20 km da Yerevan.
Lungo la strada ci fermiamo a visitare la chiesa di Santa Hripsimè, costruita nel 618 e dedicata a questa monaca, che ci racconta Karine, era arrivata qui da Roma per sfuggire alle persecuzioni dei Cristiani, ma che a causa della sua bellezza, era caduta vittima delle mire del re armeno Tiridate III e martirizzata con le sue compagne, in seguito al rifiuto di concedersi a lui.
E’ una delle chiese più antiche, costruita in stile classico armeno con pianta cruciforme e cupola e cella sepolcrale sotto l’altare maggiore. A poca distanza visitiamo anche la chiesa di Santa Gayanè, del 630, dedicata alla Madre superiora martirizzata assieme a Hripsimè.
Davanti alla chiesa assistiamo ad un matrimonio e ad un sacrificio rituale di animali ( matagh ), retaggio di riti pagani ancora praticati in Armenia. Poi arriviamo a Etchmiadzin, centro della Chiesa Apostolica Armena, ove risiede il Catholicos, capo della chiesa armena.
L’Armenia è stata la prima nazione al mondo ad adottare il cristianesimo come religione di stato e ancora oggi gli armeni sono molto osservanti e fieri della loro religione, unico stato cristiano in una zona del mondo in cui prevale la religione musulmana.
E’ domenica e nella cattedrale, eretta nel 301 da San Gregorio l’Illuminatore, assistiamo alla messa passando accanto ad una moltitudine di fedeli assorti in preghiera. La luce fioca delle candele, i movimenti rituali dei religiosi incappucciati in tuniche nere e sopratutto i canti polifonici del coro, creano un momento di grande raccoglimento e spiritualità.
Rispetto alle altre chiese orientali, la chiesa armena non ha l’iconostasi, sostituita da una tenda che viene aperta e chiusa durante la celebrazione che dura due ore .
Poi è la volta della cattedrale di Zvartnots costruita nel 664 e dedicata a S. Gregorio, crollata nel 930 a causa di un terremoto. La forma dell’enorme chiesa originale si conosce solo grazie alla riproduzione in legno trovata nella chiesa di Gagikashen nella città di Ani in Turchia. Ora si possono ammirare soltanto parti di capitelli, colonne e arcate. Ci aggiriamo tra quetsi resti ascoltando le spiegazioni della nostra instancabile Karine, con un occhio al cielo che sta lentamente migliorando.
Dopo il pranzo siamo condotti al museo archeologico di Erebuni, sito in cui fu originariamente costruito il primo nucleo di Yerevan e in cui oggi troviamo esposti numerosi oggetti estratti dagli scavi come ceramiche, urne e altre importanti testimonianze del popolo degli Urartei che qui viveva attorno all’800 a.C
Durante la nostra visita al museo Franca avverte uno strano capogiro e apprenderemo solo di sera che c’è stato un terremoto a 200 km di distanza in territorio turco, presso il lago Van, con molte vittime. Tutto ciò ci fa ricordare come questa zona sia altamente sismica, infatti nel 1988 un disastroso terremoto di 6,9 gradi della scala Richter con epicentro a Spitak, provocò 25.000 morti e mezzo milione di senza tetto.
Nel pomeriggio Karine ci porta al Vernissage, il mercato delle pulci, che si svolge a pochi passi da piazza della Repubblica. E’ un mercato all’aperto molto colorato e animato e particolare interesse suscitano nel nostro gruppo le macchine fotografiche e gli obiettivi di fabbricazione sovietica.
E poi il mercato coperto in cui ci viene offerta frutta secca ( fichi, ma sopratutto albicocche che qui sono il frutto nazionale ) e Piazza della Repubblica ex piazza Lenin, circolare, con una fontana al centro e con l’ufficio postale subito preso di mira da Claudio collezionista di francobolli e da Bruno per le cartoline da inviare in patria.
Un cielo molto variabile ci consiglia di consultare via internet il meteo e notiamo che la sera successiva la situazione sarà analoga per cui prendiamo la decisione di rinunciare alle osservazioni confidando nell’indomani quando ci troveremo lontano da Yerevan, in luoghi decisamente più bui.
Il 24 Ottobre ci accoglie una giornata radiosa e spostandoci 30 km a sud della capitale arriviamo al monastero di Khor Virap, che si staglia sullo sfondo del vicinissimo Ararat, alto 5137m, innevato e illuminato dal sole nascente.
Ai piedi del monte fluttua una leggera nebbiolina rasoterra sui campi coltivati in rapido dissolvimento.
Questa visione vale il viaggio, siamo tutti a bocca aperta, non è frequente poter vedere così bene l’Ararat ci confida Karine! Mentre ci arrampichiamo sulla strada che conduce al monastero rimaniamo un po’ assorti ad osservare il monte appena oltre i confini turchi, segnalati da lunghe reti di filo spinato. Karine si siede su un muretto del monastero e ci racconta che il termine Ararat deriva da Urartu che indica il territorio in cui ebbe origine l’Armenia.
Il popolo armeno è definito anche “popolo dell’Ararat” ma non solo, Noè è molto venerato in queste zone e presso il tesoro di Etchmiadzin sono conservati alcune tavole di legno che la tradizione vuole appartengano all’Arca.
La stessa chiesa principale del monastero di Khor Virap ha una forma che ricorda quella dell’ Arca, caratteristica che possiedono le chiese armene del IV secolo e qui secondo la leggenda vi fu imprigionato per 13 anni San Gregorio l’Illuminatore in un profondo pozzo, fino a quando venne graziato dal re Tiridate III, convertito dallo stesso santo al Cristianesimo.
Anche noi ci caliamo nel pozzo da una pericolosa scala a pioli, un luogo piuttosto inquietante.
Giunge purtroppo il momento di abbandonare Khor Virap e i suoi panorami unici, anche se il nostro gruppo si fermerebbe volentieri lì ancora un po’, sopratutto Sergio e Bruno, entrambi esperti alpinisti, rimasti a lungo a fissare l’Ararat e a raccontarsi impegnative scalate.
Ci aspetta la prossima tappa di un’intensa tabella di marcia, il monastero di Noravank, al confine con la regione del Nakhchivan, appartenente all’Azerbaigian e cominciamo a salire di quota.
Il colore dominante diventa il giallo ocra e tornante dopo tornante ci infiliamo nella gola dell’Amaghu in un paesaggio molto simile a quello incontrato sui monti dell’Atlante in Marocco.
Qui, su un fianco della montagna notiamo la Grotta degli Uccelli in cui furono trovati reperti risalenti all’età del Bronzo e poco più avanti ecco il monastero di Noravank (1221), arroccato fra aspre montagne in totale isolamento.
Sulla facciata della chiesa di Surp Astvarsatsin ( Santa Madre di Dio ) sono state ricavate due file di gradini di pietra che si congiungono all’entrata del primo piano. Naturalmente non ci facciamo mancare una foto di gruppo su questi gradini.
Dopo pranzo a base di zuppa di riso, formaggio tipico armeno “lorì”e verdura fritta con uovo, proseguiamo per il monastero di Tatev (IX secolo) superando il passo di Vorotan ( 2344 m) ed entrando nella regione di Syunik. Il cielo si sta un po’ annuvolando mentre ci scorrono di fianco stupendi panorami montuosi e svariati laghetti.
Speravamo di arrivare al monastero con la moderna funivia inaugurata di recente ( Ottobre 2010 ), di fatto la funivia più lunga del mondo ( 5675 m ), ma Karine ci rivela che il lunedì la funivia è chiusa e dovremo quindi affrontare gli strapiombi che conducono al monastero col pulmino.
Questo ci dà tuttavia la possibilità di fare una sosta al “ponte del diavolo”, una formazione naturale a forma di ponte con due piscine termali in cui è possibile immergersi traendo secondo i locali sicuro beneficio.
Noi tuttavia dobbiamo proseguire la strada e arriviamo a Tatev quando il sole sta per tramontare. Questo monastero fortificato si trova a picco sulla profonda valle del fiume Vorotan in posizione altamente scenografica, ma l’atmosfera della sera è lugubre, il cielo è totalmente annuvolato e una nebbia fredda sta salendo dal fondovalle.
Mentre ammiriamo le bellezze architettoniche inserite in questo scenario così particolare, un solitario monaco con una lunga barba nera compare dalla nebbia e ci offre alcune immaginette sacre di San Gregorio Illuminatore.
Purtroppo le nostre preghiere al santo non hanno effetto e con un clima sempre più infausto dobbiamo dire addio alle osservazioni astronomiche probabilmente per il resto della nostra permanenza, la tanto temuta perturbazione è arrivata!
Intirizziti ci rintaniamo nel nostro hotel Mira a Goris, cittadina al confine col Nagorno Karabakh, un’enclave armena che si è proclamata indipendente dall’Azerbaigian nel ’91 ed è stata teatro di aspri conflitti nel ’94 tra armeni e azeri prima della definitiva autonomia.
E’ un vero peccato rinunciare alle osservazioni in un posto tanto remoto e il rammarico diventa sconforto il mattino dopo 25 Ottobre, quando Karine ci porta sul posto che era stato destinato alle osservazioni, ovvero Karahunj, chiamato anche Zorats Karer, un sito archeologico a 2000m di quota, costituito da più di 200 megaliti alti fino a 3m, una sorta di Stonehenge armena risalente al 5000 a.C e quindi ancora più antica di quella inglese.
Si trattava molto probabilmente di un antico osservatorio astronomico, infatti molte pietre presentano fori che servivano per traguardare gli astri durante equinozi e solstizi. Con Carlo e Claudio ci scambiamo uno sguardo eloquente, qui le foto astronomiche con lo sfondo dei megaliti sarebbero state straordinarie. Pazienza.
Curiosa anche la somiglianza nell’etimologia delle parole Stone e Kara che significano pietra sia in inglese che in armeno e henge e hunj che significano suono. Camminando tra questi antichi megaliti vado con la memoria ad altri siti archeoastronomici visitati in passato come il tumulo di Newgrange in Irlanda nel 1994, della stessa Stonehenge nel 1997 e dell’anello di Brodgar alle isole Orcadi nel 2010.
Affrontiamo quindi il passo Selim ( 2410m) nella nebbia e visitiamo l’omonimo Caravanserraglio costruito nel 1332 come punto di sosta per le carovane dei mercanti lungo la via della seta. L’interno è piuttosto buio, una navata centrale per gli animali e due laterali per i viaggiatori e le loro merci.
Ci fermiamo poi al cimitero di Noraduz in cui si trova la più grande raccolta di croci di pietra ( Katchkar) dell’Armenia, sono oltre 900 e le più antiche risalgono al IX secolo. Qui si racconta che le truppe di Tamerlano fuggirono dopo che gli abitanti della zona misero elmi e spade accanto alle croci facendole assomigliare a giganteschi guerrieri.
Un’altra storia riguarda la tomba del monaco Ter Karapet Hovakimyan , che quando compì 90 anni si fece seppellire vivo poiché non aveva paura della morte. La tradizione vuole che chi beve acqua e rompe il recipiente accanto a questa tomba, anch’egli non avrà più paura. Effettivamente accanto alla tomba si possono notare moltissimi cocci di vetro.
Dopo un pranzo a base di barbecue di pesce di lago, ci aspetta la salita al monastero di Sevan ( IX secolo ) che offre una splendida vista panoramica sull’omonimo lago e sulle montagne che lo circondano. Verso nord proprio dalle montagne stanno velocemente scendendo nubi minacciose che si appoggiano sul lago e avanzano verso di noi, un fenomeno atmosferico simile allo Stau alpino. E’ il caso di tornare velocemente al pulmino di Seyran.
Difatti poco dopo inizia a piovere e una volta a Dilijan, superato il Sevan Pass, la temperatura cala ulteriormente. Ci rifugiamo ancora una volta in hotel, il Dilijan Resort, un moderno albergo con enormi vetrate sul panorama boscoso della zona.
Il paesaggio infatti è cambiato e dalle montagne aride siamo passati alle pendici ricche di boschi e fauna del Parco Nazionale di Dilijan. Qui, ci dice Karine ci sono lupi , orsi e linci. Il tempo è effettivamente da lupi e dopo cena ci ritiriamo nelle nostre stanze.
Il mattino dopo 26 Ottobre, passiamo l’intera giornata sotto l’ombrello nel corso delle visite ai monasteri di Goshavank ( XIII sec.) , di Haghpat e Sahanin i primi in Armenia ad essere inseriti nel patrimonio dell’umanità dell’UNESCO poiché rappresentano l’apice dell’architettura religiosa armena.
Entrambi furono fondati nel X secolo e si somigliano molto, tanto che tra loro nacque una rivalità e se al primo fu dato il nome di “Mura solide” il secondo assunse quello di “Più antico dell’altro”.
Karine non teme il freddo e prosegue nella minuziosa descrizione delle chiese ( dal gavit, una sorta di sagrestia, alla chiesa principale, dal campanile ai capitelli con scolpite le foglie del melograno simbolo di fertilità e le spirali simbolo di vita eterna).
Un monaco canta qualche brano liturgico al nostro gruppo nella penombra della chiesa.
Lungo la strada del ritorno osserviamo una vecchia fabbrica di rame ormai in abbandono, qui apprendiamo che in epoca sovietica l’inquinamento era altissimo tanto che i fumi venefici delle fabbriche ristagnavano perennemente in questa valle inducendo la popolazione a costruire le abitazioni più a monte.
La serata passa ancora una volta in assenza di osservazioni astronomiche, ma le battute di Carlo e le barzellette sagaci di Maurilio tengono alto il morale della truppa, che si concede anche un torneo di ping pong a cui si aggiungono Karine ed altre ragazze armene.
Il mattino del 27 lasciamo Dilijan sotto un po’ di nevischio,( la temperatura dal nostro arrivo in Armenia è calata di ben 20°) e pensare che Ottobre stando alle statistiche meteo doveva essere il periodo migliore per visitare il paese. Ci alziamo nuovamente di quota e superato il passo Pambak ( 2153 m) percorriamo un bellissimo altopiano circondato dalle vette di alte montagne ed attraversiamo alcuni piccoli paesini di baracche tra cui Rya Taza in cui vive una minoranza curda ( gli Yezidi) dedita alla pastorizia.
Anche qui le osservazioni notturne sarebbero state memorabili. Ci fermiamo poco dopo alla cittadina di Aparan e in un forno ci rifocilliamo con giganteschi pani georgiani chiamati Puri. ( ottimi!).
Poi una breve sosta al monumento dell’alfabeto armeno rappresentato da gigantesche lettere di tufo e di seguito la visita del monastero di Saghmossavank ( 1215) che si trova vicino ad un impressionante canyon sul fiume Kasakh. Qui Karine fatica a tenerci a bada dal compiere pericolose foto sul ciglio del canyon.
Poi un po’ di astronomia con la visita all’osservatorio astronomico di Byurakan situato tra le cittadine di Amberd e Ashtarak. Di epoca sovietica e fondato nel 1946 dall’astrofisico armeno Viktor Ambartsumian ( 1908-1996) , è oggi condotto e gestito dall’accademia armena delle scienze.
Qui sono state fatte importanti ricerche su stelle a flare, supernovae di lontane galassie, oggetti Herbig-Haro. Ci fa da guida il radio astronomo Gabriel Ohanian che ci spiega che dopo il crollo dell’URSS i fondi sono stati ridotti e a farne le spese è stato il telescopio principale, che in via eccezionale ci mostra da vicino, un riflettore Cassegrain da 2,6 m, che avrebbe purtroppo bisogno di una nuova alluminatura.
Sono presenti anche uno Schmidt da 1m e svariati telescopi minori. Ma la sorpresa è grande quando all’interno della cupola principale, nella sala di controllo con apparecchiature simili a quelle di un film di fantascienza anni ’50, vediamo sulla parete due poster di Coelum!
Oggi ci dice, qui a Byurakan vengono fatti importanti simposi e convegni come di recente quello sul programma SETI per la ricerca di segnali radio intelligenti nell’universo.
Salutiamo Gabriel e riprendiamo il nostro intenso tour con la fortezza di Amberd, praticamente inghiottita dalla nebbia, a 2300 m, su un picco che domina la valle del fiume Amberd. Risale al VII secolo e si trovava su un importante tratto della via della seta, delimitata da mura, comprende la chiesa, edifici fortificati e le terme.
Quando ormai è buio, arriviamo alla chiesa di Karmravor, detta anche chiesetta rossa e qui alcune vecchiette ci vendono disegni della chiesa e copricapi di lana prima del definitivo ritorno a Yererevan nello stesso hotel della precedente permanenza.
Il 28 Ottobre è l’ultimo giorno in Armenia ed iniziamo subito con la visita del monastero di Geghard ( IV sec), per metà scavato nella roccia in uno scenario spettacolare ancora una volta purtroppo parzialmente rovinato dalla nebbia e dalle nuvole.
E’ detto anche monastero della “lancia”in quanto vi era conservata la lancia appartenuta al soldato romano Longino,che trafisse il costato di Cristo. Oggi la lancia è stata spostata al Tesoro di Etchmiadzin. In realtà al mondo di presunte sacre lance ne esistono 3, oltre quella armena, ce n’è una conservata in Vaticano ed un’altra all’Hofburg di Vienna , la Heilige Lanz, che si narra rendesse invincibili e oggetto di venerazione dello stesso Hitler. Mi capiterà di vederla un mese dopo in occasione di un viaggio nella capitale austriaca.
Poi è la volta del tempio di Garni, unico esempio di cultura ellenistica in Armenia e unico tempio pagano risparmiato dopo la proclamazione del cristianesimo nel paese. Il tempio, a forma di Partenone, fu realizzato nel 77 d.C. dal re Tiridate I in basalto ed era dedicato al dio Mitra.
All’interno del tempio assistiamo ad un’esibizione con il duduk, lo strumento musicale nazionale, simile ad una voce umana, che diffonde struggenti melodie.
Visitiamo anche le adiacenti terme romane nei cui mosaici compaiono le firme di chi le realizzò con un eloquente messaggio ai posteri: “ senza ricevere nulla ci affannammo”.
Accanto all’edificio delle terme il terreno sprofonda in un largo burrone e sulle lontane pareti di basalto ci appaiono le canne d’organo della cosiddetta sinfonia delle pietre, formazione naturale a colonne vista anche recentemente in Namibia.
Poi andiamo a pranzo all’agriturismo da Serghey , con un caratteristico forno in cui alcune donne preparano il pane lavash che ci viene offerto ancora caldo e fumante e a seguire barbecue di maiale e “kamats matsun” (yogurt filtrato ). Nel pomeriggio visitiamo il Museo Statale di storia armena, suddiviso in sezioni che illustrano la storia del popolo armeno dal paleolitico all’epoca moderna attraverso una ricchissima collezione di ceramiche, gioielli, costumi, tappeti, ecc. Terminiamo infine il nostro viaggio con una cena con balli, canti popolari e brindisi con il tipico Koniak e Maurilio, Vanna e Isa si scatenano nelle danze.
E’ giunto quindi il momento di salutare la nostra Karine ringraziandola per averci mostrato le innumerevoli sfaccettature dell’Armenia, facendoci dimenticare l’assenza o quasi di osservazioni astronomiche. Promettiamo di tornare un giorno magari con un proseguimento in Nagorno Karabakh e in Georgia. E’ stato un viaggio che ci ha fatto scoprire un paese che vale veramente la pena di essere visitato, con bellezze naturali e architettoniche di altissimo livello e con un popolo gentile ed accogliente che ti fa sentire a casa.
Grazie di cuore per aver descritto il mio paese in un modo favoloso, sono stupita, tutta la descrizione e meravigliosa, ma particolarmente mi ha stupito la frase seguente “un solitario monaco con una lunga barba nera compare dalla nebbia e ci offre alcune immaginette sacre di San Gregorio Illuminatore.”, Mi auguro di accompagnarvi per il vostro prossimo viaggio in Nagorno Karabakh e in Georgia.
Evviva l’amicizia Italia-Armeina
Evviva il Grande Gruppo Astrofili!!!