Dopo l’impegnativa eclisse di sole in Mongolia, decidiamo di organizzare con la rivista Coelum e l’agenzia viaggi CTM Robintur un viaggio di tutto relax a Taba in Egitto sul Mar Rosso, con la possibilità di compiere osservazioni con telescopio e monitorare lo sciame delle Orionidi.
La partenza è fissata per il 27 Ottobre dall’aeroporto di Bergamo in cui ci diamo appuntamento: siamo in 14, oltre allo scrivente in compagnia della moglie Arianna e del figlio Leonardo di 8 anni, il collega Ferruccio Zanotti, i veterani Paolo Minafra, Ellen Pokutova, Sergio Piredda, Esther Dembitzer, Alberto Palazzi in compagnia della moglie Munira, Maurilio Grassi, con la moglie Barbara e le amiche Silvia Olivotto e Margherita Miraglia, per la prima volta con noi anche il simpatico Enrico Castiglia.
Dopo un puntuale e veloce volo siamo a Taba nel golfo di Aqaba, molto vicini al confine con Israele, Giordania e Arabia Saudita e un pulmino ci porta al nostro villaggio, il Radisson Sas Resort, in cui abbiamo trattamento di all inclusive. Prendiamo posto nelle stanze, ceniamo e ci apprestiamo ad un briefing con le responsabili del Turchese, che ci raccontano le possibili escursioni nei dintorni e a cui spieghiamo le nostre esigenze di astrofili. La soluzione migliore ci pare quella di fare una giornata di ambientazione l’indomani rimanendo nel villaggio, per poi procedere il giorno 29 con una gita in barca alla scoperta della barriera corallina e successivamente osservazioni astronomiche in un vicino villaggio più oscuro del nostro.
Infatti ci appare subito evidente che sarà improbabile riuscire a fare osservazioni da lì, non tanto per le luci dell’hotel, ma per la micidiale luminanza dell’antistante costa dell’Arabia Saudita, ci dicono che a una cinquantina di km dal Radisson, la costa saudita diventa meno invadente.
E così, il 28 Ottobre, dopo un’abbondante colazione, saggiamo la spiaggia ed il mare in cui scopriamo una grande quantità di pesci variopinti, ma ancora più gradevole risulta l’ambientazione, con le aride montagne del massiccio del Sinai, proprio dietro l’hotel. La giornata viene scandita dai pasti e dal relax sui lettini, scoprendo che il Sole tramonta veramente presto, alle 16.45 ora locale. Un cielo annuvolato ci fa desistere da qualsiasi tentativo di osservazioni ed il mattino dopo partiamo per un vicino porticciolo dove si trova la motonave che ci accompagnerà alla scoperta dei migliori fondali della zona.
Ma la giornata è bruttina, coperta e tira un vento piuttosto gelido, tutti sono dubbiosi sulla possibilità di immergersi. Ma fortunatamente il cielo si apre e un deciso sole sgombra i dubbi e ci tuffiamo per uno snorkeling che dura tutta la giornata. Tornati al Radisson, alle 21.00 arriva il pulmino per prelevare gli interessati alle osservazioni e portarli quindi in un altro villaggio in cui si pernotterà. Spostarsi di pochi km e’ sufficiente per lasciarsi alle spalle le luci più fastidiose della costa araba e finalmente possiamo godere di un cielo piuttosto buio, anche se con frequenti incursioni di nuvole fastidiose.
Ci facciamo spegnere le residue luci del villaggio e prendiamo possesso dei nostri bungalows, spartani ma caratteristici. Eccoci finalmente pronti, il Dobson è stato riassestato dopo le botte prese nei fuoristrada in Mongolia, Ferruccio ed Esther fanno foto e Margherita viene prontamente presa in consegna da Enrico che le spiega le meraviglie del cielo invernale. Il rifrattore da 80 mm William Optik di quest’ultimo ci mostra con estrema nitidezza la nebulosa di Orione, quasi una foto in bianco e nero ed altri svariati oggetti.
La notte procede, osserviamo diverse meteore, quasi tutte Orionidi, di cui è da pochi giorni avvenuto il picco, poi quando l’Eridano si alza a mostrarci la bassissima Achernar, capisco che è giunto il momento di sfoderare il Dobson. L’oggetto preso di mira è la più volte cercata galassia NGC 1232 di magnitudine 10,5 e finalmente la tenue nubecola entra nel campo del telescopio.
Le osservazioni procedono fin quasi all’alba, sotto un cielo che diventa via via più buio e limpido. Dopo un breve riposo, tra spifferi di aria fredda, alle 8.30 apro la porta del bungalow e mi appare una visione paradisiaca, un mare blu intenso in una giornata radiosa, che illumina la spiaggia punteggiata dalle capanne dei bungalow.
Dopo la colazione ci vuole un bagno nelle acque subito profonde, siamo praticamente gli unici in tutto il villaggio, con l’eccezione di qualche israeliano. Un buon pranzo a base di pesce nella pace più completa e poi ce ne torniamo nel movimentato Radisson. Un po’ di riposo e poi dopo cena arriva il pulmino per una nuova escursione, l’impegnativa salita a piedi del Jebel Mousa, il monte di Mosè sul vicino massiccio del Sinai e successiva visita del monastero di Santa Caterina.
Dopo un’ora di viaggio il cielo dai finestrini ci appare scurissimo e gremito di stelle, con tante Orionidi che sfrecciano veloci. Attorno all’1.00 scendiamo nei pressi del monastero di Santa Caterina che scopriamo essere provvisto di posti letto in cui è possibile pernottare, a saperlo ci saremmo sicuramente organizzati per rimanere lì qualche giorno visto il cielo superbo. Siamo nel buio completo, continuamente superati da giovani e meno giovani, in gruppo, a piedi o in cammello, una folla che diventa di minuto in minuto sempre più numerosa.
Rinunciamo al cammello, che ci viene proposto a più riprese e a passo spedito, con una fioca torcia elettrica cominciamo la scarpinata, preceduti dalle guide e da Maurilio. Non è il Tassili algerino, tuttavia è un’ascesa discretamente impegnativa, tanto da indurci a frequenti soste presso apposite baracche posizionate lungo il percorso e fornite di bevande, viveri e coperte per il freddo. Ci attardiamo un attimo di più in una di queste soste e dalla valle giù in basso sentiamo provenire un vociare diffuso e inquietante misto a grugniti disumani.
Guardiamo nel baratro e tante piccole lucine ci annunciano l’arrivo di una moltitudine di turisti e cammelli in un’avanzare terribile e ineluttabile. Alberto trova una perfetta somiglianza con l’immonda legione degli orchi nell’attacco a Gran Burrone del film “Il Signore degli anelli”. Senza indugio riprendiamo la marcia tra le proteste delle signore e scarpina che ti scarpina, fra un’orionide e l’altra, dominati dalle splendide costellazioni invernali e spronati dal basso dall’invasione dei turisti cinesi e russi, arriviamo attorno alle 4.30 sulla cima del Jebel Mousa.
C’è già qualche turista che si aggira disorientato tra i ruderi della cappella cristiana e della vicina moschea, non sapendo dove guardare il sorgere del sole visto che è ancora buio. Alcuni si stanno accomodando guardando verso ovest! Ogni tanto essere astrofili ha i suoi vantaggi e prendiamo i posti migliori su di un muretto rimirando in faccia una poderosa luce zodiacale. Di lì a poco siamo invasi dalla marea umana: veramente asfissiante!
Ci siamo, sono le 5.40 il sole sorge ed illumina coi suoi raggi questo luogo sacro in cui Mosè ricevette le famose tavole. La luce del sole rivela anche le migliaia di persone accalcate, tra un’imprecazione e l’altra di chi non trova posto e l’incalzare dei venditori di coperte, un panorama che stride violentemente col misticismo del luogo e la bellezza del paesaggio desertico. Prima che tutti quanti ridiscendano al monastero, decidiamo di precederli affrettando il passo. Consumiamo il pasto frugale che portavamo con noi e saltellando in precario equilibrio tra una roccia e l’altra ci accorgiamo che manca Silvia.
La troviamo poco più avanti accasciata mentre si tiene un polso dolorante: purtroppo è scivolata sbattendo un braccio e teme di avere un polso rotto. Questa non ci voleva.
Arriviamo comunque al monastero di Santa Caterina, pigiati gli uni contro gli altri. E’ occupato da monaci ortodossi greci che ci accompagnano a visitare i bellissimi interni, la biblioteca ed il famoso roveto ardente, che si dice ardesse senza consumarsi durante l’apparizione di Dio a Mosè. Anche questa gita si conclude e torniamo al nostro villaggio dove Silvia viene visitata e in seguito condotta a Sharm per la sistemazione del polso rotto. Il giorno dopo Ellen e Sergio si recano a Gerusalemme, un’altra escursione facoltativa, e ci raccontano la difficile realtà di chi vive in questa città martoriata da continui contrasti religiosi e attentati.
Il 2 Novembre,ci concediamo un ultimo fuori programma, la Giordania ed in particolare Petra, la mitica città nascosta nella pietra. Superiamo con un’ora di traghetto lo stretto braccio di mare che ci separa dalla costa giordana e dopo i controlli di rito, prendiamo un pullman che ci deposita dopo 2 ore all’ingresso del canyon nei cui meandri si nasconde Petra.
Il colore dominante delle rocce è il rosa e l’ocra, in tutte le tonalità possibili, un vero spettacolo, camminiamo a bocca aperta nello stretto passaggio tra le due alte muraglie levigate dal tempo. Addentrandoci sempre di più, improvvisamente ci troviamo di fronte al “Tesoro”, la famosa facciata di un tempio che sembra comparire dal nulla, completamente nascosto alla vista per secoli e che ha fatto da set per numerosi film, tra cui Indiana Jones e l’Ultima Crociata, il cui manifesto campeggia ancora sui bar della zona.
Dopo le foto di rito, la guida ci conduce ad ammirare altri resti archeologici e templi più o meno diroccati, proseguendo nel canyon che improvvisamente si apre davanti a noi facendoci ammirare la magnificenza di Petra. Paolo è entusiasta. Il tempo come al solito è tiranno e dopo un ottimo pranzo in un vicino hotel, ci apprestiamo al lungo ritorno al villaggio e da qui il giorno dopo, definitivamente a casa.
E’ stato un viaggio decisamente rilassante con svariati spunti spesso inaspettati, un giusto ponte prima del prossimo impegnativo tour in Cina previsto per l’eclisse totale di sole più lunga del secolo!