KAZAKISTAN 2019: Baikonur e il lancio di Luca Parmitano!
di Massimiliano Di Giuseppe
L’organizzazione di un viaggio a Baikonur per assistere al lancio di una Soyuz con un italiano a bordo parte da lontano, precisamente dal 2011, anno di pensionamento degli Space Shuttle americani. Da quel momento, in attesa dell’entrata in funzione dei nuovi lanciatori statunitensi come l’SLS System con la capsula Orion, gli astronauti delle varie nazionalità sono stati obbligati ad utilizzare i vettori russi per raggiungere la Stazione Spaziale Internazionale.
All’epoca mi trovavo in Florida a Cape Canaveral assieme alla famiglia in occasione del lancio dello Shuttle Endeavour, il penultimo prima della chiusura dei voli, con a bordo l’astronauta italiano Roberto Vittori. Purtroppo un guasto al velivolo decretò la sospensione del decollo a solo 2 ore dalla partenza rinviandolo di 15 giorni, troppi per poter rimanere. Mi vedevo perciò costretto a rimandare a data da destinarsi la mia partecipazione ad un lancio.
L’occasione sembrò ripresentarsi nel 2014, quando da Baikonur era in partenza la nostra Samantha Cristoforetti, la prima donna astronauta italiana ad andare nello spazio, un avvenimento che suscitò grande clamore nel nostro paese. Cercammo quindi, assieme a Matteo di Robintur di organizzare un difficile programma che ci consentisse di accedere al Cosmodromo di Baikonur, (territorio militare russo in Kazakistan ) nella data prevista… Va da sé che l’ottenimento dei visti e permessi non era cosa di poco conto, sono richiesti infatti 5/6 mesi di preavviso per inoltrare le richieste, troppi per poter raccogliere un numero adeguato di partecipanti in tempo utile.
Niente da fare, assisterò al lancio in televisione e presenzierò a diverse conferenze di Astrosamantha, una volta tornata sulla Terra al termine di una felice missione, ma intanto medito sul prossimo potenziale obiettivo. Il successivo astronauta italiano a partire dal Kazakistan sarà Paolo Nespoli nel Luglio 2017, ma la concomitanza con un viaggio di Esploriamo l’Universo in Wyoming per l’eclisse totale di sole, mi fa desistere ancora una volta dal progetto.
Prima di un nuovo lancio con un italiano, io e Matteo cerchiamo di risolvere il problema del visto di Mosca, necessario poichè il tour operator di riferimento è russo. L’ideale sarebbe arrivare direttamente in Kazakistan, paese per il quale non è richiesto il visto e gestire tutte le operazioni direttamente da lì, ma occorre trovare un’agenzia locale che organizzi visite a Baikonur e non è per nulla facile. Intanto Luca Parmitano, che ha già volato su una Soyuz nel 2013, tornerà in orbita nel 2019. Che fare?
Il destino, il caso o se vogliamo una fortunata quanto inaspettata coincidenza mi viene in aiuto durante un viaggio in Georgia lo scorso anno. Ebbene, mentre mi trovavo a pranzo col resto del gruppo in una locanda ad Ananuri, faccio conoscenza con una ragazza kazaka di nome Dina, casualmente anche lei nel ristorante con i suoi genitori e parlando della passione che anima i nostri gruppi per l’astronomia e l’astronautica imparo che lei, oltre che insegnare Yoga, organizza viaggi nel suo paese ed in particolare a Baikonur! Incredibile! Ci scambiamo telefoni ed e-mail, sperando di rivederci se tutto andrà bene l’anno prossimo in occasione del lancio di Parmitano.
Al nostro ritorno in patria ne parlo naturalmente con Matteo che subito si mette in contatto con Dina per cercare di capire la fattibilità del viaggio. Un programma di base viene in breve messo a punto e a Gennaio viene annunciata ufficialmente da Roscosmos ( la Nasa russa) la data del lancio: Parmitano decollerà il 20 Luglio, in coincidenza con l’anniversario dello storico allunaggio dell’Apollo 11 di 50 anni fa!
L’occasione e l’importanza dell’evento sembra veramente ghiotta e con entusiasmo procediamo a pubblicizzare la cosa, Robintur si occuperà della raccolta dei partecipanti e Dina gestirà il programma e la logistica sul posto. Tutto fatto dunque? Purtroppo no, forse il costo elevato o la coincidenza con l’eclisse totale in Argentina, scoraggia molti dei potenziali partecipanti e quando siamo alla scadenza delle prenotazioni, ci sono solo 4 iscritti: Esther Dembitzer, Alessandro Bartoli, Giovanni Marletta ed il sottoscritto. Troppo pochi per Robintur ( ne servivano almeno 7/8), che rinuncia all’organizzazione, dichiarandosi comunque disponibile a prenotarci i voli nel caso decidessimo di procedere direttamente con Dina.
Sentiti i diretti interessati e la giovane kazaka, decidiamo di proseguire ugualmente e nei due mesi che ci separano dalla partenza mi sentirò quasi quotidianamente con lei per tutti i numerosi e complicati aspetti organizzativi. I permessi sono naturalmente la cosa che mette più preoccupazione, non è detto infatti che anche ricevuti i nostri passaporti e i questionari compilati, Roscosmos acconsenta il nostro accesso alla base, dobbiamo infatti essere passati al setaccio dalla rigorosa burocrazia, che ha ereditato i tempi e i modi di quella sovietica.
Un po’ meno preoccupazione ci viene dal rispetto della data di lancio, che una volta stabilita in genere rimane quella, la Soyuz infatti è talmente collaudata e robusta, da non prevedere ridondanze di controlli ed i continui rinvii come succedeva al tempo dei delicati Shuttle americani. Una volta decisa, la data rimane quella, con qualsiasi condizione meteo!
A pochi giorni dalla partenza ci arriva però la brutta notizia della defezione del nostro compagno di viaggio Giovanni per motivi di salute. E’ un duro colpo, Giovanni come gli altri iscritti è un veterano dei viaggi ed era stato con noi nel 2012 in Uzbekistan e l’anno successivo al Cern di Ginevra. Sentitolo telefonicamente mi rassicura sulle sue condizioni ma i medici gli sconsigliano assolutamente un viaggio in aereo.
Siamo rimasti in 3 , ma il tour rimane comunque confermato, non ci resta quindi che attendere gli agognati permessi, che arrivano in extremis, soltanto il giorno prima di partire!
Il 18 Luglio passo quindi a prendere Alessandro a Modena e ci ritroviamo a Malpensa con Esther per salire sul volo con destinazione Kyzylorda in Kazakistan ( una volta Unione Sovietica ed oggi Repubblica indipendente), dopo uno scalo a Mosca. I voli puntuali e precisi ci consentono di atterrare nella cittadina kazaka sul fare dell’alba del giorno 19 e dopo i controlli e i timbri sui passaporti ci incontriamo finalmente con Dina che ci stava aspettando da diverse ore nel piccolo aeroporto. E’ veramente incredibile rivedersi dopo quel giorno in Georgia di un anno fa e dopo tutte le vicissitudini organizzative. Proprio per festeggiare l’evento Dina ha comprato per noi alcuni Kachapuri, le buonissime focacce georgiane al formaggio che gustiamo appena saliti sul pulmino.
Il cielo sta schiarendo, ma la Luna è ancora alta e luminosa in cielo, all’orizzonte sono evidenti i colori dell’ombra della Terra in una giornata che ci appare già a quest’ora molto calda. Dina mi aveva avvertito: “Preparatevi che qui in estate si superano abbondantemente i 40 gradi!”
Non sarà certo questo un problema, è già un miracolo essere qui e ogni altra difficoltà sembra ampiamente superabile, io ed Esther guardiamo l’immensa steppa che ci scorre a fianco, Alessandro appare invece un po’pensieroso, durante i voli è stato smarrito il suo bagaglio, Dina spera di riuscire a ricuperarlo prima della fine del tour…
Dopo circa 3 ore ci fermiamo all’ingresso di Baikonur, presso una moschea dalle cupole dorate , ci viene consegnato il prezioso pass e facciamo conoscenza con Marina, Maria e Lyubov, 3 giovani ragazze del Tour operator “LLc “Tsun” partner di Roscosmos ,che ci faranno da assistenti e guide assieme a Dina nel corso delle visite a Baikonur. Con noi si aggrega un altro pulmino con turisti russi, kazaki, uzbeki un austriaco e un americano.
Un cancello con un casottino in lamiera presso una grande scritta blu in cirillico funge da dogana, da filtro, da controllo di sicurezza e una guardia, un soldato russo, controlla i nostri pass. La procedura è rapida, evidentemente le nostre guide sono conosciute e procediamo spediti sull’asfalto sconnesso al nostro hotel “7 Winds”in mezzo al nulla. Dobbiamo sbrigare velocemente il check in, poiché ci aspettano le prime visite della base ma facciamo in tempo a consumare una doverosa colazione per riprenderci dalle fatiche del viaggio. L’albergo è semplice ma carino, le pareti sono tappezzate di foto di Soyuz, astronauti e svariati razzi e non manca una vetrinetta con souvenir a tema. Ci sarà modo di guardare tutto con calma, ora di corsa sul pulmino, il resto dell’ equipaggio ci sta attendendo!
Maria, sale con noi ed in perfetto inglese inizia a raccontarci la storia di questa incredibile base spaziale..
A dispetto delle sue dimensioni, (si estende per 6700 kmq, un’area grande quasi come l’Abruzzo), per decenni non è comparsa in nessuna mappa geografica ed è stata uno dei segreti più gelosamente custoditi dall’Unione Sovietica durante la guerra fredda. Persino il suo nome è un falso: nel 1955, quando le autorità sovietiche iniziarono a costruire questa nuova installazione militare per il lancio di razzi balistici, le diedero il nome di uno sperduto villaggio di pastori kazaki a 370 km di distanza nel tentativo di confondere gli americani, ma la CIA riuscì ugualmente a scoprire i piani dei sovietici. Nel periodo tra gli anni ’70 e gli anni ’80, Baikonur è stato il più grande cosmodromo del mondo.
Il programma pur se con difficoltà continuò anche dopo la dissoluzione dell’URSS nel 1991, sotto la direzione della Comunità degli stati Indipendenti. Dal 1992 Baikonur fa parte del territorio del Kazakistan, ma in virtù di un accordo per lo sfruttamento del Cosmodromo firmato fino al 2050, rimane un’enclave gestita e amministrata dai russi. In base a tale accordo, Mosca paga un “affitto” non poco rilevante al Kazakistan, di 115 milioni di dollari ogni anno!
Maria interrompe il racconto, siamo arrivati al primo sito, scendiamo sull’asfalto rovente (si sfiorano i 50 gradi!) e ci guardiamo attorno. Il paesaggio brullo e inospitale bruciato dal sole ricorda le ambientazioni allucinanti del film Mad Max. Un po’ ovunque sono visibili i segni dell’incuria sofferta dal cosmodromo negli anni Novanta: strade dissestate, binari in disuso, edifici col tetto sfondato e l’onnipresente ruggine che divora carcasse di veicoli abbandonate nei campi… Qui il concetto di recupero non esiste. Quando una cosa non si usa più, la si lascia lì, che sia una rampa di lancio o un’officina per il montaggio di enormi vettori spaziali. Una bella differenza con la Disneyland americana di Cape Canaveral e del Kennedy Space Center, pensato sia come base di lancio, che per accogliere e sbalordire migliaia di visitatori nel più completo comfort di perfette esposizioni museali, exhibit e punti di ristoro.
Ci sentiamo in ogni caso dei privilegiati a visitare questo luogo così particolare e unico, tra i pochissimi al mondo giunti qui per assistere al lancio.
In una luce abbacinante seguiamo le nostre guide presso antiche installazioni radar utilizzate nelle prime missioni. Dina apre un ombrellino per ripararsi dal sole cocente e prende con sé anche Esther indaffarata a scattare più foto possibili di questo luogo così particolare. La stella rossa sovietica campeggia di fianco al radar Measuring Centre “Saturn”della Plattform 23…
Risaliamo sui nostri mezzi, la tappa successiva è il Command Post Energy della navetta Buran, una sala di controllo perfettamente restaurata, che fra manopole e tasti illuminati da film di fantascienza anni ’50 racconta la storia di questo veicolo spaziale. “Battezzata col nome del gelido vento che sferza la steppa, la navetta Buran viaggiava a bordo di un potente razzo Energya e quello in cui ci troviamo è il bunker da cui si effettuavano i test di prova per i lanci”.
Maria si dilunga nella spiegazione di strutture e propellente della navetta, ideata dai sovietici negli anni ’70 come risposta al programma Shuttle. Da questo sito vennero effettuati decine di lanci di prova, ma l’unico volo effettivo partì dal cosmodromo di Baikonur il 15 novembre 1988 senza equipaggio a bordo, durò 106 minuti e si concluse con un atterraggio automatizzato su quella che oggi è la pista dei charter che portano qui gli equipaggi destinati ad andare nello spazio. Come l’imminente spedizione 60/61 del nostro Luca Parmitano.
Dopo alcune foto seduti ai quadri comandi usciamo dal bunker e ci spostiamo per il pranzo al Canteen Cosmodrome, una mensa senza troppe pretese con cibo comunque gustoso. Qui si parla esclusivamente russo e i modi spicci delle inservienti ci ricordano come la cortesia e l’accoglienza del turista siano qui una cosa ancora molto recente e tutta da perfezionare. Il pomeriggio è ancora lungo e ci attendono le visite alle rampe del Launch complex Soyuz , del complex “Union” della plattform 31 e del complex di lancio “Zenith” della plattform 42, dove è tassativamente vietato fare foto e riprese. Ci segue tuttavia il fotografo ufficiale dell’agenzia che fotografa e filma tutto per poi rivenderci il materiale alla fine del viaggio…
Arriva il momento della visita al Memoriale dei caduti del tragico incidente di Nedelin ( dal nome del generale delle forze missilistiche responsabile di tale disastro).
Maria ci racconta che nella mattina del 24 Ottobre 1960 un missile balistico R7 era pronto sulla rampa per un lancio di prova, il missile fortunatamente non era armato con una testata nucleare bensì con una massa inerte. Per la fretta di arrivare al lancio furono bypassati alcuni controlli e 30 minuti prima del decollo, mentre un tecnico stava programmando la centralina del controllo di volo, i motori del secondo stadio si accesero. L’improvvisa accensione dei motori investì il primo stadio, carico di combustibile che esplose in una palla di fuoco di oltre 1.650 °C visibile da oltre 50 km.
L’enorme esplosione durò 20 secondi e investì il generale Nedelin che sostava a pochi metri dal missile riducendolo in polvere, assieme ai tecnici che lavoravano al missile e a molti rappresentanti sia politici che industriali. Si stima che ci fossero circa 250 persone sulla rampa di lancio al momento dell’esplosione tra civili e militari di cui almeno 74 morirono subito mentre altri 50 nei giorni successivi per le ferite riportate (alcuni riportano un totale di 101 vittime). Naturalmente in occidente la notizia della tragedia arrivò solo molti anni dopo …
Risaliti sui due pulmini, poco dopo ci appare all’orizzonte nello splendore dei suoi 50m di altezza la Soyuz MS 13 di Parmitano, pronta sulla rampa Gagarin e protetta come un prezioso fiore dai suoi petali d’acciaio. E’ da lì che domani avverrà il decollo, l’emozione è grande…! Sostiamo per qualche foto con la Soyuz in lontananza, sul binario su cui 2 giorni prima è stato fatto il roll-out del razzo. Fa un po’ impressione pensare che qui i treni una volta tenevano in movimento tra un silos e un altro le testate atomiche in modo da proteggerle da eventuali attacchi americani: dei silos oggi rimangono soltanto rovine abbandonate, segnate dai cingoli delle enormi macchine spostamento terra che le hanno distrutte in nome del disarmo. Oggi questi binari trasportano quasi solo vagoni sigillati che contengono satelliti occidentali: da Baikonur, infatti, partono un’infinità di vettori russi carichi di tecnologia occidentale, nonché astronauti europei ed americani.
Alle 7 del mattino ora locale, ci spiega Maria, non un minuto prima, non un minuto dopo, la Soyuz, dopo essere stata visitata un’ultima volta dal’equipaggio, lascia l’hangar e viene trasportata per 3 ore sul “Treno del Cosmo” nei 7km che la separano dalla rampa. Una volta arrivata viene messa in verticale mediante un’operazione molto spettacolare che ci siamo persi a causa delle coincidenze dei nostri voli…
Il tempo al cosmodromo, ci rivelano le nostre guide, è scandito da tutta una serie di riti scaramantici e tradizioni, che si ripetono ogni volta prima di un volo spaziale. Ad esempio la visita da parte dell’equipaggio nei giorni che precedono il lancio, al monumento dello Sputnik 1, il primo satellite artificiale ad essere messo in orbita, oppure il rito della benedizione della Soyuz sulla rampa con acquasanta segni della croce e inchini, da parte di un Pope ortodosso….
I riti propiziatori iniziano addirittura quando l’equipaggio è ancora Mosca, prima di partire alla volta del Kazakistan. Qui gli astronauti rendono omaggio a Gagarin, recandosi sulla sua tomba. L’astronauta russo è morto nel 1968, un anno prima dello sbarco sulla Luna ed ora è sepolto sotto le mura del Cremlino. Gli astronauti devono recarsi lì e lasciare un mazzo di garofani. Poi, una volta a Baikonur, circa cinque giorni prima del lancio i membri dell’equipaggio partecipano tutti a una cerimonia in cui vengono issate le bandiere delle nazioni coinvolte nella missione verso la Stazione Spaziale Internazionale. Nella missione Beyond ad esempio saranno presenti oltre a Luca Parmitano anche il cosmonauta russo Alexander Skvortsov che conta all’attivo già due viaggi spaziali e l’americano Andrew Morgan, al suo primo volo.
Ci attende ora l’imprescindibile visita al Museo del Cosmodromo, nel cui giardino campeggia una perfetta riproduzione di una Soyuz e di una navetta Buran, quel che resta del più ambizioso programma spaziale russo, costato oltre 16 miliardi di rubli e arenatosi per mancanza di finanziamenti dopo quell’unico lancio. Se ne sta tutta sola e coperta di polvere in mezzo a un parcheggio, gemella di quella irreparabilmente danneggiata il 12 maggio 2002 per il crollo del tetto dell’hangar in cui stazionava da anni.
La visita al museo è una tappa obbligata per i turisti e per ogni equipaggio alla vigilia del lancio. Veniamo presi in consegna da un’altra giovane ragazza, guida ufficiale del museo, le cui spiegazioni vengono tradotte in simultanea da Maria. Ci vengono mostrati con orgoglio i cimeli delle conquiste spaziali sovietiche e snocciolati i primati di Baikonur. Si comincia con il grande plastico conservato al piano terra che spiega meglio di una mappa le dimensioni enormi della base. Sopra al plastico, pende appeso con fili metallici un modello lucente dello Sputnik I, che fu messo in orbita il 4 Ottobre 1957. Da quel momento oltre 1.500 veicoli spaziali con diversi scopi e più di 100 missili balistici intercontinentali sono stati lanciati dal Cosmodromo.
Al secondo piano si va poi sulle tracce di Yuri Gagarin. Un seggiolino di Vostok con un manichino, racconta la scomoda posizione in cui il cosmonauta rimase mentre orbitava attorno alla Terra durante quel primo storico volo nello spazio il 12 Aprile 1961. Ma da qui partì anche la prima donna cosmonauta, Valentina Tereskova nel 1963, il primo essere umano a compiere una passeggiata spaziale Alexej Leonov nel 1965, ma prima di loro, nel 1958, la celebre cagnetta Laika, il primo essere vivente ad andare nello spazio.
Anche se si preferisce ricordare le cagnette Belka e Strelka, che volarono successivamente e tornarono sane e salve sulla Terra al contrario della collega,.Una sala apposita ricorda anche Sergej Korolev, l’ingegnere capo della base, progettista dei razzi, figura carismatica e importantissima nello sviluppo della missilistica spaziale sovietica. Fu l’analogo russo di Werner Von Braun, il tedesco, ex nazista e inventore delle V2, che servì poi gli Stati Uniti e la Nasa. La scomparsa di Korolev nel 1966, fu probabilmente la vera causa del superamento dei russi da parte degli americani nella corsa allo spazio.
Tanto per rimanere in tema di riti scaramantici, anche qui al museo se ne svolge uno, ogni astronauta o cosmonauta prima di partire lascia la propria firma rigorosamente a pennarello su una parete, accanto a quelle di tutti coloro che sono partiti da Baikonur (finora 121). Segue consegna di una copia della chiave della Soyuz e maglietta ufficiale con i volti degli equipaggi.
Il viaggio della memoria conduce fino all’ultima dimora di Gagarin prima della rampa di lancio. Entrando nel cottage di mattoni e legno verde, ( poco più di un capanno per gli attrezzi da giardino per gli standard occidentali ) in cui Gagarin passò la sua ultima notte prima di volare nello spazio, si ha come la sensazione di aprire una capsula del tempo. Vicino a lui il compagno Titov, l’astronauta di riserva e nella stanza di fianco, i medici incaricati di controllare lo stato di salute dei cosmonauti.
Accanto si può visitare anche l’abitazione di Korolev, identica alla precedente . Un ultimo sguardo al Buran con il sole prossimo al tramonto e le visite di questa prima intensissima giornata giungono al termine, ci aspetta la cena a Baikonur al ristorante tipico Navat con cucina tradizionale kazaka, in cui facciamo conoscenza con Giovanni di Catania e con il figlio Arturo che vivono in Kazakistan ad Astana. Tra i vari piatti che assaggeremo non male il Beshbarmak, a base di carne di cavallo bollita, tagliata e mescolata con strisce di pasta e accompagnata con brodo di montone, cipolla e patate ed il Plov, una specie di risotto.
Il sabato 20 è il grande giorno, il giorno del lancio, comincia a salire in tutti noi la tensione e l’attesa di questi mesi di preparativi! Sarà vero che i lanci non vengono mai rimandati o per noi faranno un’eccezione? Con queste perplessità e timori vado a far colazione raggiunto ben presto dagli altri, anche Giovanni ed Arturo si sono uniti al nostro gruppo e pernottano al 7 Winds. Alle 09.00, le nostre Maria, Marina e Lyuba ci vengono a prelevare per un giro mattutino a Baikonur. Dina una volta arrivati in centro, suggerisce tuttavia di separarci dal resto del gruppo che va a visitare il museo dell’astronautica della città, per vedere una cosa più curiosa e caratteristica: la “Scuola internazionale spaziale o ISS”.
Trattasi di una scuola primaria che prepara i bambini al mondo dell’astronautica insegnando molte discipline scientifiche ed anche a costruire modellini di aerei e razzi, con un’accuratezza e precisione impressionanti. L’istruzione nella ISS è suddivisa nelle principali discipline scientifiche: fisica, matematica, chimica, biologia e spazio e la scuola è membro a pieno titolo dell’International Astronautical Federation (IAF), del IAF Program Education Committee, International Organization of Young Astronauts. “In 25 anni ci sono stati 2000 laureati provenienti della Scuola Spaziale Internazionale di Baikonur”Ci dice uno degli insegnanti. “E negli ultimi cinque anni il 95-98% dei laureati è stato assunto presso istituzioni tecniche e scientifiche in Russia e Kazakistan”.
In un’aula della scuola c’è anche un piccolo museo con tute spaziali, motori di razzi, la speciale bacchetta metallica con cui i cosmonauti premono i pulsanti all’interno della navicella ed una capsula Soyuz in cui entrano Dina ed Esther per una doverosa foto. Esther, assistita dal tecnico della scuola fa anche partire con un telecomando un piccolo razzo, con tanto di conto alla rovescia, che decolla velocissimo e arriva piuttosto alto in cielo. Aperto il paracadute plana poi tra gli applausi lentamente sul tetto della scuola. Non ci facciamo mancare veramente nulla! Raggiungiamo gli altri del gruppo in un negozietto per l’acquisto di souvenir, assistiti da commesse anche qui non troppo accoglienti…
Pranziamo al Sushi House, mentre cerco di capire da Maria e Dina se il countdown, quello più importante, procede regolarmente. Mi tranquillizzano e per allentare la tensione mi raccontano altri curiosi rituali che precedono la partenza. Nella notte della vigilia, ad esempio, tutto l’equipaggio guarda il film russo “Sole bianco del deserto” (1969) ed il giorno del lancio, firma la porta della stanza dove ha passato l’ultima notte , beve chamapagne e riceve la generosa benedizione del Pope. Gli altri riti li impareremo in diretta al Cosmonaut Hotel, dove stiamo per andare, tra poco gli astronauti saliranno sul bus che li porterà alla rampa, non possiamo mancare questo importantissimo appuntamento, è il momento di sventolare la bandiera italiana che ho portato con me!
C’è una discreta folla assiepata dietro le transenne ad attendere l’arrivo degli astronauti: parenti, amici, appassionati, turisti, qualche figura istituzionale, diversi membri dell’Esa che indossano una maglietta azzurra, fotografi e cineoperatori di diverse TV Nazionali, ce n’è pure uno della Rai, che ci nota, essendo gli unici con la bandiera italiana. Troviamo posto accanto al muso del pullman viola su cui tra poco saliranno. Qualcuno chiede l’ora, alle 15.00 è prevista l’uscita degli astronauti che si trovano ancora all’interno del Cosmonaut Hotel, che di fatto rappresenta un compound chiuso, dove solo le persone autorizzate possono entrare. Tutti i contatti con gli astronauti prima del lancio sono proibiti, una vera e propria quarantena, indispensabile per evitare virus e batteri che potrebbero complicare il lavoro sulla stazione. Ripenso a quando ho avuto l’onore di conoscere Parmitano qualche anno fa al cinquantesimo anniversario delle Frecce Tricolori a Rivolto (UD)…
Ecco è il momento, la folla si anima ed inizia a gridare i nomi degli astronauti che lentamente si stanno avvicinando. L’uscita dall’hotel infatti avviene a piedi, al suono di una ballata rock anni ’70 sull’amore per il pianeta Terra dal titolo ” Trava u doma” (L’erba vicino a casa), che è diventata una specie di inno degli astronauti. Luca e gli altri si fermano a raccogliere una mela dall’albero in fondo alla strada, l’ultimo frutto fresco prima di partire. Ormai sono a pochi metri da noi, si bloccano per un ultimo saluto ai famigliari in prima fila. Esther grida “Luca! Che la forza sia con te !” agitando il libro “Volare” scritto proprio da Parmitano, per raccontare la sua prima missione. “Catania!”urla Giovanni. E a quel punto il nostro Luca si gira, nota la bandiera e fa un gran sorriso salutandoci. E’ tempo di salire sul pullman verso il Cosmodromo, le mani sul vetro a salutare le figlie Sara e Maia, che sono con le loro manine appoggiate dall’altra parte e che lo chiamano a gran voce in un momento davvero commovente.
Chissà cosa starà pensando il nostro Luca in questo momento, forse rivive gli attimi terribili della scorsa missione quando l’acqua entrata nel casco ha rischiato di annegarlo durante un’uscita extraveicolare, forse teme di non rivedere la sua famiglia, o forse si sta concentrando per l’imminente decollo di una missione di cui sarà il comandante, la prima volta di un italiano. Una grande responsabilità. Un militare allontana la folla accalcata e un lunghissimo applauso saluta il pullman diretto al building 254, l’ultima tappa nel pomeriggio prima della rampa di lancio.
Marina e Lyuba ci radunano per proseguire le visite nei dintorni del Cosmonaut Hotel, tra queste non può mancare il viale alberato degli astronauti, in cui viene piantato un albero per ogni essere umano che vola nello spazio, a cominciare da Yuri Gagarin e Valentina Tereskova. C’è anche quello piantato nel 2013 alla vigilia della prima messa in orbita dell’astronauta siciliano e quello di Samantha Cristoforetti. Esther discorre entusiasta con Maximilian l’austriaco, passeggiando lungo il viale, Alessandro è ancora incredulo per tutto ciò che sta vivendo e si fa fotografare accanto all’entrata del centro di quarantena, io cerco di documentare tutto quello che è possibile e di far tesoro di un’esperienza veramente unica.
Ci trasferiamo all’Assembly Test Facility (No254) in cui è presente anche una camera per gli esami medici dell’equipaggio prima del lancio.
Dietro il vetro della quarantena ( il cosiddetto acquario), gli astronauti incontrano giornalisti, famigliari e fotografi per l’ultima conferenza stampa prima della partenza. Il momento è solenne. La Soyuz è diretta verso la ISS in un giorno storico, il cinquantesimo anniversario dell’allunaggio. “Non credo che ci sia modo migliore per celebrare questo evento” dirà Luca, “Ma il tributo più grande a quei tre pionieri che hanno consentito l’evento, è il nostro lavoro e la nostra dedizione al programma spaziale. Quello che stiamo imparando nell’orbita terrestre bassa permetterà alla prossima generazione di andare oltre e di continuare ad esplorare. Per essere in grado di tornare sulla Luna e viaggiare poi verso Marte, dobbiamo sapere come sopravvivere ed operare in questi mondi. Ecco dove la Stazione Spaziale entra in gioco”…
L’equipaggio indossa la tuta Sokol ed esce fuori dal building, ad attenderli la stessa folla di prima, noi compresi..
Un nuovo applauso accoglie i 3 eroi mentre camminano di fianco a noi prima di fermarsi all’interno di 3 appositi quadrati disegnati sull’asfalto davanti ad un funzionario in uniforme bianca. Diventiamo così testimoni del report dell’equipaggio al Capo di Stato della Commissione che deve accordare la loro autorizzazione al lancio. Tutto ok, meno male!
La commissione li congeda con l’augurio di buon volo ed essi salgono sul pullman diretto alla rampa. Un ultimo fragoroso applauso e un ultimo sventolio della nostra bandiera, che alla fine ispirerà foto di gruppo con i membri dell’Esa presenti ed altre memorabili foto.
Sono le 18.00 ed il lancio è previsto per le 21.28 locali. Si torna al museo per ingannare l’attesa, chiacchierando un po’ in inglese con Oleg e Dimitri, kazako il primo, uzbeko il secondo. Si parla un po’ di tutto, dalla situazione economica del Kazakistan, che grazie al petrolio è in netta crescita, della scuola, dell’istruzione, ma anche di calcio e di musica. Dimitri come me suona in un gruppo rock. Si parla anche dell’ultimo rito per sempre uguale per tutti gli equipaggi, da Gagarin in poi, ovvero la fermata lungo il tragitto per fare pipì sulla ruota del pullman…!
Arrivano anche Esther ed Alessandro che mi chiedono qualcosa sulla missione “Beyond”, una missione con il cappello dell’Agenzia spaziale europea (Esa), di lunga durata e destinata a concludersi il prossimo 6 febbraio 2020, non prima di aver eseguito oltre 200 esperimenti, tra i quali la reazione di batteri usati per la bioestrazione in assenza di gravità e naturalmente esperimenti di carattere medico in queste particolari condizioni.
Dina ci chiama, è il momento del trasferimento alla piattaforma 12, un ampio spiazzo a 4 km di distanza dalla rampa, destinato ad accogliere i circa 200 turisti arrivati per assistere al lancio. Ben altri numeri rispetto alle 750.000 persone che si erano radunate sulla Causeway del Kennedy Space Center il giorno del lancio dello Shuttle Endeavour, quel pomeriggio del 29 Aprile 2011. La fioca luce dell’imbrunire fa risaltare all’orizzonte la sagoma bianca della Soyuz illuminata da potenti riflettori, il lancio avverrà al buio, uno spettacolo nello spettacolo! Qui è tutto molto spartano o se vogliamo famigliare, abbiamo trovato un angolo vicino alla recinzione dove alcune famigliole con bambini sono in attesa serenamente. Anche noi ormai ci siamo rilassati, solo una sfortuna cosmica potrebbe bloccare il lancio.
Non ci sono megaschermi con il countdown o altoparlanti e nessuno ci aggiorna sull’andamento delle operazioni, si va un po’ a naso. Mentre chiedo a Giovanni se riesce a collegarsi ad internet ecco accendersi il fumo rosso alla base del razzo! Cavolo! Posiziono telecamera e smartphone e il razzo decolla! Luminosissimo, accecante, accompagnato da un forte rombo simile ad un lenzuolo strappato. Lo seguo con lo sguardo mentre sale rapidamente in mezzo alle nuvole mettendosi all’inseguimento della stazione spaziale e perdendosi tra le stelle . E’ tutto inaspettato e velocissimo, non c’è quasi il tempo per rendersi conto di quello che è successo..
Ci guardiamo increduli: ce l’abbiamo fatta, questa volta è andata! Ci abbracciamo e ringraziamo Dina la vera artefice di tutto ciò! “Dreams come true!” mi dice sorridendo. La cosa mi colpisce perché è la stessa frase che in un’ incredibile coincidenza cantava anche la banda Disney a Magic Kingdom in Florida alla vigilia del lancio dello Shuttle…! C’è voluto un po’ di tempo ma alla fine il sogno si è avverato, vedere l’intero cielo rischiararsi a giorno e sentire il rombo nel petto durante il decollo è un’emozione che difficilmente dimenticherò…
Rimaniamo ancora un po’ a fotografare e riprendere lo storico momento. I gas di scarico ad altissima quota, illuminati dal sole creano effetti bizzarri, che lentamente si dissolvono, poi la folla comincia a defluire, è il momento di smontare l’attrezzatura e abbandonare la postazione. Chi è collegato ad internet ci da notizia dell’avvenuto ingresso in orbita, che viene testimoniato da un oggetto o un pupazzetto, portato a bordo dal comandante ( un altro rito!), che si mette a galleggiare in cabina.
Partono i festeggiamenti all’interno di un capannone nello spiazzo, con la consegna ufficiale da parte del responsabile del tour operator, degli attestati di partecipazione al lancio con le firme dei 3 astronauti a tutto il nostro gruppo. E poi tutti a cena al 7 Winds dove facciamo conoscenza con Stanislav ed altri tecnici e addetti della rampa di lancio, tutti ragazzi tra i 20 e i 30 anni, un lavoro di altissima specializzazione e grande responsabilità fatto da persone così giovani, siamo veramente sorpresi! Si brinda con loro fino a tardi.
Esausto mi ritiro in stanza e comunico ad amici e parenti il successo della spedizione, trovo anche la forza e la concentrazione di scrivere un articolo per il quotidiano di Ferrara Il resto del Carlino e per la rivista Coelum, che nei giorni successivi daranno ampio risalto alla nostra impresa!
La domenica 21 Luglio, impariamo che l’attracco alla ISS al modulo russo Zvezda è avvenuto regolarmente 6 ore dopo il lancio ed i 3 astronauti sono stati accolti dagli altri già in orbita: Nick Hague e Christina Koch della Nasaed il russo Alexy Ochivin. Dopo colazione, abbandoniamo il nostro 7 Winds per trasferirci all’hotel Centralnaya in centro a Baikonur in cui dormiremo la prossima notte, poi seguiamo Marina e Dina che ci accompagnano per un city tour della città. La giornata limpidissima con un bel cielo blu, ci fa apprezzare le cupole dorate e l’architettura della chiesa ortodossa di S. Giorgio, che visitiamo prima di recarci al Monumento a Gagarin, una statua grigia stilizzata dell’astronauta con le braccia alzate verso il cielo.
E’poi la volta di un bellissimo e gigantesco razzo Soyuz in scala 1:1 adagiato sulla piazza Karl Marx dove non può mancare un’altra storica foto di gruppo. Nelle vicinanze si trova anche il monumento a Korolev e quello a Shubnikov Mikhail Yangel, altro importante progettista di razzi, con alle spalle uno dei primi prototipi di missile balistico. Pranziamo nel nuovo hotel, in compagnia di alcuni russi che fanno parte del nostro gruppo e poi nel pomeriggio ci dedichiamo ad un po’ di relax al parco acquatico della città con piscine e sdrai sulle rive del fiume Syr Daria. Si cena di nuovo in hotel con un’anguria comprata da Dina e si fa amicizia con i russi uno dei quali fa parte di un’Accademia militare dedicata a Frunze, importante rivoluzionario bolscevico dei primi del ‘900. A conclusione della serata e dopo numerosi brindisi a base di Vodka, ci viene conferito un prezioso gagliardetto della suddetta Accademia.
Il 22 Luglio, Alessandro riceve in hotel la valigia data ormai per dispersa, un vero sollievo per il nostro compagno di viaggi che era rimasto ormai a corto di indumenti. Poco dopo salutiamo Baikonur, le nostre preziose guide Maria, Marina e Lyuba e passiamo di fianco alla statua di Lenin che si erge nella piazza di fronte all’hotel, sulle note di alcuni brani di Celentano trasmessi in nostro onore dal vecchio mangianastri dei nostri amici russi. Sulla strada di ritorno per Kyzylorda sostiamo al Mausoleo di Korkyt Ata, realizzato in mezzo al nulla della steppa kazaka e dedicato al famoso poeta e cantante vissuto nel X secolo e creatore dello strumento musicale kobyz.
La leggenda racconta che fin da piccolo il poeta non riusciva a capacitarsi della caducità della vita umana. Tormentato dai suoi pensieri e guidato dal sogno dell’immortalità, lasciò il suo villaggio per viaggiare sperando di trovare il paradiso terrestre e trovando invece la morte ovunque andava. Un giorno in una foresta vide un albero caduto e con quel legno realizzò il primo kobyz. Lo suonò immediatamente creando meravigliose melodie che hanno raggiunto il mondo intero, catturando e affascinando gli ascoltatori.
Sempre secondo la leggenda, Korkyt Ata lasciò in eredità il suo kobyz da posizionare sulla sua tomba, in modo che le melodie fossero portate ovunque dal vento della steppa per ricordare alla gente la transitorietà della vita.
Nel 1980 fu eretto questo mausoleo, opera dall’architetto kazako Bek Ibraev. L’opera più significativa è la “Singing Pipes” che rappresenta quattro kobyz che guardano in quattro direzioni, una sorta di organo composto da 40 canne di metallo, che hanno lo scopo di creare un particolare effetto acustico al minimo soffio di vento, emettendo suoni simili a quelli del kobyz. Noi stessi siamo testimoni avvicinandoci a questo bizzarro strumento, dei suoni curiosi creati dal vento, a volte baritonali e profondi, a volte lievi e acuti simili a flauti, in un’atmosfera sospesa e magica.
Nel 1997 il monumento fu restaurato ed è stato creato un intero complesso architettonico con un anfiteatro, un hotel e un museo che conserva le opere di Korkyt Ata trovate a Zhankent, la sua città natale, durante scavi archeologici.
Ci fermiamo a pranzo presso una sorta di autogrill, sperimentando per la prima volta come bevanda il latte di cammella, qui molto diffuso e dal gusto alquanto particolare. Arriviamo quindi nel pomeriggio a Kyzylorda e al nostro bellissimo hotel 5 stelle Sultan Plaza, in cui ci godiamo un meritato relax al centro benessere con piscina bagno turco e sauna. Seguiamo poi Dina per la cena in un bel locale a poca distanza dall’hotel, allietati dalla musica di una brava cantante.
Il giorno dopo, 23 Luglio, è l’ultimo giorno in Kazakistan, con la mattina dedicata alla visita guidata della città. Saliamo su un pullmino/taxi con una nuova guida che ci spiega che Kyzylorda è stata fondata nel 1820 sulle rive del fiume Syr Darya come roccaforte di frontiera del Khanato di Kokand, antico centro commerciale sulla Via della Seta. Passiamo accanto ai monumenti principali della città tra cui la moschea Aitbai ed il monumento di Syr-Ana ed entriamo al Museo regionale per una breve visita. Sostiamo poi al Parco della Vittoria in cui una stele raccoglie l’elenco dei morti kazaki nella tragedia di Chernobyl e concludiamo il city tour al bianco monumento di Korkyt-Ata con il suo cammello.
Il pranzo lo effettuiamo nel ristorante georgiano di un centro commerciale, per chiudere simbolicamente il cerchio iniziato lo scorso anno proprio in Georgia. Poco dopo in hotel abbiamo la lieta sorpresa di una lunga intervista con Kyzylorda TV e la visita all’osservatorio astronomico dell’hotel realizzato dal direttore stesso con il proprio telescopio sul tetto dell’edificio. Una cena veloce è il preludio al termine di questo bellissimo ed unico viaggio e dopo un breve riposo ci ritroviamo alle 3 del mattino nella hall per il lungo ritorno.
Dina è stata una guida veramente eccezionale, sempre gentile, disponibile ed efficace , ci salutiamo calorosamente sperando un giorno di rivederci, magari in occasione di un altro lancio di un italiano. A questo proposito ci dice che il governo kazako ha un progetto di sviluppo a livello turistico della zona, per far assomigliare il cosmodromo un po’ al Kennedy Space Center. Ma a dire la verità Baikonur ci è piaciuta anche così, con le sue rampe arrugginite, i suoi bunker e i suoi reperti di archeologia industriale. Un luogo indubbiamente affascinante e assolutamente da visitare. Un luogo che ha aperto all’umanità la strada verso lo spazio e che continuerà a lanciare uomini e donne con le affidabili Soyuz. Da non dimenticare anche le sonde robotiche, da qui partirà il prossimo anno infatti la sonda automatica europea ExoMars, che avrà il compito di esplorare Marte andando a caccia di forme di vita!
Baikonur rimarrà importante almeno fino a quando non sarà operativo il nuovo Cosmodromo russo di Vostochnyj, in costruzione nell’Estremo Oriente russo, nella Regione dell’Amur. Il primo lancio con tre satelliti è stato effettuato il 28 aprile 2016. La partenza dei primi veicoli spaziali senza pilota è programmata per il 2021, mentre per quelli con pilota bisognerà attendere il 2023. Staremo a vedere…
Il nostro arrivo a Malpensa avviene senza intoppi o ritardi e questo è fondamentale poichè mi attende in serata un ultimo importante impegno, ovvero il concerto con i Queenvision al pub Scaramouche di Gradizza in provincia di Ferrara. Saluto quindi velocemente Esther, deposito Alessandro a Modena e mi precipito al locale, in cui arrivo in serata, accolto e festeggiato per la mia impresa dagli altri membri del gruppo e dagli amici accorsi sul posto. Salgo sul palco sulle note di One Vision ancora frastornato dal fuso orario e ancora incredulo per ciò che ho appena vissuto e prima che i fari di scena mi abbaglino definitivamente, alzo lo sguardo al cielo quasi a cercare la ISS con i 6 astronauti a bordo, ma non c’è tempo…inizia lo show!
LE FOTO SONO DI: Esther Dembitzer,Massimiliano Di Giuseppe e Dina Turtugulova