di Massimiliano Di Giuseppe
Ritorniamo a parlare di viaggi astronomici in occasione dell’eclisse anulare di sole del I° Settembre 2016, un nuovo appuntamento con il cosmo dopo la splendida avventura indonesiana di Marzo.
Il tracciato dell’eclisse parte per la precisione al centro dell’Atlantico, attraversa diversi stati dell’Africa centrale: Gabon, Congo, Repubblica Democratica del Congo, Tanzania (dove si registra una durata massima di 3 minuti e 5 secondi), Mozambico, Madagascar e termina nell’Oceano Indiano. Un buon punto osservativo, con statistiche meteo estremamente favorevoli è rappresentato dalla costa ovest del Madagascar ed è proprio lì che andremo.
Si prospetta un viaggio affascinante nella cosiddetta “isola del passato”, un prezioso e variegato archivio di specie animali e vegetali uniche al mondo!
La partenza è fissata il 29 Agosto dall’aeroporto di Verona e qui io ed il collega Ferruccio Zanotti ci diamo appuntamento con gli altri partecipanti, i veterani Bruno Giacomozzi, Stefano Ottani, Marco Cardin ed Esther Dembitzer, a cui si uniscono nello scalo a Roma Roberto Iorio e la nuova arrivata Elisabetta Stepanoff.
Il volo charter notturno, dopo essere passati sopra i vulcani della selvaggia regione etiope della Dancalia, ci fa arrivare alle prime ore del mattino, all’isoletta di Nosy Be, situata poco al largo dell’isola principale, che apprezziamo già dall’alto con le sue lunghe spiagge ed il suo mare turchese.
L’aereo azzurro della Neos, atterra nel piccolissimo aeroporto di questa località conosciuta al turismo come un vero paradiso per gli sport acquatici, le immersioni e lo snorkeling e siamo accolti da un caldo secco e ventilato, ovvero un clima perfetto. Federica e Angelito di Hotelplan ci attendono ai pulmini con ghirlande di fiori e bottigliette di acqua fresca e dopo i saluti e le presentazioni di rito, ci conducono al nostro villaggio, l’hotel Corail Noir.
Attraversiamo l’isola, tra palmeti e piantagioni di ylang-ylang e vaniglia, notando che non c’è un gran turismo, Angelito ci conferma di non aver visto nessuno arrivare qui per l’eclisse, siamo probabilmente tra i pochi al mondo a cercare di osservarla, anche Marco ne è convinto: “Nemmeno il famoso cacciatore di eclissi americano Fred Espenak si è mosso per questa eclisse!” ci dice.
Arriviamo al Corail Noir, in un’atmosfera accogliente e famigliare, un piccolo villaggio, con le sorridenti donne malgasce del personale col viso dipinto e l’abito tradizionale che ci danno il cocktail di benvenuto, mentre alcuni giovani scaricano i bagagli per portarli alle camere e un solerte cameriere ci illustra le specialità del giorno.
La giornata è splendida e dal ristorante si spalanca la visione sulle palme, la piscina ed il mare blu a due passi, il richiamo per qualche foto e ripresa è troppo forte e ci precipitiamo fuori per questo primo corroborante assaggio di Madagascar.
Proseguiamo poi con un ottimo pranzetto a base di riso, pesce e zebù e dopo un briefing con Federica e Gianluca, che ci illustrano le principali attività ed escursioni che si possono fare su quest’isola, monto il fedele Dobson, che mi ha accompagnato anche in questa occasione. Fuori dal bungalow, un inserviente tiene in mano un camaleonte, uno degli animali tipici del Madagascar, che viene prontamente fotografato dalla spedizione.
Ci ritroviamo poco dopo tutti assieme alla spiaggia, per un primo bagno e con Stefano ci scambiamo alcune impressioni sulla diversità di clima e abbigliamento rispetto alle glaciali isole Svalbard, sperimentate lo scorso anno, poi ci stendiamo sui lettini davanti al ristorante, in attesa del tramonto.
Proviamo senza successo il green flash del sole, coperto all’ultimo da un’isola all’orizzonte, ma siamo ripagati poco dopo dalla stupenda congiunzione dei 3 pianeti, Venere, Giove e Mercurio, che formano un triangolo molto basso sull’orizzonte in un cielo veramente limpidissimo che si tinge di arancione e di rosso!
Penso che non avremo problemi ad osservare l’eclisse, questa è in assoluto la stagione più secca per questa zona del Madagascar. Ci raggiunge anche Esther con la sua strumentazione fotografica, mentre Marco e Roberto stanno già da un po’ scattando foto. Alzo lo sguardo e nel cielo che rapidamente si scurisce, compaiono la Croce del sud, Alfa e Beta Centauri e poco dopo una splendente luce zodiacale che si unisce alla Via Lattea australe in cui spicca il nero Sacco di Carbone. L’inquinamento luminoso, se si eccettuano i pochi faretti del ristorante, è praticamente assente.
Potremmo anche fare osservazioni direttamente al villaggio, ma dopo cena, per star sul sicuro, abbiamo organizzato assieme a Federica, osservazioni nel buio completo allontanandoci da lì su una vicina collinetta.
Procediamo così, dopo aver caricato la strumentazione su due jeep, arrampicandoci tra la fitta vegetazione fino alla sommità di un buio pianoro in cui posizioniamo telescopi e treppiedi fotografici. Fa un po’ fresco, ma è sufficiente una felpa per stare bene, Federica e alcuni membri locali dello staff del Corail Noir, sono curiosi di mettere l’occhio all’oculare del Dobson, per loro è la prima volta.
La Via Lattea splende luminosa e fra i vari oggetti celesti osservati spiccano Marte e Saturno altissimi sopra la testa, Elisabetta è entusiasta. Vengono prontamente inquadrati la bellissima galassia dello Scultore NGC 253 con il vicino globulare NGC 288 e poi tutti gli oggetti più celebri di Sagittario e Scorpione e ben presto si forma una coda di gente in attesa allo strumento.
Marco chiede a gran voce di puntare il globulare 47 Tucanae nella Piccola Nube di Magellano bassa sull’orizzonte sud e naturalmente viene accontentato, le grida di stupore richiamano alla visione di questo stupendo oggetto anche Bruno, Stefano, Ferruccio, Esther e Roberto, affaccendati con le loro foto. Ma c’è anche il tempo di scovare qualcosa di mai visto prima, come la poco nota galassia a spirale NGC 45 nella Balena, un ovale soffuso di mag.10,4 e dim (7’,4 X 5’,1).
Sorge la Grande Nube di Magellano e ci dedichiamo a qualche foto di gruppo con lo sfondo delle nostre galassie satelliti, prima di dichiarare chiusa la serata osservativa. Alla fine tutti quanti siamo molto soddisfatti del primo impatto col cielo del Madagascar.
Il giorno dopo 31 Agosto di buon mattino, siamo diretti al porto di Nosy Be, trasbordando su una piccola imbarcazione valigie e strumenti. Raggiungeremo dopo una mezz’oretta la riva dell’isola principale, saltando veloci sulle onde con i nostri ingombranti salvagenti arancioni. Siamo ad Ankifi una piccola e vivace cittadine portuale, con una discreta animazione sul pontile: svariati portatori spingono tra la folla di locali per accaparrarsi i bagagli dei turisti in arrivo e di conseguenza qualche mancia.
Si palesano anche Guy ed Eric, a loro spetterà il compito di trasportarci in jeep per ben 600 km fino a Mahajanga, luogo previsto per l’osservazione dell’eclisse, che raggiungeremo se tutto fila liscio in serata. Una lunga traversata che ci auguriamo non troppo impegnativa e stancante, ma che dovrebbe tuttavia consentirci di vedere il vero Madagascar.
Cerchiamo così di sfruttare al meglio le lunghe ore di strada, imparando da Guy un sacco di notizie sul paese, sulle sue tradizioni, la sua storia, la fauna e la flora così uniche.
Oggi, dice Guy, abitano il Madagascar 18 etnie, con tratti somatici e dialetti differenti, il paese è infatti un crocevia geografico tra Asia Arabia e occidente, che qui si evidenziano in mille frammenti culturali: il riso coltivato a terrazze come in Indonesia, le piroghe a bilanciere dei polinesiani, i libri di magia in caratteri arabi, l’allevamento brado tipico delle tribù africane, i mercati e i negozi indiani, le chiese cattoliche e l’amministrazione pubblica lascito dei coloni francesi, tanto per fare qualche esempio.
Siamo incuriositi da alcune case su palafitte lungo la riva, ebbene, riprende Guy, sono state costruite così a causa della marea, che in Madagascar ha escursioni notevolissime, quelle che invece vediamo nel sottobosco sono piante e fiori di cacao e vaniglia che crescono al riparo nell’ombra. Un cacao pregiato quello del Madagascar, uno dei migliori al mondo!
Finalmente presso un benzinaio troviamo la prima pubblicità dell’eclisse, è appesa alla porta del mini market in cui si vendono pure i classici occhialini con i filtri in mylar!
Attendiamo il rifornimento delle jeep sotto un grande albero del pane, poi proseguiamo il lungo itinerario, accompagnati da numerose palme del viaggiatore che ci sfilano accanto dai finestrini. E’ la pianta simbolo del Madagascar, continua Guy, altissima e robusta, in realtà un arbusto come il banano ed ha come principale caratteristica quella di raccogliere all’interno del suo fusto l’acqua piovana, canalizzata dalle ampie foglie, permettendo così al viaggiatore di dissetarsi.
Attraversiamo innumerevoli ponti sui fiumi sulle cui rive fotografiamo e filmiamo donne affaccendate a lavare i panni e bambini a saltellare e a giocare nell’acqua, poi sostiamo in un paesino con un fervido mercato per acquistare pane, tonno e sgombro in scatola: saranno il nostro pranzo per oggi. “Salama!”, ci augurano buona giornata in lingua locale.
Spesso la strada si riduce ad un sentiero che i pastori occupano con mandrie di placidi zebù portati al pascolo e il nostro convoglio procede lentamente, osservato in distanza anche da gruppi di aironi e ibis. Quando sono circa le 2 del pomeriggio decidiamo di fermarci per la sosta pranzo presso una sperduta area pic nic sotto alcuni alberelli. Il cielo è sempre blu ma per la prima volta vediamo affacciarsi alcune nubi bianchissime sospinte da un forte vento che alza a tratti la polvere rossa del terreno, ci sarà da preoccuparsi per l’indomani?
Le previsioni sono ottimali sentenzia Marco, non abbiamo nulla da temere. Consumiamo così il pasto frugale seduti su panche sgangherate in compagnia di alcuni cani randagi che hanno fiutato da chissà dove l’odore del cibo.
Riprende la marcia, infinita, un susseguirsi di villaggi, ponti, fiumi, donne che camminano sul ciglio della strada portando le più svariate merci sulla testa e il tramonto ci coglie ancora in jeep, stanchi ma determinati. Inesorabile, tra uno scossone e l’altro, il viaggio continua… calano le tenebre e i fari illuminano territori selvaggi…
Finalmente, quando sono le 21.30 entriamo a Mahajanga, la capitale del nord ovest del Madagascar, una città di 250.000 abitanti. C’è ancora il tempo per un sopralluogo al ristorante Chez Karon, ora chiuso e buio, ma che domani ci darà l’appoggio logistico necessario per l’osservazione del fenomeno. E’ tutto a posto, la visuale è perfetta, c’è una tettoia sotto cui ripararsi dal sole, la corrente elettrica per strumenti e computer e poi la comodità di pranzare direttamente lì al termine del fenomeno.
Distrutti ma soddisfatti raggiungiamo quindi il nostro Sunny Hotel Majungle che ci ristora con una buona cena e un comodo letto.
Ci svegliamo l’indomani 1 Settembre con un bel cielo limpido che ci fa apprezzare la piscina e i grandi giardini fioriti dell’hotel, in cui passeggiano lente e grosse tartarughe, ma a fianco scopriamo anche un recinto con alcuni coccodrilli!
Dopo un’abbondante colazione siamo pronti e carichi per osservare l’eclisse anulare, la mia terza per la precisione dopo quella in Libia nel 2005 e quella alle Maldive del 2010. Attraversiamo un mercato trafficato e dopo 15 minuti, quando sono le 9.30 del mattino, siamo al Chez Caron. Due lunghe ossa di balena ci accolgono all’ingresso assieme al personale, gentile e disponibile, che si affretta a trovare una prolunga per la corrente e ad allestire i nostri tavoli sotto la veranda.
Elisabetta documenta col suo tablet i preparativi e il montaggio degli strumenti, ci proteggiamo con un adeguato strato di crema solare e ogni tanto facciamo una capatina alla vicina spiaggia, l’ambientazione, con le immancabili palme ed il mare a due passi è decisamente suggestiva, meglio di così non potevamo sperare.
Il cielo è sempre limpido quando alle 10.47 tempo locale avviene il primo contatto, Marco parte con la sua sequenza di foto comandata dal computer, Ferruccio ed Esther sono sdraiati a terra per puntare il sole alto 61°, Stefano sfodera il suo Coronado P.S.T 40 mm e un Borg 50mm con filtro in luce bianca e Nikon D7 100, Esther il Pentax 75 su montatura Meade e la reflex Canon Eos 60Da su Polarie, con obiettivi vari fra cui un 18/200, Roberto una Canon 350D con MTO 1000 f10 e una Nikon AW 110, Ferruccio la Canon 40d modificata con rifrattore 500 mm f:5 e Panasonic Lumix DMC-FZ 200 per foto a grande campo, il tutto su montatura equatoriale, Bruno una Canon Eos 5D MKII, obiettivo Canon EF 17-40 f4 su Polarie e infine Marco un rifrattore acro 80/900 e Canon 700D.
Il ristorante possiede il collegamento Wifi per cui Ferruccio prova per la prima volta una diretta facebook, mostrando agli amici a casa le nostre osservazioni da questo luogo privilegiato e l’avanzare dell’ombra lunare sul disco del sole in cui sono presenti alcune macchie. Guy sorride assieme agli autisti guardando il fenomeno con gli occhialini e cominciano ad arrivare altri locali per pranzare al ristorante, curiosi della nostra strumentazione. Non c’è traccia di occidentali e tanto meno di astrofili.
Mentre si scherza proiettando attraverso le dita le falcette luminose di sole sul terreno o riflettendo sul volto le stesse falci filtrate dal palmeto, arrivano le prime nubi… ti pareva… Per il momento si alternano ad ampi squarci di sereno, ma all’orizzonte sembrano addensarsi, cupe e minacciose, il tempo passa e la cosa ci preoccupa, fra una mezz’ora inizia la fase anulare e comincia già a notarsi un sensibile calo di luce…
Esther e Bruno chiedono aiuto sui tempi di posa, si alza il vento, e purtroppo si intensificano le nubi, ricreando la stessa situazione vissuta nelle ultime due eclissi anulari, con la coltre nuvolosa a fare da filtro naturale per una contemporanea osservazione del paesaggio e del fenomeno senza bisogno di filtri. Suggestivo certo, ma questa volta si sperava in una diversa e limpida sequenza fotografica. Marco teme il peggio…
Ma la fortuna questa volta ci assiste e mentre osservo il sole allo spettacolare Coronado di Stefano, le nuvole diventano più sottili e si apre uno squarcio provvidenziale che mi mostra attraverso le irregolarità del bordo lunare una serie di grani di Baily durante il secondo contatto, ci sono pure alcune spettacolari protuberanze ad ore 7 e ad ore 9, che diventano via via più evidenti.
Ecco l’anello! Sono le 12,39 e nei 2’e 14 secondi successivi, durata dell’anularità, è tutto un susseguirsi di urla di meraviglia con osservazioni ad occhio nudo con gli occhialini, al binocolo e ai telescopi. La luce del paesaggio è diventata grigio-azzurrina e il vento dell’eclisse si intensifica. Parte un applauso dal gruppo di locali a pranzo sotto la veranda.
Alle 12.41 avviene il terzo contatto, con nuovi grani che splendono luminosi dai monti e dalle valli lunari, la fase anulare è terminata, tiriamo un sospiro di sollievo, ci è andata bene e nonostante l’incombere delle nubi abbiamo assistito ad un bellissimo spettacolo!
Termina la diretta facebook, che ha scatenato curiosità, meraviglia e forse qualche gufata, ma non il fenomeno che prosegue fino alle 14.24, quando l’ombra lunare abbandona definitivamente il disco del sole. Ci attende quindi il pranzo con un brindisi all’eclisse e il successivo smontaggio dell’attrezzatura.
Torniamo alle jeep parcheggiate accanto ad un maestoso albero della gomma e il nostro Guy, soddisfatto dell’avvenuta osservazione ci porta ad una vicina spiaggia piuttosto frequentata dove attendiamo il tramonto accanto ad alcune barche di pescatori tirate a riva.
E’il momento di un nuovo rilassante bagno, prima del ritorno in hotel, preceduto dalla visita ad un gigantesco baobab, proprio in centro a Mahajanga, un albero simbolo della città con più di 1000 anni ed una circonferenza di 21m attorno al quale vortica il traffico caotico della città fatto di auto, pulmini e tantissimi push push i taxi-risciò tipici del paese.
2 Settembre, dopo la consueta colazione, abbandoniamo Mahajanga per il lungo viaggio di ritorno, percorrendo a ritroso la stessa strada dell’andata. Dai villaggi polverosi ci saluta questo popolo sorridente: “tsara tsara” ha imparato a dire Bruno, termine che nella lingua locale sta per “bella”, riferendosi a qualche bellezza locale, ma anche “laky laky” per andare veloce o “Mora mora” per rallentare rivolti in questo caso al nostro autista.
Guy ci fa notare alcuni territori bruciati da incendi, è malgascia infatti la tradizione distruttiva dell’uso del fuoco per ottenere pascolo e terra da coltivare, il 90 per cento delle foreste del Madagascar purtroppo sono oggi scomparse e con esse molta della straordinaria fauna che abita questo paese. Si sta tentando di arginare il fenomeno e si lavora perché questo frammento di paradiso non vada perduto, attraverso divieti e la realizzazione di parchi naturali protetti sperando che lo sforzo vada a buon fine… Ci fermiamo per il pranzo al sacco sotto un enorme albero di mango e un gruppo di bambini, provenienti da case vicine, dopo un’iniziale timidezza ci vengono a far visita.
Il viaggio è sempre lunghissimo, interrotto solo dalle soste per il rifornimento di carburante in cui si approfitta per sgranchirsi le gambe.
Si fa di nuovo sera, Ferruccio nel frattempo perde gli occhiali e Stefano comincia ad accusare un deciso mal d’auto. Ma ormai siamo in arrivo, manca poco ed ecco il nostro nuovo Hotel Antsanitia Resort, a pochi km dal porto di Ankifi in cui posiamo i bagagli accomodandoci nei caratteristici bungalows.
Ceniamo presso il locale ristorante, una caratteristica terrazza a palafitta con vista mare che apprezziamo in pieno l’indomani alla luce del sole di una splendida giornata, che illumina i baobab, le piante tropicali e una lunga spiaggia con bassa marea, motivo che ci impedisce di partire con la barca direttamente dall’hotel.
Tornano quindi a prenderci le due jeep nel parcheggio del resort dove un granchio gigantesco cammina di lato a chele aperte, salutiamo Guy e gli autisti ringraziandoli per il prezioso aiuto e Ferruccio ritrova pure gli occhiali sotto al sedile. Riprendiamo il nostro barchino per Nosy Be e altre jeep ci riportano al Corail Noir attraversando vasti campi di canne da zucchero e di vaniglia. Dopo pranzo quasi tutto il gruppo decide di effettuare un po’ di snorkeling nelle vicinanze in compagnia di Maurizio e in corso di escursione verranno avvistate svariate tartarughe marine. Un nuovo bellissimo tramonto con una sottile falce di luna a barchetta in congiunzione con Venere saluta il nostro gruppo sul bordo piscina in attesa della cena.
Decido di portare il Dobson e nonostante qualche luce osserviamo con soddisfazione l’ammasso globulare Omega Centauri e la galassia Centaurus A, sempre magnifici poi su suggerimento di Federica, facciamo un sopralluogo nel giardino di una vicina villetta sulla spiaggia, che si rivela una volta spenti alcuni faretti, un ottimo punto osservativo. E così, dopo una cena a buffet accompagnata da musica dal vivo, torniamo sul posto ad osservare lo stupendo cielo australe che si accende sopra di noi.
La temperatura è gradevole, Ferruccio e Marco danno indicazioni a Bruno sullo stazionamento del Polarie con Sigma Octantis, la stella polare del sud e i risultati non si faranno attendere. Osserviamo al Dobson con il filtro h-beta la rossa nebulosa diffusa “ Impronta di Gatto” nello Scorpione chiamata anche NGC 6334, e la vicina nebulosa “Guerra e pace” (NGC 6357), visibili all’oculare da 40 mm come tenui chiazze nebulari piuttosto larghe e comunque evidenti.
Mi sposto nella Corona Australe dove rivedo il bel gruppetto di oggetti costituito dal globulare NGC 6723, e le nebulose diffuse NGC 6726-7 e questa volta vedo più chiaramente anche la vicina IC 4812, di magnitudine 9,9 e dimensioni 7’X10’, più debole delle precedenti.
Un fascio di luce incerto lungo il sentiero ci annuncia l’arrivo di Esther accompagnata da Elisabetta, che si uniscono a noi per qualche altra osservazione e foto, poco dopo arriveranno anche Stefano e Federica in compagnia di un amico. Risaliamo lungo i luminosi ammassi aperti della coda dello Scorpione (H12 su tutti) fino ad arrivare ad Antares e al grande globulare M4, poi con il filtro OIII ci appaiono in tutta la loro magnificenza le nebulose Laguna, Trifida e Omega nel Sagittario.
Rimaniamo ancora un po’ a contemplare le costellazioni australi ad occhio nudo, il Lupo, l’Altare, il Telescopio, il Microscopio, l’Indiano, il Tucano, il Dorado, sempre emozionanti e sconosciute ai più, poi archiviamo la giornata.
4 settembre, partiamo in barca con Eliana, per l’isola e riserva marina di Nosy Tanikely, il cielo è limpidissimo, il mare tranquillo, ci racconta che ieri hanno avvistato una balena proprio qui, nel canale di Mozambico anche se non è ancora stagione, ci guardiamo attorno, ma purtroppo non abbiamo la stessa fortuna. Penso a questo mare così ricco di pesci tra i quali si annoverano addirittura gli straordinari Coelacantus, veri e propri fossili viventi che si pensavano estinti da milioni di anni alla fine del Cretaceo e riscoperti qui incredibilmente nel 1938.
Approdiamo sulla spiaggia bianchissima dell’isola e ci incamminiamo nella foresta per raggiungere il faro, una giovane guida ci indica una verdissima lucertola accanto ad un noni, una pianta medicinale e poi il jackfruit un albero che produce un grosso frutto dal gusto simile all’ananas misto a banana, che può pesare fino a 40 kg e finalmente i primi lemuri del genere “fulvus” (della famiglia delle volpi volanti) appollaiati sugli alberi e sospettosi.
I lemuri sono gli animali più rappresentativi del Madagascar, infatti vivono solo qui e in nessun’altra parte del mondo! Queste simpatiche proscimmie, che hanno una vita media di 30 anni, sono mammiferi innocui e facilmente addomesticabili, si nutrono di frutta e vivono in piccole comunità sugli alberi, spostandosi con notevole abilità da un ramo all’altro grazie alla grossa coda prensile.
Ne vediamo anche uno più socievole, un lemure macaco, che si fa fotografare attirato dal richiamo della nostra Eliana, prima che il nostro gruppo salga sul faro per ammirare il panorama dall’alto, con alberi di papaia e palme del viaggiatore che scendono fino al mare cristallino.
E’ proprio lo snorkeling al parco marino di Tanikely quello che ci attende subito dopo e così, risaliti sulla barca e indossati maschera e boccaglio ci tuffiamo nella barriera corallina, circondati da una miriade di pesci colorati, barracuda, razze, cernie, coralli, spugne, oloturie, ma anche svariate tartarughe marine che ci nuotano attorno lente ed eleganti.
Ci dirigiamo quindi una volta raccolto il gruppo, a Nosy Komba, l’isola dei lemuri, una grossa montagna di 622 m rivestita da una foresta tropicale densa e fitta che assomiglia ad un gigantesco carapace di tartaruga, con rocce vulcaniche che la proteggono dalle mareggiate. Pranziamo in un bel ristorantino panoramico, costruito col legno e le foglie dell’albero del viaggiatore e attraversiamo un piccolo villaggio, in cui le donne battono col bastone in un recipiente, nell’antica tecnica di pulitura del riso e macinatura del grano.
Una nuova giovane guida ci accompagna indicandoci via via piante di caffè, cacao, rambutan, fino ad un piccolo zoo safari in cima alla collina dove troviamo la tartaruga Carolina, una tartaruga gigante dal collo lungo di 55 anni. Poi ad un preciso richiamo ci troviamo improvvisamente circondati da un folto gruppo di lemuri macaco! Sono rapidissimi e curiosi, saltano tra i rami atterrando sulla testa e sulle nostre spalle, abbastanza addomesticati e attirati da alcune banane che vengono mangiate rigorosamente prima dalle femmine, poi dai maschi. La guida ci dice che sull’isola ci sono più di 300 esemplari.
E’ quindi la volta di un’altra tartaruga più piccola e di un cucciolo di Boa constrictor che ci viene prontamente messo al collo come sciarpa.
Termina così questa interessante escursione e al tramonto siamo di nuovo al Coral Noir per tornare dopo cena, complice il cielo sempre molto limpido, alla postazione osservativa di ieri. Tra i vari oggetti scovati col telescopio ce ne sono due mai visti prima, si tratta di galassie nella costellazione della Gru: NGC 7496, una spirale barrata di dimensioni 3,3’X3,1’ e magnitudine 11,4 ed NGC 7531, sempre una spirale, un ovale più schiacciato di simile luminosità e dimensioni 4,5’X1,7’. Entrambi si trovano ad una distanza di circa 70 milioni di anni luce. Su consiglio di Marco, a quel punto abbandoniamo le osservazioni per riprenderle qualche ora dopo, infatti l’idea è quella di svegliarsi alle 3 e 30 per osservare nel dettaglio la Grande Nube di Magellano, per quell’ora sufficientemente alta sopra l’orizzonte.
Al risveglio il villaggio è deserto e silenzioso e il cielo bellissimo, sono sorti anche Orione, Sirio e Canopo, busso alla porta di Bruno che è già pronto, così come Marco e Stefano. Procediamo alla luce delle torce in bilico sullo stretto muretto che separa il giardino della villa dalla spiaggia, i nostri strumenti sono ancora lì, quasi non ci accorgiamo di un guardiano che sonnecchia su una poltrona di fronte al Dobson, è perfettamente mimetizzato con la notte. “Uomini delle stelle!” ci saluta in malgascio e se ne va… Ecco, la Grande Nube è davanti a noi sufficientemente alta sull’orizzonte e pure la Piccola si è alzata parecchio. Marco non vede l’ora di puntare la Tarantola ed eccola lì la NGC 2070 una gigantesca nebulosa che se si trovasse alla distanza di Orione, sarebbe grande in cielo come 60 lune piene!
A proposito di nebulosa di Orione non possiamo mancare di puntarla col Dobson, sempre bellissima e ricca di dettagli, che cambiano con l’utilizzo dei vari filtri.
Poi si ritorna alla Grande Nube, un oggetto posto a 170.000 anni luce di distanza ed è tutto un groviglio di nebulose e ammassi in cui è difficile orientarsi, Marco ricorda come al Tivoli in Namibia ne abbia osservati a decine, utilizzando il 50 cm della famosa farm. Cedo quindi il timone dello strumento a lui, uno dei pochi in grado di dare del tu al cielo e agli oggetti deep sky. La Grande Nube è un vero scrigno di tesori e Marco Individua rapidamente il quartetto nella parte est di questa galassia, ovvero NGC 1760 61-63-69, noti nell’insieme come complesso nebulare N 11. I primi sono brillanti nebulose ad emissione attorno alla nona magnitudine e larghe una ventina di primi d’arco, la 1763 ha anche un nome, “bean nebula”, mentre 1761 è un bell’ammasso aperto di stelle azzurrine.
Ci spostiamo al centro e qui un nuovo grappolo: NGC 1850-54-58, il primo è un ammasso aperto estremamente compatto, che a prima vista sembrerebbe un globulare, ma la giovane età delle sue componenti ne rivelano vera natura, le dimensioni sono 3,4’ e la luminosità è di 9,0. Il secondo è invece un giovane ammasso globulare di dimensioni e luminosità un po’ più ridotte del precedente (10,5), il terzo di nuovo un ammasso aperto di 9,9.
Attraversando con l’oculare una moltitudine di altre piccole e grandi condensazioni si arriva nella parte nord della galassia dove scoviamo un altro quartetto: NGC 1955-2032-2014 e 1934. Il primo è un ammasso aperto, il secondo un resto di supernova, il terzo una nebulosa associata ad una ammasso stellare ( dim 2’ e mag 8,0 ) la quarta infine è la Crazy frog mouth ed è una nebulosa dalla forma particolare che ricorda una rana con la bocca aperta.
Si passa quindi alla Piccola Nube (210.000 anni luce di distanza) in cui scoviamo NGC 346 ( mag 10,3 dim 14X11’) un ammasso aperto circondato da una nebulosa, così come il secondo NGC 371 (7,5’) ed NGC 330, un ammasso globulare dalla forma leggermente ellittica, le dimensioni sono di 1,9’ e la luminosità di 9,6.
5 Settembre, ci attende l’escursione a Lokobe, l’ultima foresta primaria di Nosy be, estesa 740 ettari e raggiungibile solo in piroga, qui vivono lemuri, camaleonti, insetti e svariati uccelli tropicali. Ci trasferiamo in pulmino al villaggio di pescatori di Ambatozarawy a sud dell’isola da dove ci si imbarca a bordo di una piroga tradizionale a 4 posti accompagnati da un timoniere locale. Avanziamo a piedi nudi sulla sabbia fangosa e prendiamo posto su varie piroghe, il mio equipaggio comprende Ferruccio, Marco e Bruno. Iniziamo a pagaiare e raggiunto un buon equilibrio di forze, cominciamo a superare di slancio le altre imbarcazioni.
Il bilanciere laterale sembra accarezzare il mare e voliamo spediti affondando con energia la corta pagaia nell’acqua: “destra, sinistra, forza, dai così!” il ritmo è frenetico, “Ooop! Su ragazzi manca l’ultima piroga da superare!” Incalza Bruno. Alla fine vinciamo questa gara improvvisata con un distacco di almeno 10 min dagli inseguitori, con i complimenti del timoniere. Arriviamo quindi al villaggio di Ampasipohy, porta di accesso alla riserva naturale, accolti dai bambini con balli e canti.
Ci cambiamo con vestiti adatti alla foresta e seguiamo Angelito e altre guide, che ci spiegano che dobbiamo camminare in silenzio, per non spaventare gli animali che qui vivono in assoluta libertà, occorre cercarli con attenzione e con pazienza visto che si nascondono molto bene tra la vegetazione.
Occhi e mente aperti, dunque!
Il primo animale che individuiamo è un geco foglia, perfettamente mimetizzato sul tronco di un albero, poi numerose piante medicinali ed endemiche e un piccolo serpente non velenoso (non ne esistono di velenosi in Madagascar), raccolto in mano da Angelito.
Ed ecco un nuovo incontro con i lemuri, questa volta nel loro ambiente naturale, si tratta di epilemur ( lemuri notturni) con grandi occhi arancioni e pelo grigio-fulvo, ce ne sono parecchi, spesso a coppie, con il piccolo abbracciato alla madre. Le guide scovano tra gli altri animali anche un grosso boa constrictor e non si sa come viste le piccole dimensioni ed il buio della foresta, la rana ed il camaleonte più piccolo del mondo, di appena 3 cm di lunghezza! La leggenda dice che porti sfortuna pestarlo, facciamo quindi molta attenzione…
L’escursione a Lokobe termina infine con l’avvistamento di un uccello del paradiso dal caratteristico verso, e da una tana di formiche rosse.
Tornati al villaggio, ci attende sotto una grande veranda il nostro pranzo: riso al cocco, granchi in salsa, pesce grigliato, carangide, tonno fresco e poi spiedini di gamberetti e zebù, niente male!
C’è ancora tempo per l’acquisto di qualche souvenir presso le donne del villaggio, soprattutto oggetti in legno di palissandro ed ebano e poi tessuti variopinti ed essenze di Ylang ylang, da cui si dice venga ricavato il famoso profumo Chanel n°5.
Poi si risale sulla piroga, ma questa volta lasciamo un ampio margine di vantaggio agli altri partecipanti, cercando di rendere un po’ più avvincente la gara, ma il risultato purtroppo è il medesimo, recuperiamo e vinciamo comunque nonostante bassa marea e mangrovie. Avremo un futuro in questo sport!
Un’ultima cena a base di aragosta e l’indomani salutiamo il Madagascar, Nosy Be, il Corail Noir ed il suo splendido staff, con un ringraziamento speciale a Federica, che è stata veramente disponibile ed efficace e con la speranza di tornare un giorno a visitare con più calma questo paese e le sue incredibili ed uniche bellezze naturali.
LE FOTO SONO DI: Marco Cardin, Esther Dembitzer, Massimiliano Di Giuseppe, Bruno Giacomozzi,Roberto Iorio,Stefano Ottani, Elisabetta Stepanoff e Ferruccio Zanotti.
Massimiliano, complimenti per il simpatico e dettagliato resoconto! Mi hai fatto rivivere con il sorriso sulle labbra la mia bella prima esperienza di un’eclisse anulare. Chapeau! 😄
Ciao a tutti. Ho letto con grande piacere il tuo resoconto, Massi, e ho rivisitato con nostalgia i “nostri” luoghi e la nostra avventura. A presto amici. Esther