ISLANDA 2012: caccia alle Aurore nella terra dei Vichinghi!
di Massimiliano Di Giuseppe
Ci avevamo già provato nell’Ottobre 2000 ad organizzare un viaggio in Islanda in occasione dell’ultimo massimo solare senza purtroppo raggiungere il numero minimo di partecipanti, ma questa volta ce l’abbiamo fatta, siamo in 15 quando ci ritroviamo all’aeroporto di Milano Linate, tutti ansiosi di ammirare uno dei più impressionanti e affascinanti fenomeni atmosferici:l’aurora boreale!
L’organizzazione del viaggio è affidata ancora una volta all’agenzia CTM Robintur, Coelum, Coop Camelot e Sait Puglia.
La nuova attività solare si è fatta attendere ma di recente si è assistito ad una serie di esplosioni solari e brillamenti come non si vedevano da anni che fanno ben sperare la nostra spedizione, diverso è il discorso meteo che alimenta invece non pochi dubbi e frustrazioni: un’alta pressione anomala con temperature molto più elevate della norma si estende in tutta Europa fino a Copenhagen, più a nord regna invece incontrastato un vortice di bassa pressione che ha il suo centro proprio sopra l’Islanda…
Alcuni amici che sono già stati in questo meraviglioso paese ci dicono che comunque nell’arco di una giornata il tempo è variabilissimo occorre avere fiducia. Mah, speriamo!
Facciamo scalo proprio a Copenhagen e qui il nostro gruppo composto dai già noti Ferruccio Zanotti, Arianna Ruzza, Maurilio Grassi, Barbara Scura, Alberto Palazzi, Esther Dembitzer, Gianpaolo Lucci, Paolo Minafra, dai nuovi Andrea Battistella, Giacinto e Mirta Malagoli, Giovanna Corsi, Roberto Giumelli e lo scrivente, si imbarca sull’aereo per Reykjavik, capitale dell’Islanda, fondata dai Vichinghi nel IX secolo. E’ il 22 Marzo 2012.
L’aereo entra nelle nuvole basse che quasi toccano il terreno ed un ambiente tetro ci accoglie accentuato dal nero paesaggio lavico, naturalmente non può mancare la pioggia, sottile e autunnale. Ben diversa è la nostra guida Guony Margret Emilsdottir, un’altissima vichinga bionda, spiritosa e sorridente che ci dice subito di non temere, il martello del dio Thor squarcerà le nuvole e riusciremo a vedere le aurore! Mmmmh, intanto abbiamo perso 2 bagagli, quelli di Arianna e Barbara…
Veniamo condotti con il pullman del nostro autista Saemundur al gigantesco cupolone chiamato Perlan, un complesso costruito attorno a enormi cisterne di acqua calda della collina di Oskjuhlio a 2 km dal centro della città. All’interno, oltre ad un’alta fontana che simula un geyser artificiale, si trova il moderno museo delle saghe, con manichini acconciati che raccontano l’antica storia islandese dai primi colonizzatori irlandesi, alle incursioni vichinghe e alla dominazione danese. Saliamo anche al piano superiore dove, da una terrazza esagonale si potrebbe ammirare il panorama sulla città se non ci fossero le nuvole.
Il giro dal pullman prosegue poi con il centro storico, il Parlamento, il Museo Nazionale, Hofdi, la casa in cui è avvenuto il summit tra Reagan e Gorbaciov nel 1986 che portò al successivo disgelo tra le due superpotenze ed il porto in cui notiamo tantissime imbarcazioni dedicate al Whale Watching, l’avvistamento dei cetacei, previsto anche per il nostro gruppo il penultimo giorno.
Nel frattempo Margret ci racconta, con il suo tipico intercalare ( yau !), che la settimana prima un gruppo di giapponesi ha visto le aurore tutte le sere, addirittura di colore viola ed arancione! Dal nostro gruppo partono commenti più o meno coloriti all’indirizzo dei giapponesi mentre guardiamo dai finestrini un clima che almeno per stasera non lascia speranze.
Arriviamo quindi al nostro hotel Baron in cui riposiamo un po’ prima della cena prevista al Fish Buffet un caratteristico ristorante in cui ci abbuffiamo di salmone (lax), trota (silungur) e merluzzo (porskur), preparati con le più svariate ricette ed alcuni assaggiano pure la balena!
La mattina del 23 ci coglie attorno al computer dell’hotel per consultare febbrilmente le previsioni meteo dei prossimi giorni, pare che verso est dove siamo diretti, in serata dovrebbe migliorare con squarci di sereno anche il giorno dopo, più avanti dice Paolo, meglio non guardare. Osserviamo un dipinto con sgargianti aurore nella hall, speriamo sia di buon auspicio!
In quel momento arriva Margret con le valigie perdute all’aeroporto e gli animi si rasserenano. Il cielo per il momento no, abbandoniamo Reykjavik e affrontiamo un passo chiamato Hellisheidi tra montagne coperte di neve in mezzo a nuvoloni grigi e sotto una pioggia scrosciante. Maurilio si gira verso di me con uno sguardo eloquente, Enrico ride, Alberto scuote la testa, altri cel’hanno ancora coi giapponesi.
Sostiamo un attimo a Sellfoss per cambiare gli euro in corone islandesi e per osservare alcune serre con pomodori, poi la marcia prosegue e Margret ci indica in mezzo alle nubi dove dovrebbero trovarsi il vulcano Hekla il più famoso e attivo d’Islanda ( un’eruzione ogni 10 anni ), alto 1491 m e il ghiacciaio Eyjafiallajokull, dal nome impronunciabile che 2 anni fa sconvolse il traffico aereo dopo aver prodotto una gigantesca nube di detriti che si è alzata nell’alta atmosfera rimanendo parecchi giorni in sospensione.
Arriviamo dunque alla prima tappa della giornata: la cascata Seljalandfoss, alta e romantica , con un sentiero che permette di passare proprio dietro alla cortina d’acqua che precipita fragorosamente gettandosi in un laghetto. Anche se ci si bagna un po’ siamo felici, le nubi ora sono più sottili e sta comparendo un timido sole in squarci di azzurro pallido su cui si stagliano numerosi fulmari e cigni in volo in formazione.
Si parte di nuovo per un’altra cascata, quella di Skogafoss, più alta e imponente con un salto di 62 m. Per godere pienamente della vertiginosa panoramica ci arrampichiamo su un sentiero che permette di vederla dall’alto tra spruzzi e arcobaleni, una visione incantevole! Consumiamo poi il pranzo costituito da panini comprati in precedenza in un market e Alberto si abbevera direttamente dal ruscello che dalla cascata và verso il mare.
Riprendiamo il viaggio mentre il cielo si chiude ancora una volta e Margret ci conduce ad una tappa non prevista da programma, le spiagge nere di Dyrhòlaey. Ci racconta che il clima in Islanda non è mai troppo freddo e anche d’inverno la temperatura scende raramente sotto lo 0 a causa della benefica influenza della corrente del Golfo, calda e umida, che lambisce la parte sud dell’isola.
Arriviamo sulla cima di un altopiano roccioso da cui osserviamo un mare in burrasca che si infrange sulle alte falesie e sulla sabbia nera vulcanica costringendo alcuni del gruppo a brusche ritirate per non bagnarsi.
L’ultima tappa della giornata è la cittadina di Vik ( in islandese baia ) con il suo negozio di souvenir Vikurprjòn, in cui è possibile assistere alla lavorazione della lana e alla realizzazione dei tipici maglioni islandesi. Uscendo, dalla vicina costa osserviamo nella bruma i faraglioni spettrali di Reynisdrangur . Il cielo è grigio e cade una leggera pioggerella quando passiamo con la strada in mezzo ad una gigantesca colata lavica solidificata, il risultato della più catastrofica eruzione da quando l’Islanda è stata colonizzata, avvenuta nel 1783 ad opera del vulcano Katla appartenente al ghiacciaio Myrdalsjokull.
Oggi il nero basalto è ricoperto da muschi e licheni di colore verde e da chiazze di neve. I campi di lava, secondo gli islandesi ci dice Margret, sono popolati da spettri, gnomi, elfi, folletti e troll, il cosiddetto popolo nascosto e le leggende che li riguardano vengono tramandate di generazione in generazione e anche oggi molti islandesi giurano di vederli. Arriviamo quindi al nostro hotel Klaustur, nella piccola cittadina di Kirkjubaejarklaustur, quasi uno scioglilingua e qui durante la cena pianifichiamo le nostre attività di caccia all’aurora.
Fuori piove, ma stando alle previsioni fra un’ora il cielo si dovrebbe liberare, un’occasione da non perdere vista la situazione dei prossimi giorni in cui ci sarà un ulteriore peggioramento. Avvisiamo Margret e il nostro autista di tenersi pronti alle 22.00 per cercare un luogo buio, visto che il nostro hotel si trova vicino alle luci della cittadina. Puntualmente, alle 22.00 il cielo è sgombro e tutto il gruppo, con l’eccezione di Alberto e Giovanna sale sul pullman con macchine fotografiche e cavalletti al seguito, il più attrezzato è Andrea, che non vuole assolutamente tornare a casa a mani vuote, almeno un’aurora bisogna vederla!
Percorriamo la strada litoranea verso est e dopo pochi km ci fermiamo in uno spiazzo accanto ad una cascata. Il cielo è sufficientemente buio anche se sono presenti tracce di nebbia alta che vanno e vengono disturbando le osservazioni. Esther grida: “Ecco l’aurora!”. Una luminescenza giallo verde sotto Cassiopea in rapido movimento ha tutte le carte in regola e molti di noi sostengono questa ipotesi prima di rendersi conto che non sono altro che riflessi di luci lontane sulle nubi basse. Attendiamo un po’…nulla…Siamo costretti a cambiare per due volte il sito osservativo spostandoci col pullman ancora più a est quando le nubi e la nebbia si fanno più invadenti, ma alla fine il risultato non cambia, non c’è traccia di aurore. Attorno a mezzanotte decidiamo di tirare i remi in barca visto che il tempo peggiora e che anche l’attività aurorale segnalata di livello 1 su un apposito sito internet, non consente grandi speranze.
Il mattino dopo per curiosità controlliamo un sito svedese in cui una webcam registra ogni notte le aurore e con orrore notiamo che attorno alle 2 di notte ( la’ il cielo era sereno ), è comparsa un’aurora verde con vistosi bordi viola! No comment…
E’ il 24 Marzo e la nebbia regna sovrana, perfino Margret dice di non aver mai visto una cosa del genere, anche se per alcuni di noi che vivono in val padana è un paesaggio piuttosto familiare. Oggi il programma prevede di passeggiare sui ghiacciai e di vedere da vicino una laguna glaciale con tanto di iceberg, sarebbe seccante non vedere nulla.
Passiamo accanto al più grande ghiacciaio di Islanda il Vatnajokull in cui si trova la cima più alta dell’isola, il monte Hvannadalsnnùkur ( 2119m), purtroppo immerso nella nebbia e il morale della compagnia è basso, neppure Maurilio, che prende il microfono e inizia a raccontare qualche barzelletta riesce a risollevare la situazione. Ci fermiamo, Margret ci mostra ciò che resta di un ponte stradale inghiottito insieme ad altri ponti dall’alluvione glaciale ( jokulhaup ) del 1996 dovuto allo scoglimento dei ghiacci in seguito all’eruzione del vulcano Grimsvotn. A ricordare il disastro ci sono oggi un monumento eretto con le travi dei ponti distrutti.
Siamo nella zona di Skeioararsandur, ( sandur sta per pianura di detriti glaciali ) qui ci dice Margaret un po’ sconsolata, il panorama sarebbe stupendo. Ma a quel punto succede qualcosa, Thor ,probabilmente impietosito dal nostro sfortunato gruppo italiano, aziona il suo martello e … miracolosamente la nebbia si dirada, appare il sole e ci troviamo improvvisamente circondati da alte montagne innevate, in uno scenario favoloso, immediatamente tutti scendono dal pullman e parte la prima foto di gruppo!
Con un rinnovato entusiasmo arriviamo al Parco Nazionale di Skaftafell, che racchiude una collezione spettacolare di vette e ghiacciai. Dopo una rapida sosta al centro visite con annesso museo e sala proiezioni in cui ci mostrano un filmato sull’alluvione del ’96, percorriamo a piedi un sentiero tra betulle nane, piante di mirtillo e cascatelle, che ci conduce dopo una mezz’ora proprio di fronte al ghiacciaio Skaftafellsjokull, imponente e dai riflessi azzurrini. Il tempo regge anzi sembra migliorare sempre di più e questo ci consente di apprezzare a dovere questo luogo di una bellezza veramente selvaggia.
Il ghiacciaio è da molti anni in arretramento e negli ultimi 50 anni ha perso ben 1 km in lunghezza, ma il suo fascino rimane immutato.
Le sorprese non sono finite, il pullman ci porta ad una seconda lingua glaciale lo Svinafellsjokull che raggiungiamo dopo una breve camminata. E’ ancora più bello del precedente, scende dalla montagna incanalandosi verso valle, in un silenzio rotto ogni tanto da rumori secchi e scricchiolii dei blocchi che si staccano e precipitano nei crepacci. Un limpido sole trae luccichii sul ghiaccio e sulle acque di scioglimento che hanno formato un laghetto alla sua base.
Pranziamo in una vicina locanda sotto un cielo completamente sgombro di nubi e ci dirigiamo verso un’ altra perla di questo viaggio, la laguna glaciale di Jokulsarlon. Quella che ci appare improvvisamente dalla strada è una distesa incredibile di iceberg trasparenti, bianchi e di un magnifico azzurro intenso, che si muovono lentissimamente nella laguna e a volte si ribaltano.
Rimaniamo a bocca aperta ad ammirare questo spettacolo e ci avviciniamo per fotografare queste vere e proprie sculture di ghiaccio. D’estate ci spiega Margret, un’ imbarcazione ti fa navigare tra gli iceberg, ma in questa stagione ce ne sono troppi, è impossibile, ci limiteremo a guardarli dalla riva. Provengono dal ghiacciaio Breioamerkurjokull e si spostano lentamente in questa laguna di 17 kmq e profonda 600 m, formatasi soltanto 75 anni fa, per poi dirigersi verso il mare. Prima di lasciare questo incredibile luogo facciamo anche in tempo a notare un gruppo di cavalli islandesi sulle rive e alcune foche che sguazzano allegramente.
Il cielo si annuvola di nuovo quando ci rechiamo all’ultimo appuntamento della giornata, la cascata di Svartifoss, detta anche cascata nera, che si trova sempre nel Parco di Skaftafell. Il tempo cupo, ben si adatta a questa cascata incorniciata da un anfiteatro di nere colonne di basalto, che raggiungiamo dopo un breve sentiero.
Siamo sempre praticamente soli, il periodo di Marzo è infatti quello meno frequentato dai turisti e questo ci fa assaporare ancora meglio le bellezze di questa terra. Torniamo in albergo e dopo cena, visto il tempo nuvoloso, Margret ci mostra un filmato sulla ricostruzione dell’eruzione del 1783 e poi rimaniamo a chiacchierare nella saletta fino a tardi.
25 Marzo, lasciamo l’Hotel Klaustur e la sua impronunciabile cittadina sotto una pioggia battente per sostare qualche minuto alle colonne poligonali di basalto di Kirkjugòlf, che in passato indussero a pensare che si trattasse del pavimento di una chiesa anzichè di un’opera della natura e alla vicina chiesa luterana.
Ripercorriamo la stessa strada dell’andata e torniamo a Vik alle spiagge nere e alle rocce di Reynisdrangar per vederle da una diversa angolazione. Alte 66m, la leggenda vuole che si siano formate quando 2 giganti provarono a trascinare a terra una nave a tre alberi che al mattino si tramutò in pietra. Nella luce livida di questa giornata grigia sembrano proprio fantasmi di giganti che emergono dal mare.
Dopo un pranzo nel market di 2 giorni fa deviamo dalla strada litoranea n°1 alla n°30, per dirigerci a Geysir, la sorgente calda per antonomasia, che ha dato il nome a tutti i geyser del mondo e in particolare sostiamo a quello di Strokkur, sempre sotto la pioggia, un geyser di acqua bollente che erutta ogni 10 minuti circa con spruzzi alti dai 15 ai 30m a causa della pressione geotermica dell’acqua intrappolata nelle fenditure del terreno.
L’Islanda è infatti un’isola giovane geologicamente, nata appena 17 milioni di anni fa, da una gigantesca fuoriuscita di magma dalla dorsale medio atlantica e tanti sono i segni di questa giovinezza, dai terremoti, alle faglie, dai geyser ai vulcani attivi. E’ una terra di fuoco e di ghiaccio!
Andiamo poi alla cascata di Gullfoss, la cascata d’oro, la più spettacolare di tutto il tour, che si getta dalle montagne coperte di neve e ghiaccio con un doppio salto di 32 m sollevando gigantesche nubi di vapore. Mentre ci rechiamo al nostro hotel Fludir, nell’omonimo paesino, qualche piccolo squarcio di azzurro si fa strada nella coltre grigia alimentando le speranze per la notte osservativa. L’attività aurorale è classificata 2, potremmo riuscire a vedere qualcosa se il clima ci desse una mano.
Ma al nostro arrivo in hotel la nostra attenzione è attirata da due vasche Jacuzzi con acqua calda ed idromassaggio all’aperto, nel cortile interno su cui si affacciano le stanze dello splendido hotel. La temperatura esterna è fresca ma non proibitiva, ci mettiamo in costume ed io seguito da Arianna, Maurilio, Ferruccio e Paolo ci rilassiamo a dovere per una buona mezz’ora. Controlliamo sempre più fiduciosi il meteo durante la cena dal grande finestrone dell’hotel, dedicato proprio all’osservazione delle aurore ed anche Margret si dice convinta che stasera vedremo qualcosa.
Le nuvole basse vanno e vengono velocemente aprendo squarci a volte notevoli da cui occhieggiano le costellazioni primaverili ed una stella polare alta 64 gradi. Dai che ce la facciamo! Scrutiamo verso nord ovest ma non si vede nulla, non fa per niente freddo ma comunque alterniamo le osservazioni a qualche momento di relax sui divanetti della hall. Ormai è mezzanotte e la maggior parte del nostro gruppo si è ritirata nelle proprie stanze, rimangono i più stoici, Ferruccio, Enrico, Andrea, Giacinto, Mirta, Esther e il sottoscritto. Il portiere dell’hotel ci porta un tè caldo spiegandoci che spesso le aurore si vedono dopo la mezzanotte, ma sono ormai le 2 e non succedde niente. Rimangono solo Ferruccio e Andrea con la loro attrezzatura fotografica, anch’io mi ritiro anche se ordino a Ferruccio di svegliarmi in caso di aurora.
45 minuti dopo sento bussare decisamente alla porta della camera, mi ero appena appisolato ma mi desto rapidamente, socchiudo la porta e intravedo la sagoma di Ferruccio che sorride lievemente, c’è l’aurora! Sveglio Arianna e ci precipitiamo fuori, ci metto un po’ ad adattarmi al buio e scrutando a nord ovest effettivamente qualcosa si vede, un tenue chiarore lattescente che si solleva dall’orizzonte. Le fotografie, in cui compare il caratteristico colore verde non lasciano dubbi, stiamo proprio osservando un’aurora boreale! Non è particolarmente spettacolare, ma è già un buon risultato considerando le premesse, non andremo a casa a mani vuote! Mentre ci complimentiamo a voce alta, svegliamo Gianpaolo che tira la tenda della sua stanza rimane un po’ a scrutare il cielo e poi la richiude. Proviamo a bussare alle altre stanze ma tutti dormono profondamente e non ci pensano proprio ad uscire. Un nuovo peggioramento climatico ci induce poi a chiudere la serata, siamo moderatamente soddisfatti.
Il giorno 26 il mattino si presenta molo nuvoloso e ventoso, l’autista dice che è in arrivo una vera e propria tempesta di vento ed è preoccupato per il carrello con i bagagli agganciato dietro al pullman. La nostra meta è il Parco Nazionale di Thingvellir di grande interesse naturalistico geologico e storico. Attraversiamo un paesaggio aspro e ghiacciato con un tempo che dire inclemente è poca cosa, ma ci rendiamo conto che in altre condizioni sarebbe magnifico. Qui i Vichinghi vi fondarono il primo parlamento democratico del mondo nel 930 d.C, l’Althing e questo luogo si trova all’interno di un’immensa spaccatura causata dalla separazione di due placche tettoniche, quella nord-americana e quella europea.
Margret ci mostra la Logberg, la Roccia della Legge e successivamente ci porta alle rupi dell’Almannagja, che fungevano da altoparlanti naturali propagando le voci degli oratori fino alla folla riunita in basso. Almannagja si adatta benissimo anche come esclamazione da parte del nostro gruppo che a stento si regge in piedi sotto le sferzate di un vento furioso che ci dicono si avvii deciso verso i 120 km/h, naturalmente misto a pioggia! In queste condizioni proibitive osserviamo la faglia che separa le due placche continentali, con tanto di bandella di misurazione degli spostamenti annuali e mettiamo un piede anche in America.
Ci ripariamo un po’ al centro visite e successivamente nei pressi di Reykjavìk sostiamo per il pranzo in un attrezzato self service. Qui avviene l’avvicendamento del nostro pullmino con uno più grande, capace di sopportare il vento diventato troppo pericoloso. Saemundur ora è più tranquillo, ma evitiamo comunque la strada litoranea in cui potrebbero sorgere problemi, ci infiliamo nel tunnel lungo 5,7 km che passa sotto le acque del Hvalfjordur, costeggiamo l’omonimo fiordo e dopo aver attraversato paesaggi desolati e primordiali, arriviamo alla cittadina di Reykholt.
Qui visitiamo la curiosa chiesa con il campanile a forma di matita, un’altra più antica proprio di fronte, con un fonte battesimale luterano originale e un organo di 600 anni fa, il centro studi medievali Snorrastofa dedicato al famoso storico del medioevo islandese Snorri Sturluson ( 1179- 1241), autore del poema epico Edda e la Snorralaug, una pozza circolare circondata da pietre e alimentata da una sorgente calda in cui si suppone che Snorri facesse il bagno.
Accompagnati dal consueto vento e pioggia ci dirigiamo verso ovest alle cascate laviche di Hraunafoss e Barnafoss, in cui la leggenda racconta fossero caduti dei bambini nell’intento di seguire di nascosto la loro madre. Sulla strada del ritorno, ripassando per Reykholt ci fermiamo qualche istante alla sorgente termale più grande d’Europa, chiamata Deildartunguhver, dove si alzano nuvole di vapore e acqua ribollente sale dalle profondità del suolo. Piove ancora ma spunta il sole che crea un arcobaleno benaugurante.
Il cielo è infatti meno cupo, anche se il vento continua a sferzare furiosamente quando arriviamo al nostro hotel Hamar a Borgarnes e solo Paolo trova il coraggio di immergersi in una nuova vasca con idromassaggio all’aperto. Le nuvole viaggiano velocissime e squarci di cielo blu e limpido si alternano a coperture totali. Il tramonto ci coglie a cena, con il solito dilemma di come affrontare la nostra quotidiana lotta con le nuvole e le aurore, l’attività aurorale è salita a 3, non possiamo mancare l’obiettivo a costo di star svegli tutta notte. Ci attrezziamo a dovere con il giusto equipaggiamento invernale e Andrea è il primo a uscire dall’hotel presidiando la sua postazione osservativa. Giove, Venere e uno spicchio di Luna emergono dalle nuvole in un cielo limpidissimo, ad ovest gli ultimi bagliori del crepuscolo serale si stanno lentamente attenuando.
Il gruppo è in attesa: alcuni chiusi nei giubbotti sferzati dal vento, altri nel salottino dell’hotel al caldo attendendo notizie dai più irriducibili, altri ancora, direttamente in camera . Ma questa volta non ci vuole molto: verso le 23.30 compaiono le prime aurore simili a cirri azzurrini in lentissimo movimento a nord e a nord ovest e tutto il gruppo esce fuori ad ammirare lo spettacolo. Le nuvole vanno e vengono ma non disturbano più di tanto le osservazioni e ci raduniamo dietro all’hotel, nel luogo più buio possibile in cui gustarsi al meglio questo straordinario fenomeno, causato dall’interazione delle particelle del vento solare con l’alta atmosfera terrestre in vicinanza dei poli magnetici. Giovanna chiede: “Ma il colore delle aurore a cosa è dovuto?”
Il verde rispondiamo è dovuto agli atomi di ossigeno della nostra atmosfera che emettono luce, dopo essere stati eccitati dalle particelle solari, il blu all’ossigeno molecolare e il rosso agli atomi di azoto. Anche se stasera a dir la verità, la colorazione non è particolarmente evidente, ricordo che in Norvegia nel 2003 le aurore ci sono apparse ad occhio nudo di un deciso verde smeraldo. Seguiamo l’evoluzione del fenomeno, piuttosto basso sull’orizzonte per un’oretta poi il cielo si copre ed inizia a piovere. Tutti dentro con cavalletti e macchine fotografiche, la maggior parte del gruppo si ritiene soddisfatta e si ritira nelle proprie stanze, ma per i veri cacciatori di aurore la notte è solo all’inizio.
Il meglio infatti deve ancora venire, mi affaccio fuori e il cielo si è di nuovo aperto, quasi completamente sgombro, dico quasi perchè quelle che a prima vista mi erano sembrate nuvole, in realtà sono aurore che si sono propagate dall’orizzonte fino allo zenit e oltre, chiamo subito i compari che accorrono veloci. Ci posizioniamo seduti davanti ad un casottino in legno che ci ripara dal terribile vento che soffia da est e ci godiamo questa esperienza quasi mistica che raramente chi abita alle latitudini italiane può fare. Le aurore ora mostrano una colorazione più intensa e a tratti si percepisce il verde e i loro movimenti diventano via via più rapidi, evidentemente l’attività solare è aumentata. Andrea è particolarmente soddisfatto e Ferruccio, col sorriso stampato in volto scatta foto a raffica per realizzare un cosiddetto time-lapse, un filmato ottenuto mettendo in sequenza le varie foto.
Paolo è sdraiato a terra ed Enrico sinceramente non pensava che alla fine ce l’avremmo fatta. Parliamo a lungo commentando con urla l’evoluzione del fenomeno. Ricordo la prima volta che ho visto un’aurora, ad Ostellato in provincia di Ferrara e mi trovavo al nostro osservatorio astronomico , quando l’aurora mi è apparsa all’improvviso, verso nord, di colore rosso sangue. Era l’Ottobre dell’anno 2001, un periodo di straordinaria attività solare. Poi ne vidi una dall’aereo nel Novembre 2002, in un viaggio notturno sopra la Groenlandia ed infine nel 2003 in Norvegia. “Nuvole!” Enrico fa il triste annuncio. Da est il cielo si copre ancora una volta, ma le aurore sono talmente brillanti che si vedono anche attraverso le nubi, in particolare ne osserviamo una a forma di goccia, che si sposta velocemente dall’alto verso il basso. Magnifico!
Un deciso scroscio a quel punto rompe l’idillio e costringe tutti a battere in ritirata. Aspetto qualche decina di minuti poi, visto che il tempo non migliora dichiaro chiusa la serata osservativa. Solo Ferruccio ed Enrico troveranno la forza di monitorare la situazione le ultime ore che ci separano dall’alba, con alternanze di schiarite e rovesci e con in premio una straordinaria aurora a forma di fascio rettilineo, come fosse un proiettore da discoteca.
L’indomani mattina ci ritoviamo tutti a commentare con entusiasmo durante la colazione le foto scattate la notte precedente ed anche Margret è contenta per noi dopo tante tribolazioni. Oggi, 27 Marzo, ci attende la visita della penisola di Snaefellnes, a nord est di Borgarnes. Dal pullamn, Margret ci mostra tra i numerosi campi di lava il cratere estinto di Eldborg, nella valle di Hnappaladur, il paesino di pescatori di Strondin e di Arnastapi in cui si trova il monumento a Jules Verne.
Di fronte a noi infatti, si eleva il vulcano di Snaefellsjokull, che nel romanzo “Viaggio al centro della Terra”, segnalava l’ingresso a quel fantastico mondo sotterraneo. Naturalmente la giornata è nuvolosa e piovosa. Dalla vicina Lòndrangar, che si affaccia sull’Atlantico tumultuoso ammiriamo invece alcuni speroni rocciosi che emergono dalle acque tra i voli di numerosissimi fulmari e poi, alla località di Djùpalònssandur, uno dei 7 punti energetici più importanti al mondo, notiamo anche qualche pernice bianca e beccaccia di mare. Doppiamo il capo della penisola e sostiamo per il pranzo a Hellissandur, prima di scendere a Olafsvìk, cittadina portuale in cui il cielo si apre con un bell’arcobaleno doppio e un mare dalle tonalità verdi e azzurre.
Visto il leggero miglioramento climatico incarichiamo Margret di prenotarci due auto a noleggio per tentare l’ultima notte osservativa, visto che questa sera torneremo a Reykjavìk e dovremo obbligatoriamente spostarci dalle luci cittadine. E così, dopo l’ultima tappa a Stykkishòlmur, il punto più a nord di questa permanenza islandese, torniamo al nostro hotel Natura nella capitale e facciamo il punto meteo collegandoci coi computer della hall. La situazione è piuttosto sconfortante, solo nell’estremo nord est dell’isola c’è sereno, ma più che un’auto occorrerebbe un aereo, per il resto la pioggia regna sovrana, siamo quindi costretti a gettare la spugna. Tutti? No. Tutti tranne due, i più eroici, Ferruccio e Andrea, che tenteranno comunque di andare in auto verso sud ovest in direzione di Vik, dove sulla cartina meteo c’è solo il simbolo della nuvoletta senza la goccia. Si tratta comunque di più di 200km. Ceniamo al Fish Buffet in cui assaggiamo anche il tipico dolce islandese skyr a base di yogurt e facciamo gli in bocca al lupo ai nostri compagni di viaggio per questo loro ultimo estremo tentativo.
Il giorno dopo, 28 Marzo andiamo alla ricerca dei compari e li troviamo a colazione, oltremodo assonnati ma abbastanza soddisfatti. Andrea abbozza un sorriso: “Obiettivo raggiunto!” Ieri notte, ci spiega Ferruccio sorseggiando un tè, l’attività aurorale è arrivata addirittura a livello 4 e non troppo distanti da Reykjavìk il cielo si è aperto parzialmente per pochi minuti mostrando aurore verdastre in tutto il cielo in rapido movimento, ho fatto in tempo a fare una foto del cielo e dell’ auto illuminata di verde, poi il clima è peggiorato irrimediabilmente e non è servito a nulla arrivare fino a Vìk.
In mattinata, salta purtoppo il previsto Whale Watching per l’osservazione delle balene causa manco a dirlo maltempo e abbiamo qualche ora libera per un giro in città. Ne approfittiamo così per vedere in un’ennesima giornata grigia, l’avveniristico palazzo dell’Opera e l’immensa chiesa in cemento dal design particolarissimo, l’Hallgrìmskirkja, completata nel 1974 e opera dell’architetto Guòjon Samuelsson, visibile da 20 km di distanza con di fronte la statua del vichingo Leìfur Eìriksson, il primo vero europeo che scoprì il continente americano.
E poi Sòlfar, la nave del sole, una scultura in metallo a forma di nave antica, proprio di fronte all’oceano. A mezzogiorno invece ci attende Margret con il pullman per portarci ad una delle maggiori attrazioni islandesi: la Blue Lagoon, incastonata in un campo di lava nero, a sud ovest della capitale, una spa con diverse vasche termali all’aperto dall’acqua dall’incredibile colore turchese latteo, con una temperatura di 38° e passerelle in legno.
Si tratta di acqua di mare surriscaladata, ricca di alghe blu-verdi responsabili della colorazione particolare, sali minerali e di un sottile fango di silice curativo per la pelle. Inutile dire che è una tappa obbligata per tutti gli islandesi e non solo che vogliano passare qualche ora in completo relax e il nostro gruppo ne approfitta volentieri. Un’ultima cena a base di salmerino artico (bleikja) al nostro hotel Natura con un brindisi all’Islanda e alle aurore e con la promessa e l’impegno di provare ad osservarle di nuovo prima della fine di questo massimo solare, magari con un clima più favorevole. Il giorno dopo salutiamo Margret dandoci appuntamento per vedere la parte nord dell’isola, altrettanto affascinante, in una prossima estate e si torna a casa. L’obiettivo dell’immediato futuro, per quanto riguarda le aurore, diventa ora la località di Abisko, in Svezia, a 67° di latitudine nord che ha la particolarità, essendo protetta da una catena montuosa, di avere 200 notti serene all’anno. Un luogo ideale in cui osservare le aurore boreali, anche se di notte , al contrario che in Islanda, la temperatura può scendere anche a -30°C… La caccia continua!
Grande Ferruccio! Un caro saluto a tutti voi.
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